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sabato 29 settembre 2012

Quello che un uomo solo non può fare


Il primo ministro Monti, riporta il Corriere della Sera di oggi, sabato 29 settembre, in una corrispondenza di Marco Galluzzo, ha parlato della riforma della legge elettorale italiana, a New York, al Council of Foreign Relations.
"L'aspetto che piace meno alla gente, di questa [attuale] legge, è il potere che hanno i leader di formare le liste e l'impossibilità di esprimere delle preferenze", le quali, invece, ha detto Monti "eroderebbero il potere dei leader e darebbero un ruolo maggiore ai cittadini". Questo ovviamente, ha concluso, avrebbe delle controindicazioni, come "l'influenza delle lobby e la possibilità di accordi poco chiari, un vero pericolo per una democrazia".
Una presa di posizione cauta, rispettabile, un pochino da professore che non vuole esporsi troppo in un grande scontro politico e culturale, qual è quello che oppone, da una parte, i fautori del disastroso ritorno delle preferenze, ai sostenitori dei collegi uninominali e delle primarie, dall'altra.
Le liste bloccate vanno certamente superate, ma con i collegi uninominali e con le primarie, non certo con il grande imbroglio delle preferenze.
Qualcosa, invece, nel sistema politico, culturale e mediatico italiano, continua ad alimentare questa pericolosa illusione che le vecchie preferenze volontarie all'italiana possano migliorare il sistema politico.
Il titolatore del Corriere, per esempio, introduce le parole di Monti così: "E agli americani spiega l'importanza delle preferenze". Un pochino tendenzioso, vero?
Le elite politiche - e anche giornalistiche e culturali - non sembrano per nulla coscienti del fatto che i più grandi disastri morali a cui stiamo assistendo sono causati, oltre che dagli errori di alcuni leader a cui abbiamo concesso troppo potere, proprio dallo strapotere dei signori delle preferenze, che ancora dominano i consigli regionali del Lazio e della Lombardia, del Piemonte e della Sicilia, così come i consigli comunali delle grandi città, così come il Parlamento Europeo.
E che anche il Parlamento italiano, nonostante per ben due volte sia stato formato dai nominati con il Porcellum, è ancora dominato da capi-bastone che si sono formati nella cultura e nel tempo delle preferenze.
Il problema è gigantesco.
Le sue radici storiche.
La sua comprensione difficile.
I cittadini, che vent'anni fa sapevano cos'erano le preferenze e le bocciarono, oggi sono continuamente disinformati. Si conta sulla loro smemoratezza.

La timida presa di posizione di Mario Monti forse non potrà essere facilmente strumentalizzata dai sostenitori del ritorno delle disastrose preferenze, ma ci spiega bene quello che questo uomo da solo non può fare.
La Repubblica ha bisogno di riforme, a partire dal cambiamento della Costituzione.
Le regioni hanno bisogno di autonomia fiscale e responsabilità finanziaria.
Le province devono essere abolite.
I comuni devono essere rafforzati e democratizzati.
Migliaia di enti pubblici e parapubblici, dalla Rai alla Croce Rossa, devono essere avviati allo smantellamento.
Per fare tutto questo Monti non basta.
Non ne ha la struttura mentale, né professionale.
Non è, semplicemente parlando, il suo mestiere, la sua missione, la sua vocazione.
La politica ha bisogno di una nuova generazione di politici, con una visione riformatrice molto più coraggiosa.
E questa nuova generazione di leader moderni non può arrivare altro che da metodi di selezione moderni, come le primarie e i collegi uninominali.
Per questo contro le preferenze, ci giochiamo una partita storica. Non si devono escludere, ma anzi onorare gesti estremi come i quaranta giorni di digiuno di Roberto Giachetti, su un tema così importante.
Ci batteremo fino all'ultimo.


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