Nella discussione sulle cure precoci anti-Covid entrano spesso a piedi uniti i c.d. competenti, che pretendono studi rivisti e pubblicati.
Hanno ragione, indipendentemente dal pregiudizio che esprimono e su cui tornerò tra poche righe, ma mancano di contestualizzare. Come spiegava bene il prof. Fabrizio Chiodo, esperto italiano che lavora nelle ricerche vaccinali a Cuba, in un suo recente intervento televisivo a In Onda, per produrre studi occorrono forze, organizzazione, volontari per costituire i gruppi di controllo, tempo, denaro. Tutte risorse che Cuba non ha in abbondanza. Per questo i suoi studi tardano ad arrivare sui tavoli di EMA e di AIFA.
Il prof. Cavanna e molti altri medici, che spendono la loro vita a curare, hanno pubblicato dei sommari aneddotici, non certo degli studi del tipo di quelli richiesti da certi gotha scientifici.
Il prof. Remuzzi stesso, che pure ha pubblicato su The Lancet uno studio retrospettivo sull'efficacia degli anti-infiammatori (tipo un semplice Aulin) nei primi giorni del contagio da Covid, non ha le risorse e gli strumenti per consolidare i suoi risultati con studi di più ampia portata.
Le risorse e i soldi sono andate invece in grande abbondanza, attraverso contratti segreti stipulati dall'Unione Europea al riparo da ogni dibattito pubblico, a poche grandi aziende (#BigPharma) per lo sviluppo accelerato di vaccini sperimentali (che sono e che resteranno per parecchio tempo sperimentali).
Non sono fra quelli che si augura il fallimento della vaccinazione (anche se avrei molte cose da dire contro le scelte fatte dalla UE in questa materia).
Mi spiace che in alcuni paesi che hanno molto vaccinato, come Israele, i prodotti della Pfizer non siano risolutivi. E tuttavia, non prendeteci in giro, per favore.
Quando chiedete "dati" e "pubblicazioni" contestualizzate e guardate dove sono andati i soldi che sono necessari per produrli.
Ricordo anche, e mi avvio a concludere, che contro le cure precoci e domiciliari si sono scatenati dei pregiudizi violentissimi, altro che la scienza!
Contro gli anti-infiammatori, così come contro altri trattamenti precoci, si sono levate reazioni rabbiose, tipiche di un centralismo autoritario sanitario ebbro di potere, che sembra quasi infastidito dal fatto che dal Covid ci si possa curare, che si possano far tornare ospedalizzazione e mortalità entro le medie statistiche delle altre polmoniti e malattie stagionali, che si possa porre fine allo stato d'emergenza (come richiesto da tutte le forze sane delle autonomie territoriali).
Dietro queste reazioni inconsulte c'è un potere interessato a controllarci, più che a curarci.
Un potere peraltro avventato e irresponsabile, che continua a consentire la somministrazione di tachipirina e antipiretici, che conducono dritti in terapia intensiva i malati di Covid.
Se non si ha consapevolezza che gli interessi del centralismo autoritario europeo e italiano (e delle multinazionali con cui sono stati firmati i contratti segreti) non coincidono necessariamente con la scienza, ma semmai con un uso spregiudicato del potere, si perde il contatto con la realtà.
Per fortuna nel mondo non ci sono solo i disastri europei, ma intere regioni del mondo dove i giochi del potere con la scienza, almeno, non impediscono ai popoli di guarire dal Covid e, ancora più importante, dalla paura del Covid. Raccomando in proposito di seguire i blogger di Simplicissimus (a cui devo anche l'immagine a corredo di questo post), che seguono con serietà la situazione pandemica fuori dal recinto ristretto di questa nostra repubblica in pericolo e dei suoi media pavidi e conformisti.
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