Un mio intervento su come si è rapidamente esaurito il tentativo PDL in Toscana, scritto il 17 luglio 2010 e pubblicato dal direttore Paolo Ermini sul Corriere Fiorentino di giovedì 22 luglio 2010, a pagina 9. Ripubblicato qui sul blog Diverso Toscana martedì 7 dicembre 2010.
Caro direttore,
so che si stenta a crederlo, dopo le ultime vicende, ma il Popolo Toscano della Libertà aveva un progetto.
Portare ovunque la benedizione dell'alternanza, arrivandoci magari prima che altre città e borghi della Toscana si riducano come si è ridotta Prato, dove a volte viene il dubbio che il cambiamento civico e liberale impersonato da Roberto Cenni sia arrivato troppo tardi.
Far emergere ovunque personalità libere e creative, che si mettano alla prova nella durezza della politica vera, che portino una ventata di freschezza, come Giovanni Galli a Firenze.
Dare alla Toscana degli scandali in stile Monticchiello e della svendita del territorio, una alternativa di pianificazione civile sapientemente conservatrice. Ispirandosi, per esempio, alla bella esperienza del piano urbanistico di Grosseto, che ha meritato riconoscimenti internazionali e bipartisan.
Portare una ventata di pluralismo e concorrenza, includendo di più i privati e le comunità locali, nella gestione della sanità.
Far dimagrire la burocrazia regionale, senza se, senza ma.
Sostenere, con le intelligenze e le competenze politiche di cui la Toscana deve andare fiera, la rivoluzione federale, liberale, antistatalista, antiburocratica. Le province, almeno in Toscana, non servono, questo è sicuro. E a pensarci bene nemmeno dieci prefetture, in questa nostra piccola terra di poco più di tre milioni di abitanti. Sono degli esempi di tagli da fare, non delle provocazioni!
Per fare tutto ciò ci vuole ovviamente un partito nuovo. Un partito che abbia decine di migliaia di elettori registrati, che possano partecipare e contare, grazie anche a Internet. Un partito che elegga da sé i propri leader toscani e che abbia una politica toscana. Non è per mettere in discussione il leader carismatico, ci mancherebbe. Il problema è che, se per qualsiasi cosa si deve ricorrere ad Arcore, si forma ai vertici della piramide un tappo tale, che alla fine, a governare il partito non c'è più Silvio Berlusconi, ma la sua corte. Nella quale, come in tutte le corti, i pensionati sfigati si intrufolano, mentre alle persone normali non si risponde nemmeno al telefono.
In questi anni qualcosa è andato storto, ovvio. Abbiamo avuto dirigenti che non volevano Cenni candidato. Abbiamo assistito a tentativi, ai limiti del ridicolo, di delegittimare Galli. Abbiamo problemi, per dirla in modo eufemistico, di “comunicazione” fra gli elettori e gli eletti, fra gli eletti e il governo. I nominati non ci bastano più. Anzi, gli ultimi nominati, in particolare, avrebbero fatto meglio a non accettare di sedersi su un tappo che deve per forza saltare.
Il nostro progetto, però, è ancora valido.
Non è contro qualcuno, è per qualcosa: un partito più popolare e più liberale. Più popolano e più libertino, per dirla alla Toscana.
Pisa, 17/7/2010 - Pubblicato a Firenze il 22/7/2010
Mauro Vaiani
vaiani@unipi.it
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