Ci è parso opportuno che in un suo recente scritto, il presidente della Repubblica italiana, il prof. Sergio Mattarella, a settantacinque anni dalla Costituzione e a margine del ricordo degli ottanta anni passati dal convegno di Camaldoli (1943-2023), in cui furono gettate le basi del noto Codice cristiano-sociale, abbia voluto citare insieme una serie di documenti ed esperienze che sono state tutte importanti nel forgiare una nuova stagione politica, dopo il disastro del fascismo e del nazismo.
Scrive il presidente: "Oggi possiamo cogliere il valore della riflessione avviata sul futuro dell’Italia e lo sforzo di elaborazione proposto in quei frangenti dai circoli intellettuali e politici che non si erano arresi alla dittatura. Dal cosiddetto Codice di Camaldoli, al progetto di Costituzione confederale europea e interna di Duccio Galimberti e Antonino Repaci, all’abbozzo di Silvio Trentin per un’Italia federale nella Repubblica europea, alla Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti delle popolazioni alpine, al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, alle «idee ricostruttive della Democrazia Cristiana», che De Gasperi aveva appena fatto circolare, non mancano sogni e progetti lungimiranti per fare dell’Italia un Paese libero e prospero in un’Europa pacificata.".
Il Manifesto di Ventotene del 1941 è stato d'ispirazione per spingere alcune correnti della sinistra italiana ed europea verso un ideale democratico di Europa federale unita, che somigliasse magari più agli Stati Uniti d'America che all'URSS. Mostra tutti gli anni che ha e, pur essendo molto riverito, viene davvero, forse giustamente, poco letto. Basti pensare che nella conclusione si leggono parole come queste: "Da' in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno ad esso la nuova democrazia. Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sbocciare in un nuovo dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere.". Gli spunti sono spesso liberalsocialisti, ma è sempre esplicitato che le masse hanno bisogno di una guida e il "che fare" confina pericolosamente con il leninismo. E' evidente a tutti che si tratta di pagine parecchio datate.
Il Codice che si immagina concepito al convegno di Camaldoli del luglio 1943, che è giustamente considerato un fondamento culturale del cattolicesimo democratico e del cristianesimo sociale, oltre che una delle fonti della Costituzione italiana del 1948, è sempre stato ricordato con maggiore sobrietà, senso critico, pragmatismo, capacità di contestualizzare, non solo di mitizzare - cosa, quest'ultima, in sé per nulla sbagliata, sia chiaro. Lo ha scritto con nitidezza il prof. Stefano Ceccanti su L'Unità dello scorso 14 luglio. Lo hanno spiegato bene pressoché tutti i relatori dell'importante convegno commemorativo dell'80° anniversario, tenutosi a Camaldoli e conclusosi oggi - domenica 23 luglio 2023 - su iniziativa della Conferenza episcopale italiana e della Conferenza episcopale toscana, insieme a diverse altre realtà pastorali, accademiche, culturali, sociali, dell'informazione, fra le quali ricordiamo il settimanale cattolico Toscana Oggi. E' indispensabile ricordare che l'intero convegno è stato registrato e quindi sarà sempre disponibile grazie al prezioso archivio di Radio Radicale, oltre che reso disponibile attraverso il canale YouTube delle Edizioni Camaldoli. Nel Codice di Camaldoli, tanto per comprendere una certa difficoltà che potrebbe avere il lettore contemporaneo, si trovano frasi che legittimano il colonialismo, come "La colonizzazione può rispondere a un bisogno di espansione di un popolo demograficamente ricco."; si trovano parole sulla condizione femminile che oggi sarebbero soggette, quanto meno, a una profonda riformulazione, come "tenendo conto che la donna coniugata esercita nella famiglia la sua naturale funzione anche nei riguardi della società, sono talora opportune determinate restrizioni nei casi di professioni e mestieri meno adatti alla natura femminile, o per ovviare a temporanei inconvenienti, come quello della disoccupazione maschile in certe professioni.".
Altri testi citati dal presidente della Repubblica meriterebbero di essere meglio conosciuti, ma di certo hanno avuto un impatto minore: la costituzione confederale europea scritta fra il 1942 e il 1943 da Duccio Galimberti e Antonino Repaci è un testo utopistico, ma non privo di fallaci distopie; nei suoi scritti Silvio Trentin arriva a comprendere che senza una Italia federale non si sarebbe costruita la Repubblica europea, ma la sua ispirazione prodhouniana appare disconnessa dai movimenti popolari e territoriali reali; le «idee ricostruttive della Democrazia Cristiana», l'opuscolo che Alcide De Gasperi fece circolare dalla fine del 1943, sono anch'esse datate.
La Carta di Chivasso, fra tutti i documenti storici citati, si distingue profondamente.
E' anch'essa antica, ma non certo polverosa. Le sue parole, al contrario, sono incredibilmente vive.
Ha la veraforza di un evangelico "discorso della montagna" per coloro che credono che l'autogoverno, al più basso livello consentito dalla storia e dalla natura, sia il modo più umano per gli umani di organizzarsi politicamente.
Chi può, ne ascolti su YouTube una recente lettura integrale (meno di 8 minuti):
https://www.youtube.com/watch?v=wSLSjx0PJ0c
Il documento ha una struttura semplice e immediata.
Denuncia i grandi mali del centralismo:
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OPPRESSIONE POLITICA;
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ROVINA ECONOMICA;
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DISTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE.
Promuove la rinascita delle autonomie personali, sociali, territoriali, attraverso:
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AUTONOMIE POLITICO–AMMINlSTRATIVE
- AUTONOMIE CULTURALI E SCOLASTICHE
- AUTONOMIE ECONOMICHE
Il 19 dicembre 1943, sulle montagne di Chivasso, come scrisse il suo principale autore, il martire antifascista Émile Chanoux, "Ciò che i rappresentanti di queste valli hanno affermato, vale per tutte le regioni italiane, per i piccoli popoli che formano quel tutto che è il popolo italiano".
Oggi, a nostro parere, si potrebbe dire per tutti i territori, per tutta l'umanità.
Per questo gli 80 anni della Carta di Chivasso, 1943-2023, sono così importanti nel nostro mondo civico, ambientalista, territorialista.
Per questo, con il Forum 2043, voliamo alto, verso il centenario, per tramandare alle generazioni future il nostro antico e nobile confederalismo.
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Nella foto (fonte Wikipedia) il cippo posto in ricordo di Émile Chanoux a Rovenaud, suo paese natale.
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