La riforma della legge elettorale:
spazio a un "altro" terreno politico
Da Notizie Radicali
13-04-2011
La legge elettorale è una questione che pone le fondamenta stesse del sistema politico che si vuole realizzare. Marco Pannella ripete spesso: "I mezzi prefigurano i fini". I mezzi che si usano per un obiettivo danno già forma al fine che si vuole perseguire. Insomma, è lo strumento che si utilizza per ottenere un dato scopo a determinare e connotare i risultati che ne verranno. Da una legge elettorale illiberale e non-democratica, di conseguenza, si avrà un sistema anti-liberale e anti-democratico. E’ inevitabile. Ed è proprio quello che accade oggi in Italia con il meccanismo di voto per le elezioni politiche. L’attuale “procellum”, infatti, con il meccanismo immobile delle liste bloccate e senza preferenze, ha determinato un Parlamento di “nominati”, che finisce con l’indurre ogni singolo eletto a curare non il proprio collegio elettorale e i propri elettori, ma il capo di partito che dovrà riconfermargli la candidatura. I parlamentari, insomma, con questa legge elettorale rispondono ad un’oligarchia partitocratica e non ai cittadini. In altre parole, questo modello di voto non-democratico, firmato da Calderoli, è incentrato sui partiti e non sui candidati, perciò vanifica l’effetto maggioritario e uninominale per aggravare, invece, il peso dettato dalle logiche proporzionaliste.
Luigi Einaudi, nel suo intervento alla Consulta nazionale dell’11 febbraio 1946, affermava: “Bisogna scegliere non la proporzionale, la quale manda in Parlamento macchine da voto, ma il Collegio piccolo, che manda un uomo invece di una macchina, scelto per la stima che si ha di lui. Costoro decideranno quali siano le idee meritevoli della vittoria”.
La riforma della legge elettorale non è una questione tecnica, ma politica, democratica e liberale perché determina il funzionamento delle istituzioni e della politica stessa. Con un sistema elettorale non-democratico, come quello che abbiamo oggi in Italia, si determina un Regime partitocratico, oligarchico, verticistico. La linea di confine tra il Vecchio Regime e un terreno “altro” su cui costruire il cambiamento passa attraverso la riforma della legge elettorale in senso uninominale e maggioritario. In un contesto uninominale, in linea di principio, ci sono due metodi per designare il rappresentante di un determinato collegio: a turno unico o a doppio turno. In quest’ultima ipotesi, è necessario che l’eletto ottenga il 50 per cento più uno dei voti. Si possono, dunque, distinguere fra tre sistemi elettorali uninominali: sistema uninominale a un turno (uninominale secco), sistema uninominale a doppio turno, sistema uninominale a voto alternativo con maggioranza assoluta.
La logica della democrazia uninominale e maggioritaria è quella del metodo liberale, cioè del legame tra il candidato e un determinato territorio, ristretto e circoscritto. Un legame, quindi, tra un collegio territoriale e il suo rappresentante in Parlamento, tra i cittadini di quel territorio e l’eletto, che deve essere espressione della realtà umana, sociale, animale, minerale e vegetale di quel luogo. In un rapporto di stretta interdipendenza.
Una costituente liberale e democratica può nascere a partire dalla necessità di una riforma della legge elettorale in senso anglosassone o americano. Magari con la selezione dei candidati attraverso le primarie, ma fatte in modo serio, non come ha finora fatto il Pd.
Pier Paolo Segneri
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