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mercoledì 28 marzo 2012

Non rimpiangere le cipolle d'Egitto



Sono un amico e un ammiratore di Fiamma Nirenstein, ma stavolta non sono d'accordo con il suo ultimo articolo sulla Tunisia, pubblicato su Il Giornale. La testimonianza diretta dell'amico Giacomo Fiaschi, apparsa oggi su Il Sussidiario, mi sembra più equilibrata.
Costruire una democrazia rispettosa delle tradizioni locali e fondata su valori religiosi, dove l'Islam sia "religione di stato" solo nel senso in cui il cattolicesimo lo è in Italia, o l'anglicanesimo lo è in Inghilterra, non sarà certo una passeggiata, ma non è il momento di rimpiangere le cipolle d'Egitto (Numeri, 11:5).
La direzione impressa alla politica tunisina dal voto popolare, ci sembra chiara. Ha bisogno di stimoli, anche critici, ma anche di amicizia e incoraggiamento.
Soprattutto dalla parte di chi, come noi, è sempre stato dalla parte del sacrosanto diritto di  Israele a una esistenza libera e sicura, dell'autogoverno di Gaza, dell'autodeterminazione e della fine dell'occupazione in Cisgiordania, della liberazione del Libano, delle riforme liberali in tutto il mondo arabo e islamico.
Possiamo e dobbiamo tutti fare qualcosa, nel nostro piccolo, perché Nadha, il partito popolare d'ispirazione islamica che ha vinto le elezioni in Tunisia, possa realizzare qualcosa di simile a quanto hanno realizzato il partito AKP in Turchia, o le Democrazie Cristiane in mezza Europa.
Mi scrive, direttamente a me e per il nostro blog, Giacomo Fiaschi, che sullo stato attuale della situazione politica tunisina è molto netto. Ne sintetizziamo di seguito il pensiero.

L’opinione espressa da Fiamma Nirenstein nel suo lungo articolo pubblicato da Il Giornale del 27 marzo scorso, secondo la quale la Tunisia laica sarebbe stata cancellata per dar vita ad uno stato islamico, è infondata.
A sostegno di questa tesi si ripescano notizie che nella rete circolano in modo, a voler essere benevoli, alquanto inesatto, per non dire strumentale. La "città" che sarebbe stata conquistata dai salafiti, per esempio, e dove sarebbe stata imposta una crudele talibanizzazione, è il piccolo villaggio di Sedjnane, che ha poco più di 4.000 abitanti.
Non è stata istuita alcuna "polizia religiosa". Semmai è successo che, nella ritrovata libertà, sono venuti alla luce anche gruppuscoli che potremmo definire "estremisti", come del resto lo sono certi gruppi di antisemiti, di fondamentalisti cristiani, di militanti noglobal in tutta Europa.
Forse a una Tunisia libera o in corso di liberazione molti non riescono a credere. A qualcuno di quelli che vivevano (e facevano fortuna) all'ombra dei passati dittatori, magari non piace nemmeno.
Grazie alla Provvidenza e alla volontà del popolo tunisino, invece, qualcosa è già cambiato, dal 14 gennaio 2011 scorso, e continuerà a cambiare.

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A distanza di alcuni anni questo post del 2012 sta venendo riletto. E' tornato a galla nei sommovimenti della rete. Penso di poter confermare che aveva ragione il mio amico Giacomo Fiaschi, toscano in Tunisia. I governi di unità nazionale hanno consentito al paese di avanzare verso il consolidamento della propria democrazia. Avevo torto invece io, nella notazione incidentale che l'AKP in Turchia potesse restare un partito moderato. Purtroppo la deriva centralista e autoritaria di Erdogan è stata più rovinosa e sanguinosa di quanto si potesse immaginare allora. I guasti dell'uomo solo al comando, il male assoluto del presidenzialismo in un grande stato moderno, sono sempre più gravi di ogni previsione (NdA, 12 maggio 2020)

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