Il Tirreno ha pubblicato il 15 luglio 2011 un mio intervento sulla possibilità che i cittadini facciano da sé le riforme necessarie, a cominciare dall'unificazione dei piccoli comuni.
Comuni più forti, attraverso l'iniziativa civica, dal basso
di Mauro VaianiLe grandi riforme sono ancora lontane, in questa Italia bloccata, però c'è qualcosa che i cittadini possono fare, da soli, da subito, spontaneamente, a “Costituzione e legislazione invariate”: ci si può impegnare per il rafforzamento del nostro primo primo governo, quello più vicino a noi tutti, le nostre amministrazioni comunali.
Segnaliamo, dalla Toscana, l'esempio di alcuni importanti movimenti spontanei per l'unificazione dei comuni troppo piccoli o che frammentano l'amministrazione di territori che avrebbero invece bisogno di una gestione unitaria.
Uno di questi movimenti è nato all'Elba. L'isola toscana, con un territorio di circa 223 kmq, conta in tutto circa 30.000 abitanti ed è divisa in ben otto comuni. L'iniziativa può essere seguita su questo sito: http://www.comuneunicoelba.com.
Un'altra di queste iniziative si sta sviluppando nel Casentino toscano, il cui territorio si estende per ben 826 kmq, ma abitato da meno di 50.000 abitanti. Attualmente è diviso in 13 comuni, che già amministrano molti servizi unitariamente attraverso la Comunità Montana del Casentino. L'iniziativa sul comune unico del Casentino ha una pagina su Facebook.
Dibattiti dello stesso tenore stanno avviandosi anche in altri territori toscani che sentono il bisogno di un governo comunale unitario e più forte: fra i comuni dell'Amiata; nel Valdarno; nel comprensorio sciistico dell'Abetone; nell'alta Val di Bisenzio; nel Mugello.
Di questa opportunità, precisiamolo, non si discute solo in territori rurali o montani, ma anche nelle conurbazioni: anche a Scandicci e Sesto Fiorentino, per esempio, si parla di unificazione con il comune di Firenze, per fare subito, dal basso, quella città metropolitana di cui si parla da ormai vent'anni e la politica non riesce a far uscire dal suo mondo insopportabilmente irreale, fatto solo di annunci e grida, progetti incompiuti e lettere morte.
L'unificazione dei comuni in realtà più ampie e adatte ai nostri tempi ha il merito di avere un carattere bipartisan e di incontrare un sostegno trasversale. La natura partecipativa del processo è garantita dall'art. 133 della Costituzione, che prevede che queste proposte di modifica delle circoscrizioni comunali siano sottoposte al vaglio di referendum popolari.
Come fanno queste iniziative, ci si chiederà, ad avere ragione del campanilismo? Attraverso una riflessione che a ben vedere somiglia parecchio alla scoperta dell'acqua calda. Già oggi i nostri comuni sono, nella quasi totalità dei casi, non solo in Toscana, delle “comunità” territoriali che riuniscono diversi “borghi”, cioè frazioni, borgate, località, parrocchie.
Ciascun “borgo” è, per il cittadino, la prima dimensione, quella in cui ci si riconosce in una piazza, in un parco, in una scuola, in un cimitero. E' certamente il “borgo” la prima realtà di vita, oltre che la prima identità da difendere.
Tuttavia, come i cittadini di un quartiere naturalmente sanno di essere parte di una città, anche gli abitanti di un piccolo paese comprendono che il loro borgo è parte integrante di una comunità territoriale più ampia.
Se il proprio borgo è inserito entro una amministrazione comunale più forte, certi obiettivi di buongoverno sono più facilmente raggiungibili. Al contrario, i cittadini sanno bene quante frazioni minori e di confine sono neglette e abbandonate in comuni troppo piccoli e gracili.
L'unificazione spontanea dei piccoli comuni, va da sé, è anche un modo semplice e concreto per ridurre i costi della politica. Porta automaticamente alla riduzione del personale politico. Comuni più grandi e più forti non avrebbero inoltre più bisogno di comunità montane, comprensori, circondari o di altre forme di enti e autorità intermedie.
Se ne sta accorgendo, riconosciamolo, il governo toscano, con il presidente Rossi e l'assessore Nencini, che stanno includendo nel loro progetto di riforma degli enti locali, degli incentivi all'unificazione vera e propria fra piccoli comuni. Unificazione, ribadiamolo, non la già sperimentata formazione di “unioni”, che, per quanto siano strutture utili e snelle, restano sempre un ente terzo e sovraordinato, che si aggiunge a quelli già esistenti.
Se avranno successo, questi movimenti dal basso provocheranno una importante riduzione del numero degli attuali 287 comuni toscani, 135 dei quali hanno meno di 5.000 abitanti.
Da ultimo, ma non per importanza, annotiamo anche il fatto che in una Toscana meno frammentata, con alcune decine di comunità locali più forti, diventerebbe ancora più attuale e realistica la storica battaglia per l'abolizione delle province.
Leggi anche un mio precedente intervento sul tema, del 2008, apparso allora su Pratoblog
Vedi l'articolo sul Tirreno:
http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2011/07/15/news/i-movimenti-spontanei-batteranno-i-campanili-4619954
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