Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
lunedì 1 ottobre 2018
Bilancio italiano 2019 - Cosa farebbe un governo decentralista
I numeri di una repubblica gigantesca come quella italiana fanno tremare i polsi.
Tuttavia anche noi, persone delle periferie europee, impegnate contro la concentrazione di ricchezze e di potere, in lotta per una nuova stagione di decentralismo e confederalismo dal basso, ci sentiamo di scrivere qualcosa, con umiltà.
Noi siamo distinti e distanti da questo governo Conte-Di Maio-Salvini-Tria, senza ovviamente rimpiangere quelli di prima. Non ne condividiamo molti contenuti e tanto meno i toni. Ne temiamo il neocentralismo, soprattutto, e la presunzione di affrontare il bilancio italiano senza coordinarsi con le regioni e le autonomie locali.
Se fossimo al loro posto, prima di ogni cosa, avremmo già messo in campo un grande programma per togliere il debito pubblico dal "mercato". Non possiamo e non dobbiamo più vendere all'asta tutto il nostro debito pubblico, semplicemente perché non possiamo più permetterci di pagare così tanti interessi. L'esperimento da apprendisti stregoni del "neoliberalismo all'italiana", iniziato nel 1981 dall’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, e dal governatore di Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, ha mostrato chiaramente i suoi limiti e occorre porvi fine al più presto, senza se e senza ma.
Ci vogliono strumenti di congelamento e di alleggerimento del debito pubblico italiano. Studiosi esperti (Francesco Gesualdi a Stefano Sylos Labini, per citarne solo due che conosciamo bene e che stimiamo) prospettano forme di "infruttini", "minibot", "certificati di credito fiscale" e varie forme di moneta fiscale, da emettere in stretta collaborazione con le autorità locali. Vanno studiate e vanno sperimentate. Potrebbero alleggerire, anche solo un po', il peso degli 80 miliardi l'anno di interessi sui debiti pubblici che ci dissanguano.
Oltre alla sperimentazione di questi strumenti para-monetari, dovrebbe anche continuare la revisione profonda della struttura della spesa centrale e centralista, a cominciare dagli oltre 15 miliardi di incentivi dannosi all'ambiente.
Insomma, un governo decentralista non spingerebbe affatto sulla leva del deficit, per aumentare gli investimenti a protezione dell'ambiente o per pagare pensioni più dignitose.
Ci fermeremmo sulla soglia di quel 2,1% lasciatoci in eredità dai precedenti governi e forse potremmo fare persino meglio.
Sia chiaro che non siamo fanatici dell'austerità, né del pareggio di bilancio a tutti i costi, ma quella per cambiare lo status quo nella Eurozona sarà una partita lunghissima e delicata e non crediamo sia saggio iniziarla sbattendo i pugni sul tavolo.
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