Per onorare il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini vogliamo ricordare la sua intuizione forse più ficcante, quella contro l'avvento, nella modernità tecnologica, di un tecnofascismo capace di irrigidire i rapporti di forza nella società fino a renderli immodificabili.
Pasolini, poeta e romanziere, saggista e regista, nacque per caso a Bologna il 5 marzo 1922 e morì, nelle note terribili circostanze, a Roma il 2 novembre 1975. Ma era friulano e parlava e scriveva la sua madrelingua, oltre all'italiano medio.
Fu una figura controversa, capace di suscitare polemiche furiose per la radicalità della sua critica alla nascente società dei consumi, in cui vedeva dissolversi la tradizione, i valori più profondi della vita umana, l'equilibrio tra essere umano e natura.
Di più, intravedeva nel trionfo del capitalismo consumista globale, una massificazione capace di piallare ogni diversità economica e culturale locale, l'avvento di un nuovo autoritarismo planetario, sotto il cui giogo non sarebbero sopravvissute le autonomie personali, sociali, territoriali.
Tutto, sotto il rullo compressore dell'omologazione, del conformismo, del consumismo di massa, sarebbe diventato immodificabile: i rapporti tra persone impoverite di relazioni familiari e sentimentali, le relazioni tra ceti, i rapporti di forza tra classi sociali, i confini degli stati, i tempi e i ritmi dell'urbanesimo, gli abiti che ci avrebbero fatto indossare, il cibo standardizzato, le medicine prodotte in modo industriale per somministrazioni di massa, il flusso delle informazioni, gli stessi pensieri. Suona familiare tutto questo, vero?
Dopo il lavaggio del cervello a cui siamo stati sottoposti per farci accettare cose che non stanno né in cielo né in terra come il "Green Pass", forse ce ne rendiamo maggiormente conto. E poiché l'inquinamento, le guerre, le ingiustizie continuano, continueranno anche a mentirci per farci accettare di tutto e di più.
A una umanità privata di radici, di spiritualità, di diversità, di senso della famiglia e della comunità locale, di educazione popolare di prossimità, di servizi pubblici e beni comuni locali, sarebbero state offerte, in cambio di una rigida obbedienza, alcune misere cose: una certa quantità di beni di consumo materiali; qualche diritto civile da esercitare sempre entro i rigidi canoni stabiliti dal pensiero dominante; l'illusione di essere liberi e persino, ogni tanto, la possibilità di poter scegliere tra candidati apparentemente diversi e in realtà tutti difensori dello status quo.
Non fu certo un pensatore sistematico e forse fu eccessivamente pessimista. Per esempio, forse, non intravide che la sua rivolta contro il falso progresso avrebbe contribuito alla primavera del pensiero divergente civico, ambientalista, autonomista, antiautoritario che pure stiamo vivendo.
Tuttavia fu grande, profondo, coraggioso e tutti dovrebbero leggere almeno qualcuna delle sue "Lettere luterane".
Che la Provvidenza lo custodisca nel suo seno.
Nessun commento:
Posta un commento