Quando sarà tutto finito, sarà stato un altro ventennio, è vero, ma credo che sia equanime ricordare che, sin dall'inizio, il popolo sovrano non ha sempre scelto, seguito, votato Berlusconi - e tanto meno i berlusconiani - quando nel mercato politico c'era qualcosa di meglio.
Silvio Berlusconi è stato un uomo di straordinario successo personale, un grande incantatore di serpenti, uno strenuo difensore del proprio impero economico, un abile manovratore politico, ma non ha sempre veramente dominato la scena o dettato l'agenda politica italiana.
Sempre più cittadini, in questi vent'anni, si sono comportati più da sovrani che da tifosi. Anche con il Cavaliere. Importanti quote di elettorato, quelle più mobili, hanno capito e anche abbastanza per tempo che gli mancava la tempra dello statista realizzatore di cambiamenti istituzionali e di riforme economiche e sociali. E' stato molto più sopportato come male minore, che veramente amato.
Ecco qualche sommario e necessariamente semplicistico promemoria.
Sin dall'inizio, cioè sin dal 1993 a Roma, l'elettorato preferisce Francesco Rutelli a Gianfranco Fini, nonostante la raccomandazione del Cavaliere.
Nel 1994 vinse sì, ma per il rotto della cuffia. Il popolo aveva preferito lui a Occhetto, ma in quanti collegi uninominali i suoi candidati troppo improvvisati persero voti a favore di persone serie di sinistra e di centro.
Nel 1996 il vincitore fu Romano Prodi, il cui governo ci ha portato, bene o male, nell'Euro.
Dal 2001 al 2006 Berlusconi riuscì a governare per l'intera legislatura, ma fu costretto a mediare con Bossi, Fini, Casini e Follini e a fare due governi. Durante quegli anni la sua parte politica, che lui ci mettesse la faccia o meno, perse clamorosamente molte elezioni locali, regionali, europee. Non gli riuscì di vincere il referendum costituzionale del 2006, anzi, non ci provò nemmeno.
Gli riuscì invece, purtroppo, di far mancare il quorum a tanti referendum radicali e riformisti, che invece sarebbero stati utili per accelerare un cambiamento in senso anglosassone delle istituzioni e, chissà, forse anche della nostra società.
Nel 2006, nonostante l'impresentabile coalizione che lo sosteneva, rivinse Prodi.
Nel 2008, invece, Berlusconi vince per la terza volta, ma solo perché l'Unione era stata un disastro. Non dimentichiamo poi che, senza la svolta del Predellino, se non si fosse presentato con la sua lista unitaria di centrodestra, la novità del nuovo Partito Democratico maggioritario e il Veltroni consacrato dalle primarie sarebbero state per lui un concorrente davvero pericoloso.
Purtroppo la sua lista unitaria di notabili, belle ragazze e giovani obbedienti, non è diventata e non diventerà mai un vero partito liberale e popolare.
Il Partito Democratico, invece, e lo dico io dalla Toscana e da quel “Toscano Diverso” che sono sempre stato, non è più la “vecchia sinistra” del “sessantennio partitocratico”. Il PD è sempre più un grande contenitore, snello e duttile, al servizio dei suoi elettori, capace di far emergere giovani come Matteo Renzi e di lasciar correre outsider come Giuliano Pisapia.
Insomma, Berlusconi è stato creativo, abile, a suo modo audace. Credo che sia stato anche sincero, quando ha predicato e reso finalmente popolari in questo paese intriso di statalismo eticista, un kerygma di idee liberali, liberiste e persino libertarie.
E' stato un leader capace di galleggiare sopra i limiti di tutti i suoi avversari. I quali, con pochissime eccezioni, sono tutti in politica da prima di lui e, spero che il Cielo e gli elettori siano d'accordo, non vorrei davvero che riuscissero a sopravvivergli.
Mauro Vaiani
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