A tante storie davvero brutte di questi giorni, ne aggiungo una anch'io, piccola, ma - a mio modesto parere - brutta anch'essa.
E' una piccola, piccolissima, storia di lavoro nero.
Dunque siamo al mare, all'inizio della stagione, qui in Toscana.
In un posto qualsiasi, alla direzione di un locale qualsiasi, si presenta uno studente qualsiasi, che chiede di lavorare per l'estate, per arrotondare la sua borsa di studio.
Al locale non pare vero!
Una persona adulta, istruita, che parla le lingue, disposta a farsi carico delle sole serate davvero affollate, disposta a lavorare per una cifra ragionevole. Proprio quello che ci vuole nei finesettimana della stagione estiva.
Attenzione, però, bisogna verificare: lo studente può lavorare? Si va a spulciare il regolamento del suo corso di studio e si scopre che sì, può lavorare, per non più di un certo numero di giorni all'anno e senza superare una cifra lorda piuttosto bassa, ma non così bassa da impedirgli di arrotandare.
Sì, quella persona può senz'altro fare, sulla base delle norme, un lavoro estivo simile a una sorta di "pierraggio", cioè a un servizio paragonabile a quello del "P.R.", quelle public relations, che sono indispensabili a ogni buon posto di ritrovo.
Bene, dunque, si parte!
Il commercialista del locale prepara un accordo di collaborazione coordinata e continuata, per un numero ristretto di serate e per una somma rientrante nei limiti imposti dalla legge e dai regolamenti universitari al giovane aspirante lavoratore estivo.
Quando però il commercialista si confronta con l'ufficio del lavoro, si sente dire che no, non si può fare.
In base a quale legge?
In base al fatto, risponde l'ufficio, che nei locali, d'estate, deve lavorare personale inquadrato solo nei tradizionali contratti del turismo, punto.
Ma non è vietato da nessuna norma, si ribatte, far lavorare qualche persona in più, con un contratto di collaborazione coordinata e continuata, in alcune particolari serate estive.
Non è vietato, risponde l'ufficio, ma non è neppure permesso e loro, ribadiscono, non lo vogliono.
Verranno a fare le ispezioni e, se troveranno dei lavoratori occasionali, applicheranno le loro sanzioni.
Che sono, ma lo diciamo a bassa voce, davvero paurose.
Talmente paurose che, rileva qualcuno, se fossero veramente irrogate, provocherebbero la chiusura del piccolo locale...
E che quindi, nella realtà, forse non sono proprio sempre applicate...
Ecco che allora, forse, proviamo a buttare lì qualche provocazione...
Norme davvero complicate incombono su chi lavora, e su chi studia, e su quei pochi volenterosi - o disperati? - che vorrebbero fare qualcosa in più, un secondo lavoro, una attività occasionale. Gli uffici addetti al controllo interpretano queste norme non solo in modo restrittivo, ma addirittura in modo creativo, o addirittura - ci sia consentito - arbitrario.
Nella realtà poi, che si fa?
Mah...
Forse si finisce per fare qualche serata di lavoro nero?
Ecco, questa è la nostra malandata Repubblica.
Quella che, ci era stato promesso, sarebbe stata liberalizzata, resa federale e meritocratica, convertita a una cultura dell'innovazione e riportata entro tradizioni di legalità e diligenza.
Com'è andata poi, beh...
Lo sapete da voi, com'è andata...
* * *
PS
Ringrazio l'amica Laura Lodigiani per aver voluto segnalare questa altra piccola ma interessante storia su come è andata in un altro paese, a dimostrazione che cambiare è possibile, che far emergere il nero si può.
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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