Mentre la campagna astensionista continua imperterrita a proporre ragionamenti pretestuosi e fumosi, a eludere problemi, a diffondere cifre false, a nascondere la porcheria del "fine concessione MAI", noi onoriamo l'impegno per il SI della più antica testata socialista italiana, che, guarda caso, è sopravvissuta in Svizzera, terra di libertà e di pluralismo culturale e territoriale:
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894
Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea ErmanoColoro che non sono ancora convinti di votare SI, si leggano:
http://politica.avvenirelavoratori.eu/2016/04/litalia-non-si-trivella.html
Qui in calce riproduciamo - pressoché integralmente con la sola esclusione delle immagini - l'ultima edizione della loro sempre interessante newsletter.
Buona lettura! Questa è cultura. Questa è politica.
E buon voto!
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894
Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea Ermano
e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 14 aprile 2016
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IPSE DIXIT
Non si tratta -
«Non si tratta di enfatizzare quello che non sarà un muro invalicabile.
Non sarà la muraglia cinese. Ma il suo valore simbolico è quello che
straccia gli accordi di Schengen. Non è la frontiera con un Paese in
guerra. Non è la frontiera con una Paese incapace di garantire la sua
circolazione interna. È la frontiera con un Paese fondatore dell’Europa,
come è l’Italia. Le accuse sulla gestione non facile dell’arrivo dei
migranti… ci potranno anche stare. La chiusura di una frontiera è uno
schiaffo in faccia dato da chi lezioni storiche non ne può certo dare». –
Enrico Mentana
|
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail
ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e
culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso
preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un
legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24).
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce
da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le
comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono
partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.
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EDITORIALE
Ma non basta limitare
le trivelle in Italia
Ci
sono trivelle vicine e trivelle lontane. Una vittoria dei sì nel
referendum del 17 aprile ridurrebbe il rischio di incidenti petroliferi
vicino alle nostre coste, sarebbe un incoraggiamento per chi cerca di
ostacolare le estrazioni nel resto del mondo e sarebbe un granello di
sabbia nella macchina internazionale dei combustibili fossili.
di Marco Morosini
"Sappiamo
che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti –
specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas –
deve essere sostituita progressivamente e senza indugio", ha scritto
Papa Francesco (Laudato si’, 165). La preoccupazione per le
trivelle vicine però non deve far dimenticare quella per le trivelle
lontane, ben più temibili. Contro la loro proliferazione una coalizione
di associazioni scientifiche, ambientaliste e religiose hanno protestato
il 5 aprile a Pau, nel Sud-Ovest della Francia, contro il convegno
delle industrie petrolifere per promuovere l'estrazione di idrocarburi
dai fondali oceanici (MCEDD - Marine, Construction and Engineering Deepwater Development).
Le gigantesche trivelle degli oceani sono prodigi d'ingegneria, capaci
di perforare i fondali oceanici fino a 3000 metri di profondità. La più
potente di esse supera i 3000 di profondità oceanica, costa qualche
miliardo e mira a decine di miliardi di profitti. Una trivella più
piccola, la Deepwater Horizon è stata condannata a 20 miliardi di risarcimento di una parte dei danni che ha provocato nel 2010 nel Golfo del Mexico .
Secondo The Economist
(4 maggio 2013), infatti, "sembrano un non-senso" gli investimenti di
centinaia di miliardi di dollari per sviluppare le estrazioni di
idrocarburi negli oceani e altrove. "O i governi non sono credibili
nell'impegno contro i cambiamenti climatici, oppure le compagnie degli
idrocarburi sono sopravvalutate". Il loro valore infatti è determinato
dal volume dei loro giacimenti. Le azioni delle prime 200 compagnie di
carbone, petrolio e gas erano valutate complessivamente a 7000
miliardi di dollari nel 2011. Nelle principali borse del mondo dal 20 al
30 per cento dei valori trattati sono collegati agli idrocarburi. A
essi va aggiunto il valore dei giacimenti delle grandi compagnie di
Stato. Se 80 per cento degli idrocarburi dovesse rimanere nel
sottosuolo, come molti raccomandano, essi diverrebbero "unburnable
carbon" (carbonio non bruciabile). Sarebbero quindi uno "stranded asset"
(patrimonio incagliato), una gigantesca "carbon bubble" (bolla del
carbonio), capace di mandare in bancarotta diverse compagnie
petrolifere, rovinando piccoli e grandi investitori (fondi pensione,
fondi statali, assicurazioni) e sconvolgendo l'economia mondiale.
L'analista finanziario James Leaton dirige il think-tank
(centro-studi) londinese Carbon Tracker, che studia la "carbon bubble".
Secondo Leaton: "Le bolle si formano perché ognuno pensa di essere il
miglior analista e di potersi spingere fino all'orlo del precipizio,
fermandosi quando gli altri vanno avanti." I climatologi, dal canto
loro, ci dicono che se l'estrazione di carbone, petrolio e gas non
diminuisse drasticamente, la loro combustione accelererebbe il
cambiamento climatico già in atto, con nefaste conseguenze ecologiche,
sociali, politiche e, infine, anche economiche. Se gli analisti
finanziari e quelli del clima hanno ragione, sembra difficile evitare il
dissesto ecologico senza provocare un dissesto finanziario, e
viceversa.
La minaccia ecologica e finanziaria dei combustibili fossili è riassunta in tre numeri: 2, 2800, 570.
2
gradi centigradi è l'aumento di temperatura globale che la comunità
internazionale ha deciso di cercare di non superare, per evitare
conseguenze troppo gravi. Ma quando troppo è troppo? I 2° sono un
compromesso politico, non un limite naturale. Il compromesso è tra, da
una parte, i governi dei Paesi che più rischiano per i cambiamenti
climatici, per esempio quelli delle piccole isole poco elevate, che già
oggi vedono salire il livello di un mare che potrebbe presto
danneggiarle o in parte sommergerle, e, dall'altra, i governi dei Paesi
che vivono della vendita di petrolio o che hanno un tenore di vita
vorace d'idrocarburi. Non ci sono "soglie" di temperatura, perché i
danni da cambiamenti climatici aumentano gradualmente con il
riscaldamento globale. Già l'aumento di 0,8° dell'ultimo secolo molto
probabilmente ha causato siccità, desertificazione, perdita di raccolti,
migrazioni, scioglimenti di ghiacci montani, artici e antartici, lieve
innalzamento dei mari.
Il
secondo numero importante è 2800 Gt (gigatonnellate, ovvero miliardi di
tonnellate) di CO2. Questa è la quantità che sarebbe emessa se si
bruciassero tutte le riserve d'idrocarburi conosciute.
Il
terzo numero è 570 Gt di CO2. Si tratta del cosiddetto "carbon budget",
la quantità di emissioni che l'umanità può ancora "spendere" (cioè
emettere) per avere una probabilità dell'80 per cento di non superare i
2° di riscaldamento del pianeta. Questi numeri sono stimati attraverso
decine di modelli matematici sempre più precisi. Essi hanno un margine
di errore e di probabilità, ma questi non cambiano sostanzialmente il
loro preoccupante significato. Lo stesso vale anche per il valore di
circa 6° del probabile aumento di temperatura media globale se le
emissioni di CO2 continuassero ad aumentare ogni anno del 3 per cento,
come avvenuto in media nell'ultimo decennio. Per questo sempre più
scienziati e organizzazioni raccomandano di rinunciare all'estrazione di
almeno l'80 per cento delle riserve accessibili d'idrocarburi.
I combustibili fossili saranno gradualmente abbandonati non a causa del
loro esaurimento, ma per motivi economici e politici. Da una parte, il
loro costo (ricerca, estrazione, e danni ambientali) tende a salire,
mentre quello delle energie rinnovabili tende a scendere. Dall'altra, ci
si aspetta che la comunità internazionale e i governi penalizzino l'uso
dei combustibili fossili (per esempio diminuendo le loro enormi
sovvenzioni e tassando le emissioni di CO2) e promuovano (anche con
sovvenzioni temporanee) le energie rinnovabili.
Questi
processi sono però insufficienti perché lentissimi. Come ha detto Papa
Francesco parlando in Bolivia "il futuro dell'umanità non è solo nelle
mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È
soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi".
Ma cosa possono fare i popoli? Cosa posso fare io? Primo, posso
eleggere e incalzare rappresentanti politici che accelerino decisamente
la transizione verso le energie rinnovabili. Secondo, posso cercare
modificare e ridurre i miei consumi, perché quasi tutti i prodotti e i
servizi usano e sprecano petrolio. In effetti, un eventuale freno alle
trivellazioni vicino alle nostre coste non risparmierebbe petrolio, anzi
ne consumeremmo di più per muovere le navi che lo portano da altri
continenti. Se non ne riducessimo il consumo, sarebbe allora meglio
estrarre "petrolio a chilometro zero" in Italia, evitando il petrolio
lontano che scatena guerre e colpi di Stato, come in Medio-Oriente e
altrove, e che causa ecocidi e devastazioni umane, come in Nigeria, in
Equador e altrove. Difendersi dalle trivelle costiere solo nel nostro
cortile, senza ridurre il nostro consumo di petrolio non basta.
Segui Marco Morosini su Twitter: www.twitter.com/newworld2050Testo
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Politica
RIFORME IN STILE “TEMPA ROSSA”
di Felice Besostri *)
Nella
mia prima e unica esperienza parlamentare nella XIII legislatura fui
assegnato alla Prima Commissione “Affari Costituzionali” del Senato in
quanto ricercatore confermato di diritto costituzionale italiano e
comparato. Con l’entusiasmo del neofita quando presentavo in commissione
emendamenti aggiungevo la motivazione, cioè a cosa serviva e quali
problemi intendeva risolvere. Nella stampa degli atti, però la
motivazione scompariva. Ho chiesto spiegazioni ai funzionari e mi
spiegarono che si era sempre fatto così. Poi mi fu fatto capire che
avrei messo in imbarazzo i miei colleghi e che non stava bene darsi
delle arie. La mia fonte di ispirazione era stata la Spagna democratica
dove a ogni testo di legge era premesso Motivos de la ley, così che la cosiddetta volontà del legislatore fosse chiara a tutti e non solo agli esperti costituzionalisti.
Col senno di poi avrei dovuto insistere, così chi avesse voluto
presentare emendamenti del tipo “Tempa Rossa” avrebbe dovuto motivarli:
forse ci sarebbe stato da ridere, perché le motivazioni vere non
sarebbero mai state scritte.
Sono
stato relatore di disegni di legge importanti, per cinque anni ho avuto
la responsabilità della legge comunitaria che doveva dare attuazione
alle direttive comunitarie. Poco alla volta cominciai a capire il ruolo
di essere relatore: si doveva tener conto degli equilibri politici
complessivi e della posizione del governo. Sia chiaro anche che un
emendamento non poteva passare se il relatore dava parere contrario. Un
emendamento ha bisogno di avere a disposizione un progetto di legge di
sicura approvazione, tipo il mille proroghe o, una volta, la legge
finanziaria. Non basta che un emendamento sia “giusto”, occorre che sia
anche “tempestivo”. A distanza di anni devo confessare che approfittai
del mio potere di relatore, quando si trattò di dare attuazione alla
direttiva sull’igiene alimentare.
Amo i prodotti tipici della nostra Italia e mi resi conto che se la
direttiva passava così com’era, i formaggi di fossa e il lardo di
Colonnata sarebbero stati condannati alla sparizione, come tanti altri
prodotti lavorati non in contenitori inox in laboratori senza pavimenti
in linoleum. Allora introdussi un emendamento per cui, quando
determinati metodi di conservazione e lavorazione fossero essenziali per
le qualità organolettiche di un prodotto, si potesse derogare ad alcune
prescrizioni. Passò senza problemi, si continuò a fare formaggi nelle
malghe di alta montagna anche se non avevano due bagni eccetera.
In
un sistema bicamerale bisognava sapere in quale ramo del Parlamento
presentarlo. Una volta, quando i presidenti erano più esperti, la loro
struttura vigilava sugli emendamenti respinti da un ramo del Parlamento
affinché non rispuntassero nell’altro: con Tempa Rossa non è successo.
In
una assemblea di presentazione delle ragioni del NO al referendum
costituzionale, un cittadino anziano mi ha chiesto di spiegargli cosa
significasse l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 39 che recita:
“Restano validi ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi,
instaurati anche con i terzi”.
Ho
risposto che una norma del genere non c’entra nulla con una
Costituzione sia pure come norma transitoria e finale. Siamo
all’assurdo. Sono sicuro che l’ex ministro Guidi non c’entra con
questo emendamento (costituzionale!): non sento in quelle parole odor di petrolio,
ma c’è sicuramente una responsabilità del governo e della ministra
Boschi. Non è mai passato un emendamento senza il consenso del Governo,
visto che è suo il ddl costituzionale.
Qualcuno
che se ne intende mi ha sussurrato che se quella norma venisse
stralciata, io mi sarei giocato il vitalizio… Io dico che a maggior
ragione questa “deforma costituzionale” va combattuta e battuta. E la
battaglia in difesa della Costituzione vale per me più del vitalizio.
È un grave scandalo. Non ho approfondito chi abbia introdotto la norma,
non presente nel testo iniziale, ma intendo qui lanciare un appello
alla decenza. E, ciò facendo, mi richiamo agli artt. 54 e 67 della
Costituzione per i quali “i cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore” e “ogni
membro del Parlamento rappresenta la Nazione”.
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :
(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori
(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
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SPIGOLATURE
Prima dell'ipocrisia
mascherata da ragion di stato
di Renzo Balmelli
BUIO.
Alzare muri non fermerà l'esodo dei profughi, ma il rifiuto
dell'accoglienza che sotto la spinta delle bacate ideologie xenofobe sta
ormai raggiungendo livelli parossistici ci fa compiere un viaggio
all'indietro nel buio della notte. Nel solco dell'ignobile deriva si
arriva così al punto di strumentalizzare in modo indegno le parole di
Mattarella quando esorta ad aprire le frontiere per valorizzare il vino
italiano nel mondo. Speculare sulla sorte dei profughi usando a mo' di
grimaldello, come ha fatto Salvini, un italico prodotto di eccellenza è
una operazione di bassissima "lega" al limite del vilipendio che
concorre però ad aizzare gli istinti più riposti anziché contribuire ad
affrontare le grandi difficoltà legate all'emergenza dei migranti
ascoltando la voce del cuore prima dell'ipocrisia mascherata da ragion
di stato.
DEBOLEZZA.
Andare a Lesbo tra i profughi è costato al Papa l'avversione della
destra reazionaria che ormai lo considera "venduto al nemico" (chissà
quale?) e al servizio del comunismo. Al di là della ridicola
insinuazione, l'offensiva contro Francesco rappresenta però la spia di
un atteggiamento che non arretra di fronte a nulla pur di rimestare nel
torbido. E' un'altra risposta sbagliata al drammatico problema dei
richiedenti l'asilo, altrettanto riprovevole della barriera
anti-migranti voluta dall'Austria sul Brennero. Con questa iniziativa -
afferma la senatrice del Pd Laura Puppato – l'Europa muore. Quel
reticolato è una grave ferita alla solidarietà europea che mette in
discussione l'essenza stessa della Comunità pensata dai padri fondatori.
Dividere denota una fatale debolezza politica.
POTENZA.
Per uscire dalla crisi dei valori che ne turba l'esistenza, all'Unione
Europea serve un altro e alto progetto capace di riconquistare la
fiducia dei cittadini. A tale proposito è illuminante il contributo col
quale la pagina culturale del Corriere della Sera presenta il libro “Da fuori. Una filosofia per l'Europa”
(Einaudi) di Roberto Esposito, docente di filosofia alla Normale di
Pisa. L'autore, consapevole che il Vecchio Continente vive una fase di
smarrimento, suggerisce di dare vita a un diverso pensiero all'interno
di una nuova prospettiva filosofica nel solco della tradizione italiana
che va da Machiavelli a Gramsci, passando per Gian Battista Vico. Ciò
che il volume propone è un percorso affascinante per fare dell'Europa
dei popoli – citiamo – una “grande potenza civile”. Ne vale la pena!
RUOLO.
Mentre l'America si prepara a scegliere un nuovo Presidente, sul tavolo
di colui che è ancora in carica senza essere, come si ostinano a dire i
suoi detrattori, una "anatra zoppa" è arrivato l'incartamento forse più
drammatico del suo mandato. Nell'ultimo scorcio dei suoi otto anni alla
Casa Bianca, Obama si trova proiettato, a causa delle insidie che
pesano sulla sicurezza, alla vigilia della scelta più difficile di
politica internazionale. Nei mesi che gli rimangono dovrà affrontare la
terribile minaccia che incombe sull'Occidente in seguito all'esplosiva
miscela dell'Isis, della tragedia siriana e delle ondate migratorie.
Calendario alla mano il tempo stringe e dallo statista dello "yes we can" si attende un colpo d'ala che gli consenta di ritagliarsi un ruolo da protagonista sull'onda della storia di oggi e domani.
TORNELLI.
D'accordo i massimi sistemi. Ma poi fa sorridere l'idea che Hillary
Clinton e Bernie Sanders non perdano occasione di punzecchiarsi a
vicenda sulla loro capacità di muoversi coi mezzi pubblici. Quella che è
già stata definita la "disfida della metropolitana" non poteva che
svolgersi a New York dove la conoscenza della chilometrica rete della
ferrovia sotterranea da parte dei due contendenti è apparsa piuttosto
lacunosa. Di fronte alla contro-prestazione viaria si è divertita tutta
la metropoli, cuore pulsante di uno Stato, quello di New York appunto,
prevalentemente democratico che quest'anno avrà un peso rilevante per la
scelta del candidato alla volata finale delle presidenziali. L'ex first
lady guida i sondaggi, ma l'imbarazzo davanti ai tornelli può costarle
qualche simpatia poiché anche questa, come si usa dire, "è la democrazia
bellezza!".
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LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
«In Italia aborto troppo difficile»
Il
Consiglio d'Europa accoglie il ricorso Cgil. La pronuncia
sull'applicazione inadeguata della legge 194. Le donne nel nostro paese
incontrano "notevoli difficoltà" nell'accesso ai servizi per
l'interruzione della di gravidanza. "Discriminati i medici non
obiettori". Camusso: "Sentenza importante"
Le
donne in Italia continuano a incontrare “notevoli difficoltà”
nell'accesso ai servizi d'interruzione di gravidanza, nonostante quanto
previsto dalla legge 194 sull'aborto. L'Italia viola quindi il loro
diritto alla salute. Lo ha affermato il Consiglio d'Europa,
pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil. In particolare, il
nostro Paese discrimina medici e personale medico che non hanno optato
per l'obiezione di coscienza in materia di aborto, vittime di "diversi
tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti".
A tre anni di distanza dal Reclamo collettivo (n. 91 del 2013) da parte
della Cgil, la decisione di merito è stata finalmente resa pubblica
dopo il lungo periodo di embargo. È stata anche accertata la violazione
dei diritti dei medici non obiettori di coscienza, a causa dell’elevato e
crescente numero di medici obiettori di coscienza e della
disorganizzazione degli ospedali e delle Regioni, che dunque affrontano
un insieme di svantaggi sul posto di lavoro sia diretti sia indiretti,
in termini di carico di lavoro e prospettive di carriera. La sentenza
risale al 12 ottobre 2015, ma è stato possibile renderla nota soltanto
oggi alla scadenza dell'embargo che poteva essere interrotto soltanto
dal governo italiano, cosa che purtroppo non è avvenuta.
“Una sentenza importante – commenta il segretario generale della Cgil,
Susanna Camusso – perché ribadisce l'obbligo della corretta applicazione
della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema
sanitario nazionale deve poter garantire un servizio medico uniforme su
tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della
donna rischi di essere inascoltata. Questa decisione del Consiglio
d’Europa riconferma che lo Stato deve essere garante del diritto
all'interruzione di gravidanza libero e gratuito affinché le donne
possano scegliere liberamente di diventare madri e senza
discriminazioni, a seconda delle condizioni personali di ognuna”.
La legge 194/1978, infatti, prevede che, indipendentemente dalla
dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo
ospedale e le Regioni debbano sempre garantire il diritto di accesso
all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa
dell’elevato e crescente numero, come dimostrano i dati forniti dalla
Cgil nell’ambito del giudizio davanti al Comitato Europeo, di medici
obiettori, molte strutture si trovano a non avere all’interno del
proprio organico un numero adeguato di medici che possono garantire
l’effettiva e corretta applicazione della legge.
Il riconoscimento di queste violazioni, a distanza di ormai due anni
dalla prima condanna del Comitato Europeo nei confronti dell’Italia
(decisione dell’8 marzo 2014 sul Reclamo collettivo n. 87 del 2012
presentato dall’organizzazione internazionale non governativa
International Planned Parenthood Federation European Network), è una
vittoria per le donne e per i medici, ma anche per l’Italia: essa
costituisce un’importante occasione affinché si prenda finalmente
coscienza dei problemi concreti di applicazione della disciplina
(definita dalla Corte costituzionale quale regolamentazione
irrinunciabile), finora del tutto disconosciuti dal ministero della
Salute. La Cgil è stata assistita dagli avvocati Marilisa D’Amico
(ordinario di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano) e
Benedetta Liberali, ed ha avuto il sostegno della Confederazione
europea dei sindacati.
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ECONOMIA
Usa: vera ripresa o
nuove bolle finanziarie?
Negli
Usa ritorna la paura di nuove bolle simili a quella legata ai mutui
subprime che nel 2008 innescò la crisi finanziaria globale.
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista
All’origine
di questa lunga crisi economico-finanziaria accadde negli USA che molti
mutui erano stati concessi senza tenere in considerazione la reale
capacità di pagamento di molti sottoscrittori. In seguito i titoli
collegati furono utilizzati come base per altre operazioni ad alto
rischio, i derivati finanziari. La montagna di titoli virtuali, così
creata, crollò su se stessa quando la percentuale dei mancati pagamenti e
dei fallimenti individuali divenne insostenibile.
Ormai è storia nota.
Situazioni simili però si stanno ricreando anche oggi in vari settori
economici, tra cui quello delle vendite di automobili e quello delle
carte di credito. Anche in questo caso gli Usa precedono, indicano la
strada che, anche se pericolosa, l’Europa non esita a percorrere.
Negli anni passati chi ha acquistato un’auto lo ha fatto a debito. Così
negli Usa gli acquirenti sono diventati ‘parte’ della tanto sbandierata
ripresa economica americana. La domanda, si è detto, è ripartita: il
cavallo è tornato a bere. Il totale dei prestiti per l’acquisto di
automobili ha raggiunto il trilione (mille miliardi) di dollari.
Le
banche e altri mediatori finanziari anche in questo caso hanno
‘impacchettato’ tali debiti in apposite obbligazioni che sono state
vendute sul mercato. Sulle stesse si sono moltiplicati i vari strumenti
finanziari anche per darne copertura assicurativa.
Intanto,
i media statunitensi hanno cominciato a evidenziare che un numero
crescente di acquirenti non è in grado di pagare le rate. Alcuni
istituti finanziari hanno registrato un ritardo di pagamento di oltre 30
giorni per almeno il 12% dei prestiti da loro concessi. Anzi, per il
2,6% degli stessi è già stata attivata la procedura di fallimento e di
sequestro del veicolo.
Ancora una volta sono le agenzie di rating a valutare la sostenibilità delle obbligazioni e degli asset-backed security (derivati) emessi dalle banche sulla base dei mutui accesi per l’acquisto di auto. Fitch Ratings
riporta che i titoli ‘impacchettati’ nei passati cinque anni con un
ritardo di pagamento di 60 giorni hanno raggiunto complessivamente il
livello del 5,16%. Il più alto degli ultimi vent’anni.
Alla luce dei dati succitati si può dire che le vendite record di auto
non riflettono il vero andamento dell’economia americana. Tutt’al più
rappresentano il più facile accesso al credito per l’acquisto di
automobili.
Altro
settore delicato ci sembra quello delle carte di credito. Anche in
questo settore il debito sta raggiungendo nei soli Stati Uniti il
livello di un trilione
di dollari. Nell’ultimo trimestre del 2015 vi è stata un’impennata che
ha superato la crescita totale avvenuta nel triennio 2009-2011. E’ il
caso di sottolineare che nel solo ultimo trimestre dell’anno scorso
l’incremento è stato di ben 52 miliardi.
Purtroppo il rischio di una bolla si profila anche per i crediti
concessi agli studenti. Sono prestiti garantiti dallo Stato che devono
essere ripagati durante la futura vita lavorativa da chi ne ha usufruito
nel periodo universitario. Si stima che l’ammontare complessivo sia
oggi ben oltre il trilione di dollari e che potrebbe raggiungere i 3,3
trilioni entro il 2024.
Naturalmente il timore è dovuto al fatto che anche su questi prestiti le banche hanno emesso una serie di titoli abs
il cui valore è strettamente legato al flusso di cassa dei rimborsi
continui. Questa situazione si sta aggravando tanto che il tema è
diventato oggetto della campagna presidenziale in corso.
In
verità la lista potrebbe essere più lunga perché vi sono tante altre
‘piccole’ bolle. Trattasi comunque di trilioni anche se non di centinaia
di trilioni come per i derivati otc.
Sono dati che cominciano ad essere oggetto di valutazione e di
discussione da parte degli addetti. Considerati i riverberi che
oggettivamente la finanza globalizzata può determinare nei singoli
Paesi, sarebbe opportuno che le autorità di governo e di vigilanza
nazionali e internazionali vi prestassero adeguata attenzione. A partire
dal nostro Paese, dove, come è noto, il problema dei crediti
deteriorati e delle sofferenze per 200 miliardi di euro è di prima
grandezza.
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Da Avanti! online
VERSO IL REFERENDUM
Pia
Locatelli: “La legge di riforma costituzionale non è quella voluta dai
socialisti: non lo è nei contenuti, e non lo è per il metodo. Ancora una
volta, ribadiamo che sarebbe stato senza dubbio meglio adottare la
strada maestra di un’Assemblea costituente”.
di Ginevra Matiz
Con
361 sì e 7 no la Camera, ha approvato il ddl Boschi sulla riforma della
Costituzione. Non hanno votato i deputati dell’opposizione che sono
usciti dall’Aula. “Dopo due anni di lavoro, il Parlamento ha dato il via
libera alla riforma costituzionale! Grazie a quelli che ci hanno
creduto” Scrive su Twitter il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi.
Ora manca solo la conferma referendaria.
Ieri Renzi ha detto che sulle riforme è pronto a giocarsi tutto, e oggi
le opposizioni hanno risposto dicendosi pronte a dar battaglia.
L’ultima. Una battaglia simbolica visto che alla Camera il Governo
poggia su una solida maggioranza che la mette al riparo da ogni rischio.
Per questo le opposizioni, già prima del voto, hanno annunciato che non
faranno ostruzionismo ma si limiteranno a uscire dall’Aula. E così
hanno fatto. In Aula quindi è rimasta solo la maggioranza che sostiene
il governo più i verdiniani di Ala.
“Alcuni protagonisti della secessione da Montecitorio evocano
l’Aventino. Eviterei paragoni impropri” ha sottolineato Riccardo
Nencini, segretario del PSI, che ricorda: “Allora era stato ucciso
Matteotti e socialisti, liberali e popolari disertarono la Camera come
manifestazione di condanna verso Mussolini. Oggi disertano ex missini,
parlamentari che, almeno una volta, hanno votato a favore della riforma
del Senato, ex comunisti, e tutti compatti dietro la felpa di Salvini.
L’Aventino fu proprio un’altra cosa.”- ha concluso Nencini.
Per il Psi è intervenuta in Aula Pia Locatelli, Capogruppo della
componente socialista. “Come abbiamo già detto in diverse occasioni – ha
detto – la legge di riforma costituzionale, oggi al sesto ed ultimo
passaggio parlamentare, non è propriamente quella voluta dai socialisti:
non lo è nei contenuti, migliorati, comunque, nei diversi passaggi tra
Camera e Senato, e non lo è per il metodo. Il metodo, appunto: ancora
una volta, ribadiamo che sarebbe stato senza dubbio meglio adottare la
strada maestra di un’Assemblea costituente, che, svincolata dall’esame
di altri provvedimenti, avrebbe potuto dedicare più tempo e andare più
in profondità in un clima complessivo di maggiore serenità, pur senza
escludere il confronto, anche aspro”.
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Da l’Unità online
L’ultimo leninista
Dopo la morte prematura di Gianroberto Casaleggio il brand
“M5s” resta forte, ma perde l’unica testa pensante
di Fabrizio Rondolino - @frondolino
“Ad
un certo punto pensai di fare a meno di lui, e me ne sono pentito”:
Antonio Di Pietro, che di Gianroberto Casaleggio era anche uno degli
avvocati, ricorda l’amico scomparso con una punta di rammarico che
conferma e rafforza la fama del santone della Rete capace, con la sue
sole capacità di web marketing, di creare dal nulla un partito e
portarlo al trionfo elettorale. È tuttavia improbabile che l’Italia dei
valori avrebbe avuto lo stesso successo del M5s se avesse continuato a
giovarsi della collaborazione di Casaleggio; più ragionevole credere che
sia stato invece Casaleggio, dopo un primo tentativo con Di Pietro, a
cercarsi un altro avatar attraverso il quale conquistare il potere:
Beppe Grillo.
Entrambi
tuttavia – il magistrato che ha messo a nudo i delitti della Casta e il
comico che l’ha sbeffeggiata per trent’anni – hanno in comune un tratto
essenziale dell’ideologia casaleggiana: nel partito moderno, che
obbedisce scrupolosamente alle regole della pubblicità e del marketing,
il leader è sostituito dal testimonial, il quale è chiamato a recitare
un copione scritto da altri ed è in grado di inverare, esclusivamente
grazie alla propria biografia, il programma di cui è portatore passivo.
Non c’è alcun contenuto nel M5s: e la grandezza di Casaleggio sta
nell’aver capito per primo che per la politica contemporanea il
contenuto è soltanto un peso e un intralcio agli acquisti, e l’unica
cosa che interessa al consumatore-elettore è il brand, l’identità,
l’appartenenza ad un gruppo coeso e omogeneo. Steve Jobs ha costruito le
fortune della Apple su un modello di marketing analogo, che spinge i
consumatori a ricomprare sempre gli stessi oggetti, lievemente
rinnovati, per riconfermare la propria appartenenza ad una comunità
esclusiva.
Dal punto di vista
organizzativo, il M5s somiglia molto ad un classico partito leninista
novecentesco: c’è una base ristretta di seguaci pronti a tutto (quelli
che un tempo si chiamavano rivoluzionari di professione), c’è un potente
sistema di comunicazione (i comunisti lo chiamavano agit-prop) e c’è
una leadership carismatica e inamovibile (il segretario generale
conclude contemporaneamente l’incarico e la vita): su questo modello,
Casaleggio ha innestato da un lato l’aggressività del marketing
digitale, capace di unificare il pulviscolo di storie, interessi,
rancori e speranze che agita una parte di società, e dall’altro la
potenza semplificatoria dell’insulto, il mantra identitario che
consolida la comunità e la distingue dalle altre. Più che interrogarsi
sulla grandezza di Casaleggio, bisognerebbe forse riflettere sulla
permeabilità assoluta della nostra società politica e sulla deriva
dell’opinione pubblica.
Il
tratto antimoderno, per non dire reazionario, dell’ideologia
casaleggiana sta proprio qui, in questo ostinato rifiutare la
complessità del Moderno, che porta con sé la tolleranza come strumento
di sopravvivenza e la continua revisione delle idee come motore dello
sviluppo, per rifluire invece in una visione settaria, integralista,
medievale, dove il Bene e il Male si confrontano nella loro immutabile
fissità.
Intollerante e ottuso
il M5s lo è per natura, e non c’è bisogno di ricordare le centinaia di
espulsioni a tutti i livelli (sempre imposte da Casaleggio) per
averne conferma. Resta da capire che cosa succederà adesso che l’unica
testa pensante non c’è più. Il brand resta molto forte, ma il
testimonial appare stanco e i venditori porta a porta sono pronti a
dilaniarsi per il controllo del partito, mentre l’utopia internettiana
della trasparenza e della partecipazione non interessa più nessuno.
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Da MondOperaio
Chiese virtuali ?
Le
religioni tornano anche da noi protagoniste della dimensione pubblica,
ma la secolarizzazione prosegue nello spopolamento delle chiese, un
trend originariamente protestante nel quale le vecchie fedi si
ripresentano soprattutto come un fatto etico e culturale…
di Danilo Di Matteo
La
religione (le religioni), dopo gli anni nei quali la secolarizzazione
completa della società sembrava inesorabile, tornano protagoniste della
vita pubblica. Nel contempo, per ciò che riguarda la cristianità europea
con le sue varie confessioni, continua a diminuire il numero di coloro
che frequentano le chiese: come se si invocasse una presenza per lo più
mediatica dei leader religiosi, una loro partecipazione e un loro
coinvolgimento nello spazio pubblico, senza con ciò impegnarsi
attivamente almeno la domenica mattina.
Il fenomeno non riguarda solo il mondo cattolico. Anche i paesi
protestanti per antonomasia del nord-Europa, quelli scandinavi,
conoscono una percentuale bassissima di “membri di Chiesa”. Come se il
protestantesimo fosse soprattutto un fatto culturale. E in Germania,
dove la percentuale di cattolici e di protestanti è simile, i luoghi di
culto sono sempre meno affollati.
Da noi (e pure altrove) papa Francesco rappresenta un punto di
riferimento assai importante: si discute sui suoi gesti e su ciò che
scrive, è divenuto un vero e proprio simbolo, incarna tenerezza,
misericordia, dialogo, amore cristiano. Eppure il numero dei
“praticanti” diminuisce ancora. Un effetto del prevalere della
dimensione virtuale? Di certo un dato sul quale riflettere, anche per i
suoi risvolti in altri ambiti.
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :
(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori
(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
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FONDAZIONE NENNI
Trivelle, perché votare
Tra
pochi giorni saremo chiamati a decidere se intendiamo o meno far parte
della larga schiera dei cittadini italiani che da sempre considerano
l’esercizio del diritto di voto una conquista irrinunciabile o se per
scelta o per disinteresse siamo disponibili a farci arruolare
nell’esercito dei disertori.
di Silvano Miniati
I
disertori usufruiscono di un privilegio che dovrebbe essere rifiutato a
priori da qualsiasi democratico. Con il meccanismo elettorale che
vincola la validità del referendum al raggiungimento del quorum, si
conferisce al cittadino che diserta un doppio potere.
Infatti, non andando a votare, scelta che la costituzione considera
legittima, non solo si decide per se e secondo la propria convinzione,
ma quello che invece dovrebbe essere considerato intollerabile si incide
anche sula validità o meno del referendum. In base a tela meccanismo,
io che voto ho solo la possibilità di esprimere una posizione. Mentre
colui che diserta le urne, con l’obbiettivo dichiarato di far mancare il
quorum sceglie contro la mia libertà e il mio parere
Non è esagerato dire che chi accetta l’invito a far mancare il quorum
assume un atteggiamento non solo contrario ma anche antidemocratico
contro di me che invece decido di partecipare al voto.
Intanto con questa mannaia del quorum sulla testa, io andrò a votare senza sapere se ciò conterà oppure no.
Solo a cose fatte e cioè a urne chiuse si saprà se ho esercitato il
diritto di voto o se è stata tutta una finzione. Chi parla tanto di
riforme costituzionali dovrebbe riflettere su come possono essere
rimossi tutti gli impedimenti che oggi impediscono un normale esercizio
del diritto di voto.
Si dovrebbe riflettere sul fatto perché un diritto a esprimere un
parere su questioni magari di grande rilievo viene mantenuto in vita o
brutalmente cancellato in forza di un voto che certifica se si è
superato o meno il cinquanta per cento degli aventi diritto.
La questione non è affatto di lana caprina e ciò diventa evidente nel
momento in cui superare o meno la soglia di validità di un referendum,
diventa condizione per il mantenimento in carica di governi.
Comunque la si pensi, dovrebbe essere chiaro a tutti che andare a
votare è non solo un dovere personale, ma anche una necessità per il
mantenimento e lo sviluppo di un regime democratico come il nostro.
Di andare a votare ce lo chiedono i responsabili delle istituzioni del
nostro paese: Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale per
primi. Fino ad oggi, si è fatto però di tutto per scoraggiare la
partecipazione al voto.
Chi considera questo un fatto preoccupante può correre ai ripari. Siamo
il paese della rete, quasi tutti possediamo un telefono e un cellulare.
Volendo, possiamo creare le condizioni perché nei prossimi tre giorni
partano milioni di messaggi ad amici, parenti conoscenti e cittadini in
generale con i quali affermiamo “Io vado a votare, fallo anche tu!”.
Ognuno potrà votare poi Si, No o scheda Bianca. Tutti assieme potremo
gioire per aver fornito una grande prova di civismo e di maturità
democratica.
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Da CRITICA LIBERALE
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Sconcerto per il “sì” del Veneto
alla legge sull’edilizia di culto
“Una
legge sbagliata che aumenterà la ghettizzazione delle comunità
religiose di minoranza”, è il commento del pastore Luca Maria Negro,
presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI),
all’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio regionale del
Veneto della cosiddetta legge “anti-moschee”.
La
legge, rubricata come “Norme per il governo del territorio e in materia
di paesaggio”, di fatto ricalca quella lombarda recentemente bocciata
dalla Corte costituzionale perché lesiva del principio della libertà di
culto (vedi NEV 8/2016). “Un testo – aggiunge sconcertato il pastore
Negro - che comprende norme che limitano drasticamente la possibilità di
aprire luoghi di culto e quindi violano il fondamentale principio
costituzionale che riconosce la libertà delle pratiche religiose sia in
privato che in pubblico”.
Tra
le norme della nuova legge quella che tra l’altro impone che i luoghi di
culto possano essere aperti solo in aree, generalmente periferiche,
destinate a “infrastrutture”. “La conseguenza è che invece di promuovere
l’integrazione e lo scambio interculturale e interreligioso tra i
musulmani e la comunità che li circonda – prosegue ancora il presidente
FCEI - con questo provvedimento si favorisce la crescita di aree
chiuse, autoreferenziali e distaccate dal tessuto sociale della città.
E’ una scelta miope e irrazionale, compiuta sull’onda di un pregiudizio
che mina il pluralismo religioso e distrugge il cammino compiuto in
questi anni per tutelare la libertà di culto di tutte le minoranze. Noi
evangelici denunciamo questo provvedimento che limita un principio
costituzionale di primaria importanza e riaffermiamo il nostro impegno
per la libertà religiosa di tutti, compresi quei musulmani che soffrono
delle discriminazioni e della xenofobia alimentati dalla violenza
dell’islamismo radicale di cui anch’essi sono vittime".
Nelle scorse settimane la Corte Costituzionale ha "bocciato" alcuni
articoli di un'analoga legge detta "anti-moschee" approvata dalla
regione Lombardia, riconoscendo così la fondatezza delle ragioni
contenute nell’istanza impugnativa che, avvalendosi della consulenza
dell’avv. Alberto Fossati, la FCEI aveva prontamente promosso.
Vai al sito di Critica liberale
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Storia e cultura
Citizen Stefanini
Il
più grande collezionista di arte e di beni culturali in Svizzera è un
misterioso signore di nome Bruno Stefanini. Possiede innumerevoli case e
palazzi. E persino quattro castelli. Vive e viene accudito
nell’edificio che fu la storica sede del Coopi di Winthertur. Il padre
di Stefanini, un militante socialista e antifascista, aveva gestito la
struttura a partire dagli anni Trenta, in un’epoca di dura opposizione
al regime mussoliniano che porterà alle leggi razziali, alla guerra e
alla catastrofe.
Tutt’altra
storia quella di Bruno Stefanini. Oggi i confini delle sue leggendarie
ricchezze sono avvolti in un alone di riservatezza estrema. Su di lui lo
storico Miguel Garcia ha pubblicato presso la Neue Zürcher Zeitung un volume a metà strada tra storia e “pathos del nascosto”.
Il giornalista della Rtsi, Raniero Fratini, ha intervistato lo studioso. Ne è emerso il ritratto di un uomo enigmatico.
Vai all’intervista con Miguel Garcia, autore della ricerca su Bruno Stefanini su Rete2 http://bit.ly/1RK6muM
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :
(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori
(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori
(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
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LETTERA DA TUNISI
Finzi: “Il nostro Corriere
di Tunisi compie 60 anni!”
Qui di seguito l’editoriale inviatoci dalla Direttrice in
vista delle manifestazioni per l’importante anniversario.
I
nostri editoriali sembrano ormai essere una somma di notizie
necrologiche che addizionano dall'Europa, all'Africa ed all'Asia, morti a
seguito di attentati terroristici! Ben Gherdane, Bruxelles, Ankara,
Mossul, Lahore, senza citare tutte le azioni terroristiche che non
fanno notizia in varie parti del mondo, continuano a seminare morte,
terrore, alimentando odio, disperazione, malavita.
C’è
un'internazionale del crimine che si veste col nero delle sue
bandiere, ingannando migliaia di giovani che si arruolano nelle loro
file pensando così di risarcire la loro storia, se stessi, il mondo! Noi
che ci stiamo preparando a festeggiare i sessant'anni della nascita del
nostro giornale, nascita che è anche quella della Tunisia indipendente,
vorremmo ribadire in questa ricorrenza, la necessità che l'informazione
non contribuisca, in modo insensato e pericoloso, a mettere il fuoco
nel pagliaio e far divampare questo "scontro di civiltà" così caro ai
guerrafondai.
La
stampa, in effetti, che condiziona così tanto l'opinione pubblica,
dovrebbe riflettere con più attenzione alle conseguenze in chiave
populistica dei suoi messaggi e prima di tutto interrogarsi su "chi
profitta del terrore?", così come un'informazione più democratica
dovrebbe più equamente distribuire le sue notizie. Esaltare una notizia a
scapito di un'altra, la cui importanza è di fatto simile, crea
irrimediabilmente un'opinione errata che condiziona, purtroppo, chi le
notizie le legge, le ascolta, le vede.
Inutile,
in effetti, che alcune voci politiche o/e intellettuali spieghino che
il terrore colpisce tutti e ovunque, se poi la stampa mette in rilievo
solo alcuni luoghi, alcune religioni, alcuni popoli. L'esempio
dell'attentato di Lahore è in questo senso significativo poiché questo,
accaduto nel giorno della Pasqua cristiana, è stato percepito come
attacco alla cristianità mentre poco si è detto dell'attentato di
Mossul, a pochi giorni di distanza, in uno stadio dove giovani
adolescenti hanno perso la vita a causa di un kamikaze si è fatto
saltare in aria.
L'internazionale
nera del crimine vuole proprio spingerci a credere che è in atto una
guerra di civiltà laddove è in atto una guerra di potenza che si veste
con i colori della religione ma che di fatto ha solo i colori della
morte facendo dell'instabilità politica ed economica il concime ideale
per crescere indisturbata!
Non
a caso in una delle manifestazioni del sessantesimo avremo il piacere
di ascoltare ed interrogare Maurizio Molinari, direttore del giornale
italiano "La Stampa" sul ruolo e responsabilità dei media nella
costruzione di un'opinione pubblica. Ringrazio a nome del giornale tutti
coloro che ci hanno aiutato a presentare un programma che si annuncia
di grande interesse e che si svolgerà dal 20 al 22 aprile. Ringrazio
anche tutti i partecipanti che ci faranno l'onore di animare queste tre
giornate dai ricercatori ai politici tunisini ed italiani che hanno
coralmente aderito alle nostre iniziative.
Senza
la partecipazione delle nostre istituzioni di riferimento questa
ricorrenza del sessantesimo anno di vita del Corriere di Tunisi non
avrebbe potuto proporre un programma così ricco e diversificato. Un
particolare ringraziamento va all'Ambasciata d'Italia, all'Istituto
Italiano di Cultura senza escludere il Comites, la Dante Alighieri, la
CTICI. Una menzione particolare a Enzo Amendola, all'amico Marco Fedi e a
Francesco Giacobbe la cui presenza ai nostri incontri darà a questi una
qualità e un'importanza altrimenti impossibile da raggiungere.
Ringrazio
anche il ministro degli Affari sociali tunisino, Mahmoud Ben Romdhane
di aver accettato di partecipare con noi alla tavola rotonda sull'annoso
problema del futuro delle piccole e medie imprese in Tunisia con
particolare riferimento alle imprese italiane che spero interesserà il
mondo imprenditoriale (e non solo) tunisino ed italiano, così come la
presenza al nostro tavolo di un costituente tunisino, Fadhel Moussa ci
permetterà di meglio capire se il processo di democratizzazione in atto
dopo la rivoluzione ha trovato reale riscontro nel rimodellare lo Stato
tunisino o se si è arenato negli scogli farraginosi degli interessi di
parte.
Il
20 aprile presenteremo inoltre il nostro libro "Storie e testimonianze
politiche degli italiani di Tunisia", frutto di un lavoro collettivo di
studiosi e accademici italiani e tunisini.
Il
tema generale delle nostre giornate sarà improntato alla politica:
politica e storia, politica e testimonianze, politica ed equilibrio
mediterraneo, politica ed imprenditoria. Questo poiché riteniamo che
capire le nostre impostazioni politiche nel passato come nel presente
sia condizione necessaria per pensare il nostro futuro.
Sperando
vedervi numerosi a tutte le manifestazioni del sessantesimo del
giornale alle quali tutti i nostri lettori sono invitati a partecipare,
auguro al nostro/vostro giornale di poter continuare ad essere quella
voce italiana del sud del mediterraneo nel futuro!
Silvia Finzi, Il Corriere di Tunisi
A tutti gli amici e colleghi di Tunisi i più fervidi auguri! - La red dell’ADL
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LETTERA DA UN
COOPERATORE FRIULANO
Il mio voto, il mio SÌ
Anche
se sono solo osservazioni personali, non formulate ex cathedra, credo
che come cooperatore non possa astenermi dal prendere posizione, ed a
maggior ragione non posso astenermi dal votare domenica. Perché
democrazia è partecipazione: votare (SI) ne è una manifestazione logica
Le
cooperative sono una forma di democrazia economica fondamentale. La
mancanza di partecipazione (e di voto) le riduce a fenomeni ambigui, con
taluni risultati negativi che abbiamo anche recentemente potuto toccare
con mano. Senza democrazia (e senza voto) non si assicura
l'intergenerazionalità ed il ricambio dei gruppi dirigenti; senza
democrazia (e senza voto) non ci si confronta, non si elabora, non si
esaminano i risultati, non si correggono errori e non si intraprendono
nuove strade per il futuro. Non è un caso che, nella cooperazione come
nelle forme di democrazia diretta autogestionaria, anche gli anarchici -
che hanno un'idea nobile e motivata di astensione come negazione dello
Stato - votino e talvolta si candidino.
Ed inoltre c'è il senso di responsabilità. Se qualcuno, in una
cooperativa, invitasse i lavoratori a non diventare soci, a non
partecipare, a non esprimersi (anche votando), tradirebbe la
caratteristica fondamentale dell'impresa cooperativa: la democrazia.
Trasformando i lavoratori-imprenditori associati in
subalterni-sfruttati. Similmente, nella società e nelle istituzioni, il
pubblico funzionario non può tradire il suo mandato di operare per
l'interesse comune, come fa quando invita ad astenersi (ed opera per
boicottare fattivamente una votazione). In buona sostanza, il pubblico
funzionario che inviti all'astensione ed operi per farla prevalere
tradisce la fiducia delle istituzioni democratiche, diventando
qualcos'altro. E' una forma di tradimento.
Domenica si vota, in uno dei pochi momenti di democrazia diretta
permessi dall'ordinamento costituzionale italiano. E si vota su una
questione essenziale: se è lecito o no impedire di perforare il
territorio nazionale, ed in particolare le sue coste, per estrarne poco
petrolio e metano. A rischio, se si continuasse, di inquinare mari
chiusi (l'Adriatico e lo Ionio, ma pure il Tirreno) all'interno di un
altro mare praticamente sigillato (il Mediterraneo), senza possibilità
di ricambio sufficiente a garantire la continuazione della vita
biologica in caso di inquinamento. A fronte di tecnologie energetiche
ormai sviluppate nei campi del solare, dell'eolico, delle biomasse, del
risparmio energetico. E contrastando gli interessi di economia
fondamentali, come quella della pesca, dell'agricoltura e del turismo.
Non andare a votare significa tradire gli interessi delle future
generazioni, oltre che i nostri. E tradire la democrazia: quella cosa
che noi ci impegniamo ogni giorno, come cooperatrici e cooperatori, a
far funzionare. Per questo motivo, domenica andrò a votare ed invito ad
andare a votare. Ovviamente, SI.
Gian Luigi Bettoli, e-mail
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LETTERA DA MONACO
Il mio voto, la mia scheda bianca
Normalmente sono uno che il voto lo esprime, in campo
politico da sempre in quello referendario anche, non oggi però.
Ormai
è stato detto di tutto e di più (e questo è positivo) sia a favore del
no che del Sì, cosi come l’uso del referendum. Qualsiasi cosa direi è
stata già detta, molte risposte tra l’altro non rispondono esattamente
al quesito posto ma ad un’idea che si vuol far emergere. Normalmente
sono uno che il voto lo esprime, in campo politico da sempre in quello
referendario anche, non oggi però. Sono deluso dal mio governo come dai
presidenti di regione (buona parte del PD) per non essere stati in grado
di trovare loro una soluzione al problema. Altra cosa sarebbe stata la
mia risposta se mi si fosse chiesto su quale tipo di energia si dovrebbe
puntare per il futuro. Purtroppo non è il caso in questione perché su
quello l’Italia nella sua stragrande maggioranza ha già detto di si
(inclusi coloro che voteranno no o si asterranno) anche senza referendum
tanto era nei desideri di tutti e lo dimostra il fatto che l’Italia ha
anticipato raggiungendo con 4 anni di anticipo l’obiettivo posto dalla
EU. Come potrete immaginare il vs voto che sia stato un Si o un No verrà
interpretato non secondo la vs logica ma secondo quella di coloro che
ci governano e dei loro oppositori, quindi non illudetevi che verrà
visto secondo la vs ottica, cosi come io non mi illuderò se esprimendo
il mio voto (scheda bianca) pensassi che verrà interpretato nella giusta
maniera.
G.F.T., Monaco di Baviera
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897
Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo
L'Avvenire
dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo,
storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel
triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel
1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e
dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti
organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al
movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il
ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti!
garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal
Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno
della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova,
lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e
per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto
all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro
contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a
tutti.
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