Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
sabato 8 settembre 2018
Gellner, il razzismo, la Svezia e noi
Dall'80° anniversario delle leggi razziali promulgate da San Rossore dall'infame Vittorio Emanuele III, alle elezioni svedesi che si celebreranno domani, domenica 9 settembre 2018, passando per le cronache di questi anni e per l'attualità politica, è tutto un proliferare di grandi discorsi anti-razzisti.
Non aggiungeremo la nostra piccola voce a questa babele di tante parole e di pochissimi fatti.
Ci limitiamo a commentare alcune intuizioni di uno scienziato sociale importante: Ernest Gellner (1925-2005).
Gellner fu uno studioso boemo-inglese (cosa che lo avvicina per più di un aspetto allo scienziato sudeto-boemo-americano che l'autore di questi post considera uno dei suoi principali punti di riferimento, Karl Deutsch).
Citeremo le pagine di un libro che meriterebbe di essere meglio conosciuto anche in Italia, Thought and Change, del 1964 (Pensiero e cambiamento, di cui purtroppo non sapremmo al momento segnalare traduzioni italiane).
Nella riflessione di Gellner i conflitti etnico-culturali-religiosi non sono una maledizione biblica, non vengono da un oscuro passato, non sono una ritornante superstizione, non sono un degrado della moralità pubblica, comunitaria o individuale.
Essi sono la conseguenza di disuguaglianze (e di ingiustizie) strutturali.
Se c'è chi è strutturalmente favorito e chi è strutturalmente sfavorito nella rigida crudeltà della società moderna, seguendo Gellner, si possono avere diversi esiti negativi che noi chiamiamo, forse troppo semplicisticamente, "razzismo".
Il potere può scatenare le masse contro minoranze che paiono "privilegiate", per esempio, come hanno fatto nazisti e fascisti contro gli Ebrei, i nazionalisti turchi contro gli Armeni, i franchisti contro i Catalani.
Oppure il potere può cavalcare cinicamente le disparità fra territori più ricchi e più arretrati (le stesse disparità che il centralismo militarista e colonialista ha magari creato o lasciato allargare).
Se fra le popolazioni, poi, ci sono anche differenze di aspetto o di tratti culturali rigidi, questo non può che inasprire il conflitto.
Alcuni esempi: protestanti contro cattolici, bianchi contro neri, musulmani contro indù, Hutu contro Tutsi e, più in generale, nativi contro immigrati.
Se le popolazioni sono mescolate, i potenti possono facilmente organizzare stragi e violenze, fino a far precipitare la situazione.
Ma se anche le popolazioni vivono in territori diversi, i centri dominanti possono comunque avere interesse a scatenare la violenza nelle periferie ribelli.
Questi razzismi sono una cosa molto moderna e contemporanea.
Non è una malattia. Non un accidente. Non la manifestazione di una qualche "cattiveria" individuale o comunitaria.
Sono invece una diretta conseguenza del centralismo, del militarismo, del colonialismo, delle ingiustizie strutturali, dell'ignoranza promossa dai media di regime, nel mondo globalizzato di oggi.
* * *
Come studiosi - non solo e non tanto come attivisti decentralisti - siamo certi, guardando ai numeri del mondo contemporaneo, che le comunità politiche più piccole soffrono meno il divampare del razzismo moderno.
Ciò è dovuto al fatto che esse hanno maggiori probabilità di essere rette da regimi più inclusivi e più equanimi, non fosse altro che per il più diretto rapporto fra governati e governanti.
Questa maggiore probabilità di essere società più umane, però, non mette al riparo da tutto.
* * *
In Svezia, per esempio, paese che pure è un esempio per tanti e in tanti campi, si sono lasciate crescere alcune strutturali ingiustizie, che per di più hanno riguardato gli immigrati (che sono ancora, in gran parte, riconoscibili come tali, per il loro aspetto o per la loro cultura), ma non solo.
Fra queste ingiustizie ne vogliamo ricordare alcune delle più evidenti:
- si sono abbandonate molte comunità periferiche, in cui vivono forse troppi immigrati, ma soprattutto svedesi più poveri, più anziani, più deboli;
- si sono lasciate crescere le seconde e le terze generazioni dei nuovi arrivati in veri e propri quartieri ghetto, dove giovani svedesi "diversi", in vario modo emarginati, hanno finito per formare addirittura delle bande "etniche" violente e criminali;
- si sono fatti male molti conti sulla quantità di posti di lavoro decenti e di buoni stipendi che la società svedese avrebbe potuto produrre, sia per i nuovi arrivati che per le persone native; per un immigrato che ce l'ha fatta, se ne sono lasciati indietro molti altri ai livelli di sussistenza (e prigionieri della trappola dell'assistenzialismo); senza contare che un immigrato di "successo" può anche attirare forme di invidia sociale dai suoi concittadini (magari svedesi di vecchia data) che hanno dovuto subire gli effetti del generale impoverimento delle classi medie;
- infine si sono abbandonate, nel nome del "politicamente corretto" e di una certa cultura dell'esonero dalle responsabilità e dei sacrifici, le necessarie, serie e severe politiche di istruzione pubblica, di trasmissione dei doveri civici minimi, di imposizione di regole severe contro le discriminazioni (a protezione delle donne e dei gay), lasciando che si formassero sacche di "separatismo" ghettizzante, deresponsabilizzante, in definitiva criminogeno.
Qui, per esempio, potete leggere un articolo sul tema delicatissimo dei matrimoni imposti ai minori immigrati. La situazione è davvero complessa e difficile.
Nei prossimi giorni saranno tutti esperti di Svezia e di razzismo, ma non so se si riuscirà a rompere il conformismo dei nostri media, che non vogliono mai discutere i problemi nella loro profondità.
E tanto meno accettano che si discutano i problemi che tutte le comunità locali hanno nei grandi processi di integrazione economica e sociale, a partire da quelli europei.
* * *
- fonte della foto: http://theduran.com/feminist-politician-barbro-sorman-says-swedish-men-rape-choice-migrants-rape-ignorance/
- una lettura per chi vuole approfondire: https://www.nytimes.com/reuters/2018/09/05/world/middleeast/05reuters-sweden-election-ljusnarsberg-insight.html
- chi ha tempo segua l'hashtag di Twitter: https://twitter.com/search?q=%23SwedenElection
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