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lunedì 28 febbraio 2022

Pubblicare Putin ma cercare anche di capirlo

 


Il quotidiano Domani ha pubblicato integralmente un lungo saggio di Vladimir Putin, oggi, lunedì 28 febbraio 2022. Lo scritto risale al 12 luglio 2021. Il quotidiano sostiene che era scomparso dalla rete, sottointendendo che fosse stato nascosto, perché troppo compromettente.

Il saggio viene presentato sotto titoli molto forti e accompagnato da commenti che sostengono che, in definitiva, il presidente della Federazione Russa sarebbe o impazzito o assetato di restaurazione imperiale.

Questo blogger lo ha letto e, sulla base di strumenti di interpretazione e comprensione che vengono dagli studi geopolitici e dall'esperienza politica, intende sottolinearne alcuni punti interessanti, senza alcuna pretesa di poterne offrire una esegesi approfondita.

Il mondo, come ci sforziamo sempre di ripetere, non può essere capito se guardato da un solo punto di vista, tantomeno il nostro. Figuriamoci governato!

Scusate se insistiamo, su questo punto: il mondo non va mai dove vorremmo, non importa quanto potenti siamo e questo vale anche per la più grande concentrazione di potere del pianeta, l'apparato militare-industriale degli Stati Uniti d'America.

Su questo pianeta nessuno è libero di scegliersi i suoi vicini, né è completamente libero di scegliersi i suoi alleati. Credere o anche solo essere tentati da simili sciocchezze, ci riduce a tifoserie facilmente ingannabili e strumentalizzabili, invece di farci crescere come cittadini attivi, coscienti dei gravissimi problemi che la nostra comunità umana affronta per la sua sopravvivenza.

Il presidente Putin presenta il suo punto di vista, che è ragionevole pensare essere quello della sua parte attualmente al potere in Russia.

Intanto ci spiega che le Russie sono tante. Dall'antica Rus' di Kiev sono sorte molte altre realtà. La Russia di Mosca, dopo molti secoli, è diventata la più importante e, attraverso prima l'impero russo e poi l'Unione Sovietica, il centro di una vasta realtà imperiale. Tuttavia essa non è l'unica Russia e anzi, essa non è nemmeno una realtà unitaria al suo interno. Ci sono molte Russie dentro lo spazio geopolitico governato in passato e ancora oggi da Mosca. Tra di esse c'è la nuova Russia di Sebastopoli, rifondata dagli zar nella seconda metà del Settecento, oltre che territori entrati nell'orbita russa senza mai essere diventati completamente russi, come la Crimea.

Fuori dalle Russie governate da Mosca ci sono altre Russie. Le due più importanti sono la Russia bianca, meglio nota come Bielorussia, e le terre dei piccoli Russi, talvolta chiamate Malorossia, concetto geopolitico molto vago, che comprende, ma non è esaurito, dall'attuale Ucraina e dal Donbass. Scopriamo dallo scritto di Putin che le aspirazioni autonomistiche di Donetsk sono molto più antiche di quello che ci è stato raccontato dai media, che ce ne hanno parlato solo quando è iniziata la guerra del 2014 scatenata dai neonazionalisti ucraini contro i separatisti.

I confini di tutte queste Russie sono sempre stati molto mobili, a causa di scontri e incontri con i popoli vicini. Il testo di Putin racconta, per esempio, un punto di vista russo sui passati espansionismi polacco e lituano, austriaco e ungherese, senza peraltro indulgere ad alcun tipo di rancore o revanscismo.

Tutte queste Russie, inoltre, Putin lo accenna senza intrattenersi molto sul tema, sono state soggette all'ingegneria sociale del governo bolscevico. La politica sovietica delle nazionalità è stata potente e ha rafforzato molte di queste identità russe e letteralmente inventato molte delle attuali autorità locali. Anche qui, però, Putin ci sorprende. Non contesta affatto queste costruzioni nazionali, anzi ritiene che esse debbano essere tutte trattate con rispetto. Nell'antica URSS queste entità diventarono repubbliche con diritto di secessione e la loro sovranità, venuta meno la catena unificante del PCUS, non può essere più messa in discussione.

Concludendo, Putin sostiene che tutte queste Russie, in particolare le tre più importanti, la sua Russia, la Bielorussia e l'Ucraina, siano molto più legate e intrecciate di quanto possa comprendere un osservatore esterno all'Europa slava.

Non dice che devono essere fuse, o che la più grossa debba schiacciare le due più piccole, ma semplicemente che esse non dovrebbero rinunciare ad avere un futuro comune. Come tante Russie diverse vivono insieme nella Federazione Russa, anche le due repubbliche sovrane moderne, la Bielorussia e l'Ucraina, dovrebbero mantenere rapporti stretti con la Russia più grande.

Crediamo che questo ragionamento sia ampiamente criticabile e non privo di fallacia. Molte Russie oggi incluse nella Federazione Russa - e molti popoli non russi - avranno parecchio da ridire, quando, con il crescere della coscienza civica e civile, i loro abitanti vorranno più voce in capitolo. Le due Russie esterne alla Federazione Russa, sono una sottomessa a un greve regime, quello di Lukashenko in Bielorussia, e l'altra sottoposta a una drammatica spedizione militare punitiva, l'Ucraina.

Tuttavia, possiamo davvero pensare che questo ragionamento di Putin non ci interroghi? 

Possiamo fare finta che i tre stati slavi più importanti possano separarsi come se fosse improvvisamente intervenuta una frattura continentale?

Possiamo davvero espellere dall'Europa una o due di queste entità sovrane, per annetterne una? Non era stato lucidamente pensato, subito dopo la fine della Guerra fredda, che l'Europa dovesse avere un progetto comune da costruire con tutti e tre i più importanti stati slavi, con tutte le Russie?

Sono domande a cui non c'è una sola risposta. Coloro che studiano e coloro che sono attivi per le generazioni future, se lo ricordino.


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