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martedì 3 maggio 2011

La scelta inglese fra due sistemi uninominali

L'amico Marco Faraci ha pubblicato su Libertiamo un articolo documentato e chiaro sull'imminente referendum inglese del 5 maggio 2011. La Gran Bretagna si appresta a scegliere fra due possibili diversi sistemi elettorali, entrambi validi e credibili, entrambi uninominali. Personalmente spero che venga conservato il sistema uninominale classico, ma se anche il Regno Unito dovesse adottare il sistema di voto australiano, il loro sistema politico resterebbe nel solco di una tradizione che valorizza la persona, il suo potenziale unificante, la sua naturale moderazione, non la fazione, che invece è divisiva e facilmente incline all'estremismo. E noi? Noi, qui in Toscana, dobbiamo continuare la nostra azione di lobbying sul nostro parlamento regionale, perché le liste bloccate siano sostituite da un valido modello uninominale, ispirato alla grande tradizione anglosassone.


Eccovi un ampio stralcio dell'articolo di Marco Faraci:

Il prossimo 5 maggio, contestualmente al rinnovo dei parlamenti di Scozia, Galles ed Irlanda del Nord, i britannici saranno chiamati in tutto il paese a votare per uno storico referendum sul sistema elettorale. La consultazione potrebbe, infatti, segnare la fine del sistema elettorale maggioritario secco che rappresenta uno dei più consolidati marchi di fabbrica della democrazia anglosassone.

Gli elettori si troveranno di fronte alla scelta se votare No, mantenendo il modello del “fist past the post system” (FPTP) oppure votare Sì, introducendo l’ “alternative vote” (AV) sul modello australiano.


I due sistemi hanno alcuni importanti punti di contatto. Sono entrambi sistemi puramente uninominali, cioè modelli in cui il paese è diviso in tanti collegi quanti sono i seggi da assegnare ed in cui ogni collegio elegge un solo deputato.


Nel FPTP risulta eletto il candidato che prende più voti in quel collegio, senza che vi sia necessità che ottenga la maggioranza assoluta.
 

L’AV è un sistema, invece, alquanto più complicato. Gli elettori non si limitano a votare per un candidato, ma al contrario possono “mettere in ordine” i vari candidati. Cioè possono esprimere sulla scheda elettorale una prima scelta, ma anche una seconda scelta, una terza e così via.
 

Se nessun candidato ottiene la maggioranza delle prime scelte, il candidato che risulta ultimo in classifica viene eliminato. A quel punto si considerano le schede in suo favore ed esse vengono ridistribuite a favore degli altri candidati a seconda della seconda preferenza espressa.
 

Il procedimento si ripete e fino a che un candidato non viene ad avere la maggioranza assoluta si continua ad eliminare l’ultimo in classifica ed a ridistribuire i suoi voti sui candidati che restano in corsa.

Gli effetti dell’AV sono teoricamente abbastanza simili a quelle di un sistema uninominale a doppio turno, tanto che in certi casi è anche denominato sistema a ballottaggio istantaneo (instant run-off o IRV). Anche nei modelli a doppio turno, infatti gli elettori dei candidati che non si qualificano per il ballottaggio hanno una seconda possibilità di ridistribuire i propri consensi per far vincere comunque il candidato meno lontano tra quelli che restano in lizza.

I due partiti della coalizione di governo, Conservatori e Liberaldemocratici, sono divisi sul referendum, i primi in favore del sistema tradizionale, i secondi a sostegno dell’AV.
L’indizione della consultazione faceva parte, tuttavia, del patto siglato da Cameron e Clegg per dare vita all’esecutivo dopo le elezioni della primavera scorsa.
 
I Laburisti hanno scelto di lasciare libertà di coscienza sulla consultazione, mentre quasi tutti i partiti minori sono schierati a sostegno del cambio di sistema elettorale.
La posta in gioco di questo referendum è pesante. Il successo dell’AV potrebbe mutare in modo permanente le tradizionali dinamiche della politica britannica, facendola fuoriuscire dal binario di bipartitismo che fino ad oggi l’ha contraddistinta.

(...) Dopo un iniziale vantaggio nei sondaggi per i sostenitori dell’AV, nelle ultime settimane il tradizionale FPTP sembra aver guadagnato terreno nei sondaggi ed è adesso dato solidamente in testa.

(...) Il grande merito del FPTP è quello che, salvo eccezioni occasionali, è la cabina elettorale a produrre il governo in maniera univoca, senza la necessità di ricorrere a negoziati ed alchimie postelettorali che, come ben sappiamo, sovente innescano comportamenti poco virtuosi.

Inoltre fa sì che i partiti maggiori tendano ad essere il più possibile plurali e rappresentativi per poter vincere i collegi. Non essendoci possibilità di “appello” come ballottaggio o ridistribuzione dei voti, un voto in più può fare la differenza e nessun partito può illudersi di poter prevalere se si “asserraglia” ideologicamente.

Le diverse anime ed istanze del Paese vengono quindi a comporsi all’interno dei partiti maggiori e non c’è incentivo al consolidamento elettorale di partiti estremisti o protestatari.
 

(...) In definitiva, da un punto di vista pragmatico, sarebbe probabilmente un errore per i britannici abbandonare un sistema elettorale che ha da sempre garantito stabilità, governabilità e moderazione politica e che ha rappresentato uno degli ingredienti di quel valido edificio istituzionale che si è dimostrato il modello Westminster.

In ogni caso un Paese come il nostro, che continuamente discute della riforma elettorale e puntualmente tira fuori leggi barocche e compromissorie (come il “Mattarellum” ed il “Porcellum”), dovrebbe guardare con grande attenzione al referendum britannico, e scoprire la validità e la “pulizia” dei modelli uninominali puri, come i due tra i quali sono chiamati a scegliere giovedì i sudditi di Sua Maestà.

Marco Faraci
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