Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

martedì 30 novembre 2010

Un paradiso senza libertà, cioè un inferno

Oggi sul Tirreno una bella pagina dedicata a tre giovani toscani Paolo Cellamare, Jacopo Cecconi e Giammarco Sicuro e al loro documentario su Cuba, la cui realizzazione ha richiesto una certa dose di inventiva e coraggio. Il loro è uno sguardo disincantato su un paese che deve cambiare, per non morire. La loro principale fonte di ispirazione sono le parole semplici e travolgenti di Yoani Sanchez. I paradisi senza libertà prima o poi si rivelano per quello che sono, cioè inferni sulla terra. L'articolo è di Miriam Monteleone. Da non perdere. Un assaggio del documentario lo si può vedere dal sito http://www.wishesonafallingstar.com/.
Sempre oggi, abbiamo ricevuto per mail anche questo articolo di Yoani Sanchez, che è liberamente riproducibile, citando ovviamente la fonte:

Il paese delle lunghe ombre
di Yoani Sánchez
da El Comercío (Perù) - http://elcomercio.pe/

La Sicurezza di Stato controlla i dissidenti sotto le loro abitazioni, li segue, li rende radioattivi. A Cuba vige ancora il pensiero unico ed è un’utopia parlare di pluralismo e di libera espressione del pensiero. Nonostante le menzogne del regime. Yoani Sánchez ci racconta come stanno realmente le cose…

Il controllo della Sicurezza di Stato
Ci sono due uomini all’angolo della strada. Uno di loro porta un auricolare attaccato all’orecchio, mentre l’altro guarda verso la porta dell’edificio. Tutti i vicini sanno bene perché si trovano lì. In un appartamento del palazzo vive un dissidente e i due membri della polizia politica controllano chi sale e chi scende le scale, avvisano se “l’obiettivo” varca la soglia dell’enorme condominio e tengono l’auto a portata di mano per seguirlo ovunque vada. Non cercano di nascondersi, perché vogliono far capire che quel soggetto portatore di opinioni critiche è schedato, in maniera tale che gli amici e i conoscenti temano di avvicinarlo e si allontanino per non cadere anche loro nell’apparato di controllo, nella ragnatela della vigilanza.
Tecniche repressive
Non si tratta di un caso isolato. A Cuba ogni persona non conforme possiede la sua ombra o un gruppo di agenti che lo seguono. I cosiddetti “poliziotti della sicurezza” utilizzano anche sofisticate tecniche di supervisione, come controllare la linea telefonica, piazzare microfoni nelle abitazioni e individuare dove si trova una persona tramite il segnale del suo telefono mobile. L’Avana da un po’ di tempo a questa parte pullula di telecamere piazzate in molti incroci, tramite le quali vengono monitorati i delitti comuni, ma si fa pure attenzione al lavoro di gruppi oppositori, giornalisti indipendenti, associazioni civiche e cittadini che la pensano in maniera diversa dal partito che governa. Il romanzo fantascientifico dello scrittore George Orwell si è materializzato a Cuba in una complessa rete tecnologica che comprende anche un esagerato numero di poliziotti in abiti civili. Occhi che scrutano in ogni direzione, dossier dove vengono inseriti gli individui non conformi individuati grazie a questi controlli, per avere in futuro la possibilità di citare la persona spiata davanti a un tribunale. Le conseguenze sulla vita personale e sociale di chi subisce uno di questi programmi di vigilanza sono così devastanti, che i cubani chiamano la Sicurezza di Stato con nomi terribili come “l’Apparato”, “l’Armageddon” o “la Distruttrice”. La Sicurezza è l’incubo ricorrente di chi è già stato vittima dei suoi apparati operativi ed è sempre per la sua presenza che altri mantengono la maschera della simulazione, temendo di essere inclusi nei suoi tenebrosi archivi.
La crisi economica non colpisce la polizia
In un paese in crisi economica, dove vengono annunciati tagli della forza lavorativa attiva fino a un 25%, risulta curioso che il numero dei membri del Ministero degli Interni non venga ridotto. Tutto il contrario, la spesa preventivata dallo Stato per il settore militare e per la sicurezza è in aumento dal 2004 a oggi. Se qualcosa ha caratterizzato il mandato di Raúl Castro è un aumento costante della presenza di poliziotti, militari e vigilanti a ogni angolo. Questi controllori si vedono in gran numero nei centri culturali quando si tengono eventi, si infiltrano nelle code per entrare al Festival del Cinema come a un concerto di hip hop. Non più tardi di alcuni mesi fa hanno impedito l’accesso di alcuni blogger alternativi alla mostra cinematografica dei giovani registi. Fortunatamente una piccola telecamera nascosta ha registrato la scena e i volti delle ombre, che intimidiscono e incalzano tutelati dall’anonimato, sono stati visti da migliaia di persone fuori e dentro l’Isola. Gli esclusi di quella sera hanno presentato la preziosa testimonianza visiva di fronte a un tribunale e hanno fatto una denuncia contro l’apartheid culturale, ma non hanno ricevuto una risposta giuridica e meno che mai una scusa istituzionale.
Muscoli contro opinioni
A volte fa pure sorridere vedere come un uomo disarmato e pacifico, forte solo delle sue parole e dei suoi argomenti, venga seguito da diverse auto e da poliziotti muniti di walkie-talkie e di un’apparecchiatura tecnologica che sembra più adeguata per i film d’azione che per la realtà. È una situazione abbastanza ridicola vedere individui con i muscoli allenati per colpire, attendere ore di fronte alla casa di un oppositore e incalzarlo persino quando porta il suo cane a orinare o va a comprare un pacchetto di sigarette. Se non fosse una cosa molto triste ci sarebbe da ridere. Anche se sono stati formati con i metodi del KGB sovietico, ognuno di questi protagonisti dell’intimidazione si crede una specie di Rambo, pronto a fare sfoggio delle sue conoscenze di karate quando qualcuno si ribella o quando la persona fermata non vuole lasciarsi obbligare a salire con la forza in un’auto con targa privata, senza ordine di arresto. Sono specialisti nello sferrare colpi che non lasciano segni, nel provocare lussazioni che nessun medico vuole annotare in un referto e nel minacciare le conseguenze più temute dalla vittima. In poche parole, sono specialisti in terrore e minacce. Godono i privilegi tipici di chi difende il potere: un fine di settimana al mare, un’auto importata dalla Cina, un salario superiore alla media nazionale e una borsa di alimenti addizionali ogni mese. Benefici capaci di trasformare questi personaggi in fedeli membri di una macchina repressiva.
Braccia rubate all’agricoltura
Tuttavia la gente non li ama, anche se sfoggiano volti eroici e si autodefiniscono difensori della sicurezza nazionale. Oggi, per esempio, si ripete spesso una frase con riferimento al numero esagerato di poliziotti della sicurezza che girano intorno a ogni persona non conforme. In tono basso e guardandosi alle spalle, molti dicono con sarcasmo: “Mancano così tante braccia per l’agricoltura e questi passano la giornata a controllare chi ha un’opinione diversa dal partito al governo”. Sarebbe meglio se invece di penalizzare le opinioni e stringere d’assedio il pluralismo, si dedicassero a lavori produttivi per la nazione. Se invece di proiettare la loro lunga ombra sui critici del sistema, la lasciassero cadere sopra una piantina di lattuga o di pomodoro, su quel solco - oggi vuoto - che potrebbero aiutare a seminare.

Traduzione di Gordiano Lupi

mercoledì 24 novembre 2010

Qualcosa che può unirci


Qualcosa che può unirci
E' qualcosa che può unirci e, diciamolo, se ne sente davvero il bisogno, in questo momento di crisi, in un paese così diviso. Sì, la riforma elettorale può raccogliere un consenso ampio e davvero trasversale.
Rottamandi e rottamatori, il centrodestra attuale e quello futuro, il vecchio centro e il nuovo eventuale terzo polo, forze politiche nazionali e leghe locali: tutti sono interessati e la nostra Toscana è il laboratorio ideale, da dove può partire un messaggio politico di rilievo nazionale.
Siamo stati noi a sperimentare per primi le liste bloccate che hanno ispirato il Porcellum. E' giusto, forse addirittura necessario, che cominciamo proprio noi a correggere questa stortura.
Il Partito Democratico toscano è investito, in virtù della sua forza locale e delle sue ambizioni nazionali, di una particolare responsabilità: se non riuscisse, qui dove ha i numeri, a migliorare la legge elettorale regionale, difficilmente riuscirebbero credibili i suoi propositi di cambiamento di quella nazionale.
La strada maestra sembra quella del collegio uninominale, la soluzione più comprensibile per i cittadini. Recuperi dei migliori perdenti, premi di maggioranza ragionevoli, distribuzione tendenzialmente proporzionale dei seggi come avviene con il sistema elettorale delle province, sono ovviamente possibili e trattabili.
Centrale resta il ripristino del diritto, per gli elettori di un territorio, di scegliere il proprio “campione locale”, non solo scegliendo fra i candidati dei diversi partiti, o indipendenti, ma anche selezionando candidati diversi all'interno di uno stesso partito.
Ricordiamo che il governatore Enrico Rossi ha fatto in campagna elettorale una promessa impegnativa, in favore della riforma, e che alcune delle personalità più lungimiranti del centrodestra toscano, quelle che da anni si sono esposte con coraggio in favore di uno “statuto pubblico” che democratizzi la vita interna dei partiti, si sono dichiarate disponibili.
Ribadiamo anche la nostra convinzione che l'opinione pubblica sia, non solo in Toscana, tutt'altro che disinteressata. Davanti all'inevitabile invecchiamento e al declino degli attuali leader, la preoccupazione su come se ne potranno selezionare di nuovi, è sempre più forte.
Categorie, associazioni, comunità locali, tutti i cittadini più attivi devono naturalmente fare la propria parte, per esercitare, sul nostro consiglio regionale, la giusta pressione.
Mauro Vaiani
vaiani@unipi.it
Firenze - Pisa, mercoledì 24 novembre 2010
Pubblicato sul Tirreno, giovedì 2 dicembre 2010


Fede e omosessualità

Ieri a Firenze ho partecipato alla presentazione del Florence Queer Festival. All'interno del programma, che è davvero impressionante per quantità e qualità, c'è una giornata integralmente dedicata al tema "fede e omosessualità". Sarà domenica 28 novembre, dalle 15 in poi, al cinema Odeon, a Firenze. Sul portale Gionata si possono trovare tutti i dettagli dell'evento. Sarà proiettato anche "Prayers for Bobby", con Sigourney Weaver.

Ci si domanda spesso, e con solide ragioni, se la repressione dell'omosessualità abbia, fra le sue cause, anche la religione, la tradizione ebraico-cristiana in particolare. Ho dato anch'io un mio modestissimo contributo a questo complesso e difficile dibattito nella rubrica Queer Faith che ho tenuto su Gaymagazine. E' mia opinione che le cause della repressione e dell'omofobia siano più complesse. La repressione dell'omosessualità, tanto per fare un esempio, c'era prima dell'avvento del Cristianesimo e persiste con il suo arretramento. Le religioni, e quindi anche le chiese cristiane, finiscono, ci pare, con l'essere omofobe in società che erano già omofobe.

Di una cosa sono comunque certo: il nostro movimento di persone omosessuali cristiane può mettere in discussione i pregiudizi e le chiusure; tenere a bada il bigottismo; dimostrare la falsità di una lettura fondamentalista della Bibbia; fare opinione contro le interpretazioni caricaturali della cosiddetta legge morale; combattere la tentazione di spacciare per "naturale" la propria ignoranza e l'odio per chi è diverso.

Anche per questo vi aspetto, in tanti, domenica 28 novembre, all'Odeon a Firenze, al Florence Queer Festival, a vedere dei film e dei documentari che provano a raccontare che il tema "fede e omosessualità" è ancora difficile, ma è anche un cantiere di cultura, speranza e amore per la vita.

lunedì 22 novembre 2010

Le foto di Diverso Toscana

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Al tramonto del 5 settembre 2022 ero sul tetto di Palazzo Pretorio, da dove ho scattato questa foto degli ettari di tetti di Prato e del resto della Piana. Ero lassù per una delle serate musicali organizzate dal Comune, quella di cui era animatore il mio amico fraterno Renzo DJ. Era tempo che su Diverso Toscana sbarcasse un segnale ancora più radicale: cambiare finalmente qualcosa d'importante, restando fermi dove siamo sempre stati (NdA).

 

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Sta iniziando l'anno sociale 2015-2016. Dopo due anni, finalmente, mettiamo una nuova foto. Anche questa è stata fatta da noi, con un nostro smartphone, all'Elba, nel maggio 2015. La prospettiva della foto ha messo il mare sopra la ginestra e questo ci ha fatto pensare a parecchie cose che vanno viste, semplicemente, da un altro punto di vista. Ce la faremo!



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Per l'anno sociale 2013-2014, un po' in ritardo, visto che la abbiamo caricata solo per Santa Cecilia, il nostro blog adotta la foto di un bel tramonto toscano, scattata a S. Andrea in Percussina, il 7 aprile 2013, dagli amici del gruppo Kairos - di cui anche chi scrive fa parte - alla fine del loro forum regionale di credenti toscani queer. La foto evoca molte persone che hanno creduto e crederanno ancora, in noi stessi, nella nostra terra, nei nostri valori civici e civili, da Machiavelli a don Andrea Bigagli. Suggerisce di guardare verso Occidente, nel senso di un limite, ma anche di un traguardo, di un compimento della nostra breve giornata terrena. Avanti! Forza! Adesso!


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Per l'anno sociale 2012-2013, a partire dall'8 settembre 2012, la festa toscana della Madonna appena nata, offriamo questo bel arcobaleno. Sarà un'annata difficile, ma deve essere, ancora una volta, nonostante tutto, all'insegna della speranza. Chi scrive su questo blog non ha che da ringraziare la Provvidenza per la serenità di questo periodo di riposo e non vuol altro che rimboccarsi le maniche per fare quello che c'è da fare. Lo scatto si intitola "Spettacolo sull'Aurelia", di Silvia Branzanti, 2007. L'immagine ci è stata gentilmente concessa dall'Archivio Fotografico della Regione Toscana.



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Per l'autunno inverno 2011-2012, proponiamo l'immagine di un inverno toscano colorato, tempesteso, pieno di promesse per la prossima primavera. Sarà on line sul nostro blog a partire da sabato 1/10/2011. Si intitola, appunto, "Colori d'inverno", di Daniele Meschini, 2006. Gentilmente concessa dall'Archivio Fotografico della Regione Toscana.


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Questa  foto, che abbiamo proposto sul nostro blog a partire dal 2/6/2011, ci è stata gentilmente concessa dall'Archivio Fotografico della Regione Toscana. Si intitola "Il lavoro dell'uomo" ed è uno scatto sull'identità toscana di Marco Fantechi, del 2009.

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Questa foto è stata la prima che abbiamo pubblicato sul nostro blog, il 22/11/2010. Ci è stata gentilmente concessa dall'Archivio Fotografico della Regione Toscana. E' uno scatto di Yuri Materassi del 2004. Riprende una manifestazione popolare in piazza della Santissima Annunziata a Firenze.

Intanto grazie

Grazie a S.Cecilia, che mi ha fatto tornare a casa da così lontano e che ogni giorno mi promette che la musica non mancherà mai nella mia vita. Ho aspettato che fosse la sua festa, per aprire questo mio modesto discorso, in cui continuerò a fare, sono sicuro, sempre i soliti discorsi. Grazie a S.Martino, che è sempre presente quando c'è da condividere il mantello di una idea, di una speranza, di una buona azione. Grazie a S.Frediano, a cui continuiamo a chiedere il miracolo di controllare il Serchio e tutti i fiumi che incontriamo nella nostra vita, oltre che di darci una mano a stare a galla nel torrente della nostra fuggevole esistenza.

mercoledì 3 novembre 2010

Archivio - Cominciamo a pensare a un dopo Berlusconi

Ripubblico qui l'intervento con cui ho reso noto in forma pubblica il mio impegno per un dopo Berlusconi, un dopo Verdini, un dopo il PDL o, in caso di resistenza della nomenklatura, un dopo senza PDL (Nota dell'A., martedì 7 dicembre 2010).


In cerca di un nuovo leader
E non solo per le battute, per il bunga-bunga, per le telefonate in questura...

Intervento pubblicato su Toscana Insieme

mercoledì 3 novembre 2010
di Mauro Vaiani


Premetto che nel PDL non conto nulla, ma mi considero all'opposizione, dall'interno, dell'attuale gestione, per quello che conta.
Ricordiamoci sempre tutti di non sottovalutare i momenti in cui il ministro Tremonti ha saputo tenere i cordoni della borsa, o in cui Sacconi ha esteso la cassa integrazione, o in cui Maroni ha concentrato le scarse risorse che aveva a disposizione sulla lotta alla criminalità organizzata.
Abbiamo convinto molto meno nella gestione delle emergenze, con il fallimento del modello della Protezione Civile Spa.
Di fronte alle povertà non è stato giusto promuovere iniziative ridicole tipo “social card” o buoni turismo, dimenticandoci il quoziente familiare o almeno una qualche forma di sollievo fiscale universale sui primi mille euro al mese guadagnati, quelli che servono per vivere.
Ancora più difficile da accettare è stato il fatto che la nostra dirigenza politica nazionale abbia tradito le riforme istituzionali ed elettorali di ispirazione anglosassone e abbia reso l'espressione “rivoluzione liberale” una coppia di parole vuote.
La nostra leadership si è persino messa di traverso per fermare le riforme e i provvedimenti anti-casta che attendiamo da trent'anni, come il dimezzamento del numero dei parlamentari, il senato federale, l'abolizione delle province.
Il federalismo istituzionale è finito nel dimenticatoio. Invece che fare la devolution, abbiamo ripristinato il ministero del turismo e persino quello della gioventù.
Il federalismo fiscale si allontana, invece che avvicinarsi. Le bozze dei decreti attuativi sono rese sempre più farraginose dalla resistenza di tutti i conservatori dello status quo.
Né ci pare che siano in arrivo notizie veramente confortanti su altri fronti, come concorrenza, giustizia, pluralismo scolastico, diversificazione energetica, project financing di nuove infrastrutture.
Può darsi anche che si continuino a vincere le elezioni, nonostante pasticci come quello di Ruby, o con le battute sulle donne, gli Ebrei e i gay, tutte cose su cui, sia chiaro, sono in totale disaccordo e che considero rischiosi attentati al pudore, oltre che foriere di possibili mali spirituali ancora peggiori.
Non si giova comunque alla Repubblica se poi, dopo aver vinto le elezioni, si resta impotenti al potere, senza non diciamo una visione, ma almeno una direzione.
Dopo tanti anni, dopo tutto quanto è stato detto e mai fatto, dopo tanti momenti di grande entusiasmo ma anche di profonda delusione, ci pare giusto chiedersi, non senza tristezza, se il presidente Berlusconi non stia per caso avendo come statista un successo inversamente proporzionale a quello che ha avuto nella vita come imprenditore.
Il presidente Berlusconi dovrebbe quindi essere sostituito? Chi ne ha l'autorità e la responsabilità si ponga il problema. Sarebbe una sorta di contrappasso: chi, avendone avuto il tempo, la forza, l'opportunità, non ha saputo creare regole nuove, potrebbe finire per essere sostituito secondo le regole vecchie.
A noi cittadini comuni, a noi appassionati di politica, a noi elettori sovrani, spetta guardare, intanto, un pochino più lontano.
Una grande area politica, quando si chiude una stagione, non ha bisogno di difese d'ufficio dell'indifendibile, intrighi cortigiani, espulsioni, scissioni, autoribaltoni.
Ha bisogno di aria fresca, di aprire le proprie porte a idee e persone nuove, di avviare un grande dibattito culturale e politico sul futuro, oltre che, naturalmente, dare il via a una grande competizione pubblica per la selezione di nuovi leader.

Mauro Vaiani

martedì 2 novembre 2010

Presidente, un passo indietro

Ogni tanto mi trovo a dover spiegare, giustamente, come mai mi sono ritrovato con Berlusconi. Pian piano mi farò capire meglio, anche spulciando fra i ricordi e gli appunti degli ultimi anni. Di certo ho vissuto, ho tentato, ho sognato, non sono rimasto in un angolo a lamentarmi. Questo frammento, in cui rivendico il mio essere stato un uomo di speranza, l'ho ritrovato e archiviato su questo blog domenica 10 luglio 2011 (Nda)


Oggetto: Presidente, un passo indietro

Mittente: Mauro Vaiani <vaiani@unipi.it>
Data: Tue, 02 Nov 2010 15:05:44 +0100
A: GayLib@yahoogroups.com
CC: Gaycontoscana <gaycontoscana@yahoogroups.com>

Chiarisco che nel PDL toscano e italiano non conto nulla ed anzi ero già all'opposizione, per quello che conta.
Si fanno tanti sbagli nella vita. Io, almeno, ne ho fatti.
Non mi pento di certo di aver sperato - fino all'ultimo - che il IV governo Berlusconi, la XVI legislatura, il nascente bipartitismo PDL-PD, avrebbero prodotto le riforme che aspettiamo da trent'anni.
Sarò stato ingenuo, ma preferisco aver sperato, piuttosto che essere stato disperato.
Considero il caso "Ruby" la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Ora basta.
Chiedo un passo indietro del premier.

Mauro Vaiani


--
dott. Mauro Vaiani
Università di Pisa
http://www.sp.unipi.it/hp/vaiani


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