Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

lunedì 7 ottobre 2013

Il popolo toscano è per le unificazioni, purché non calate dall'alto


Trovo che ci sia una connessione profonda fra i tragici fatti di Maremma di ieri e i risultati, che sono arrivati oggi, dei referendum sulle unificazioni di alcuni comuni toscani.
Esprimo, innanzitutto, le mie condoglianze alle due vittime. Voglio aggiungere anche un pensiero per i miei tanti cittadini che hanno subito danni. Un abbraccio particolare a Fiorella Lenzi, imprenditore vinicolo e agricolo dell'Alta Maremma, che si è trovata personalmente in grande difficoltà, sola in mezzo all'acqua e al fango.
La connessione, secondo me, sta nel motivo più importante per cui lottiamo per una rinnovata rete di borghi e comuni forti in Toscana: vogliamo meno burocrazie e meno politicanti, ma autorità locali più competenti, più incisive, che si prendano cura dei nostri territori.
Vogliamo la pulitura dei fossi, la tutela degli alvei dei torrenti, una rete di laghi e canali, l'ampliamento delle golene, la fine della cementificazione e della distruzione del nostro territorio.
Crediamo che la Toscana possa sopportare dei nubifragi straordinari, così come delle siccità prolungate, senza dover pagare un prezzo così alto!
Vogliamo comuni-comunità più ampi e più forti, per avere più stradini, più vigili del fuoco e dell'acqua, più borgomastri che si prendano cura di ciascuno dei nostri borghi.
Alcune delle unificazioni comunali che erano sottoposte al vaglio popolare in questa tornata, sono saltate, ma alcune sono state approvate.
Lo ripetiamo ancora una volta: la direzione è quella giusta, ma occorre che queste proposte non siano calate troppo dall'alto.
Occorre lasciare una libertà vera alle popolazioni locali, a ciascun borgo della Toscana.
Occorre accettare che gli elettori sovrani dettino i tempi e i modi.
Questo processo è troppo importante per essere telecomandato da pochi.
Mi vengono da segnalare alcuni punti critici, che non devono essere sottovalutati (come invece mi pare che si faccia in certe sintesi come questa dell'Anci Toscana):
- l'Abetone ha diritto di valutare la sua unione con i vicini emiliani, più che con il resto della Montagna pistoiese;- l'unione di Vaiano con Cantagallo rischia di rappresentare, per l'ennesima volta, il predominio di un pezzo di città sulla montagna; gran parte del comune di Vaiano, forse, dovrebbe tornare a essere un borgo di Prato; le comunità urbane e le comunità rurali hanno necessità profondamente diverse;
- alcune unificazioni, nel Chianti, sull'Amiata, altrove, sono troppo timide, e troppo condizionate dai vecchi confini provinciali;
- si devono affrontare alcune unificazioni fra tessuti urbani ormai indissolubilmente legati, come quella fra Pisa e S.Giuliano, fra Firenze e Sesto, abbandonando l'idea semplicistica che le unificazioni siano solo materia per comuni rurali e spopolati.
Questa deve continuare a essere una rivoluzione dal basso, una cosa seria, che richiede tenacia, coraggio, lungimiranza, ma anche tanta umiltà.


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