Siamo ormai alla vigilia della partenza, il 31 marzo, della fatturazione elettronica obbligatoria verso le pubbliche amministrazioni. Pur con molti limiti, pur con un eccesso di centralizzazione, si tratta di una importante scadenza, una possibile fonte di trasparenza, una opportunità di semplificazione, a cui il Comune di Firenze, dove lavoro, ha cercato di far fronte con zelo.
Purtroppo, fra norme scritte male che continuano ad affastellarsi e riorganizzazioni sempre rinviate, fra il neocentralismo romano e la resistenza di ceti burocratici il cui potere è incontrollato e i cui stipendi sono fuori mercato, le cose non stanno andando affatto bene, in questo campo. La nostra pubblica amministrazione continua a essere, mediamente - molto meno a Bolzano, molto di più a Roma - il principale ostacolo alla creazione di valore e alla moltiplicazione di opportunità nei territori italiani integrati nell'Eurozona.
Ad oggi l'indice italiano delle pubbliche amministrazioni, il sito IPA - un buon punto di osservazione sulla cultura digitale media di questo paese, aggiornato direttamente, dal basso, dalla gente che lavora ogni giorno negli enti pubblici - censisce:
Enti accreditati: | 21.836 |
Unità Organizzative: | 71.560 |
Uffici di Protocollo: | 19.096 |
Indirizzi PEC (posta elettronica certificata, quella inventata in Italia, concepita apposta per poter conservare intatta la paranoica fuga nazionale da ogni responsabilità): | 95.576 |
Servizi di Fatturazione Elettronica: | 46.898 |
Qualsiasi persona che ha una minima conoscenza dell'organizzazione dei poteri e dei servizi pubblici, capisce che così non possiamo andare avanti. Non solo gli enti sono troppi, ma essi non sono nemmeno organizzati con la necessaria snellezza e trasparenza. I cambiamenti necessari sono enormi e devono cominciare dal basso. Le iniziative dall'alto sono, per loro natura, discontinue e contraddittorie. Non potendo letteralmente conoscere la complessità della realtà che ci si propone di regolare, si rivelano spesso fallaci.
A parere di chi scrive, il più grande fallimento dell'informatizzazione della pubblica amministrazione italiana sta nel fatto che stia cercando di digitalizzarsi senza cambiare.
Anche se dematerializzato, siamo sempre al gattopardo.
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