Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

sabato 30 dicembre 2017

Il lato nemmeno tanto oscuro del centralismo



Quella che vedete è l'ultima pagina di un rapporto ufficiale, pubblicato dalla presidenza del consiglio dei ministri della Repubblica italiana. Contiene una lista, ordinata in ordine di importo crescente, di 273 interventi selezionati da Palazzo Chigi, sparsi in tutto il territorio statale, a sostengo di altrettanti beni culturali. L'intervento massimo è di due milioni di Euro, non certo una cifra con cui si possono fare miracoli se pensate al restauro di una villa romana o di un quartiere medioevale, o di un sito di archeologia industriale, ma la verità è che la maggior parte degli interventi sono ancora più piccoli. Il totale, come potete leggere, è di 149 milioni, poco più. I renziani la rivendicano come un successo del loro impegno per la bellezza, come hanno scritto nella loro Enews 507, uscita oggi, ma a noi sembra solo un altro esempio di cattivo governo centralista.

Il documento è stato presentato - con la consueta sobrietà - dalla sottosegretaria Maria Elena Boschi sulla sua pagina Facebook.

La fonte originale del documento è qui.

Prima che lo facciano sparire, per precauzione, lo abbiamo caricato anche su questa fonte indipendente.


Il lato, nemmeno tanto oscuro, del centralismo, lo si potrebbe così sintetizzare:
- il governo centrale prende tutto;
- il governo centrale restituisce in parte, ma solo come e quando ritiene meglio;
- i territori sono tenuti in soggezione, attraverso tanto bastone e ogni tanto qualche carota.

Particolarmente emblematici dei guasti - spirituali e non solo politici - del centralismo sono appunto queste distribuzioni di piccole carote, sulla base di bandi e progetti, che fanno sempre molta immagine e molta propaganda, ma rafforzano anche un rapporto di sudditanza, dipendenza, se non vera e propria umiliazione - visto che in fondo si tratta di briciole, rispetto alle risorse che vengono rapinate ai territori.

Le comunità locali, insomma, si devono mettere in fila per avere qualcosina in più, Palazzo Chigi graziosamente seleziona e decide quanto, quando, come distribuire.

Noi - questo blog e tutti gli amici e compagni autonomisti -  continueremo a lottare contro questa politica dei progetti da poco, per pochi, decisi in pochi, contro il centralismo, per il ripristino di un serio autogoverno per tutti, dappertutto.

Tanti auguri di un felice 2018, in cui ciascuna persona e ciascuna comunità sentano di potersi riappropriare ancora un po' di più delle proprie risorse, ma soprattutto della propria intelligenza.

venerdì 8 dicembre 2017

Difendiamo la neutralità della rete



Ovunque continuano gli attacchi alla neutralità della rete e alla libertà di accesso di tutte le persone a tutti i siti.
I più prepotenti del mondo sono forse i grandi cancelli governativi della Cina che aprono e chiudono l'accesso ai siti secondo i capricci del tecnocrate di turno, arrivando a filtrare non solo risultati e dati, ma persino singole parole.
Seguono però, e da vicino, paesi fintamente democratici, membri degli organismi "europei" e della NATO, come la Turchia, dove l'accesso internet è filtrato e controllato.
Di recente abbiamo visto di cosa è stata capace la Spagna (come si vede nell'immagine), nel dare la caccia su internet ai siti indipendentisti e alle notizie sulla rivolta popolare nonviolenta del 1 ottobre 2017.
Purtroppo la prepotenza dilaga anche qua da noi, persino in Toscana, persino a Firenze, dove alcuni enti locali, con la scusa di proteggere la gente, si cimentano nel bloccare l'accesso ad alcuni siti, dalle reti wifi pubbliche.
E' chiaro che non vogliamo paragonare alle grandi censure politiche internazionali il divieto toscano di accedere a siti che trattano di gioco d'azzardo o di pedo-pornografia, ma purtroppo sono parte di una unica mentalità che è assolutamente sbagliata.
Non si può e non si deve, per nessun motivo, mettere in discussione la neutralità della rete con filtri di alcun tipo.
In particolare dobbiamo lottare contro tutti i filtraggi che vengono stabiliti attraverso algoritmi automatici, fondati sull'analisi dei contenuti.
Si parte, come succede a Firenze, con il chiudere l'accesso a una pubblicità erotica e si finisce con il proibire l'accesso a siti di informazione e autodifesa delle persone lgbt.
In poche parole si sa dove si comincia e non si sa dove ci si potrà fermare.
Questo non c'entra nulla con la lotta delle polizie locali contro i siti illegali o comunque pericolosi, o con la caccia ai criminali informatici. Non facciamoci confondere o imbrogliare.
La neutralità della rete è una garanzia di libertà per tutti, dappertutto, oltre che di creatività e quindi di sviluppo economico e sociale. Non scherziamoci sopra.
La risposta migliore che le persone e le comunità hanno per far fronte a ciò che di deteriore o di pericoloso si trova sul web, è quella che il cantante e comico toscano Lorenzo Baglioni da' in questo bel video anti-bufale:

https://www.facebook.com/lorenzo.baglioni/videos/1996727137273913/

La stragrande maggioranza delle infrastrutture e delle imprese che tengono in vita la rete internet è ancora concentrata negli Stati Uniti e proprio negli USA è in corso un'altra battaglia vitale per la difesa della neutralità della rete.
Il prossimo 14 dicembre 2017 si cercherà di forzare un voto per porre fine alla politica americana di difesa della neutralità della rete nella Commissione federale delle comunicazioni (FCC).
Il principale responsabile di questa minacciosa svolta è Ajit Pai, il presidente FCC nominato dall'amministrazione Trump.
Approfondite l'argomento qui:

https://advocacy.mozilla.org/en-US/net-neutrality/

http://www.industrytap.com/net-neutrality-danger-means/44383

https://www.theguardian.com/technology/2017/jul/11/what-is-net-neutrality-threat-trump-administration

https://www.facebook.com/job.christenson/posts/10159785016930422

Se potete, aderite a una delle campagne in rete per aggiungere la vostra voce a questa protesta.
Internet si è sviluppata come struttura anarchica, aperta, libera, che si autogoverna attraverso la cooperazione spontanea di enti pubblici, imprese private, associazioni e individui.
Non mettiamo in pericolo una delle poche globalizzazioni che sta veramente funzionando come moltiplicatore delle nostre potenzialità umane, contro ogni autoritarismo, contro ogni censura, contro ogni concentrazione di ricchezze e di potere.

domenica 26 novembre 2017

Verso una alternativa toscana?





Venerdì 24 novembre 2017, al circolo Il Progresso, a Firenze, si sono riuniti in assemblea i ribelli della sinistra toscana. L'incontro è stato convocato dal combattivo Tommaso Grassi, capogruppo a Palazzo Vecchio di Firenze Riparte A Sinistra, insieme con Giacomo Trombi, Donella Verdi, oltre ad altri esponenti dei circoli e dei movimenti della sinistra fiorentina, fra cui l'ex consigliere regionale  Mauro Romanelli.
Perché c'è stata questa assemblea affollata, con oltre cento partecipanti?
E' stato un momento di rivolta in risposta alla crisi del processo di dialogo nazionale del Brancaccio, aperto dall'appello Falcone-Montanari.
Il processo popolare del Brancaccio aveva coinvolto partiti nazionali e movimenti locali, attivisti politici e centri sociali, ma è stato stroncato dalla decisione verticistica di tre piccoli partiti a sinistra del PD - MDP, SI e Possibile - di fare una loro lista unitaria, decisa da Roma, dal vertice. Una scelta che appare, alla base popolare fiorentina e toscana del Brancaccio e ai leader locali che hanno convocato la assemblea al circolo Il Progresso, una miope operazione di mera sopravvivenza politica degli attuali gruppi dirigenti.
A me pare che la comunità riunita venerdì sera sia in grado di contribuire a una vera alternativa democratica toscana, che è necessaria.
A moltiplicare, per esempio, le battaglie per il territorio come quella vincente di Sesto - senza con questo pensare che in politica sia necessario vincere sempre, per imporre una svolta politica e culturale.
Questa area alternativa, peraltro, è l'unica con cui siamo riusciti a dialogare profondamente su molti temi, in questo anno del dopo-referendum costituzionale, non ultime le conseguenze drammatiche dell'imposizione al paese del "Rosatellum-Fascistellum".
Oltre che con loro, ovviamente, dobbiamo cercare un dialogo con tante persone del civismo e con coloro che stanno partecipando ai Meetup dei Cinque Stelle (ma che sono liberi da ogni complesso settario), senza dimenticare che molte persone anche provenienti dal centro e dalla destra stanno aprendo la mente ai problemi posti dalla distruzione del territorio, allo smantellamento dei servizi pubblici universale, alle tendenze pericolosamente centraliste (e in definitiva autoritarie) che dominano a Roma e a Bruxelles.
Altrimenti che accadrà nei prossimi anni?
Andranno in parlamento dei deputati scelti solo dagli attuali vertici politici e continueranno a pioverci sulla testa leggi e provvedimenti sempre più tecnocratici e autoritari. La repubblica delle autonomie è in pericolo!
Andranno ai ballottaggi per l'elezione dei nostri sindaci toscani persone dei Cinque Stelle e delle destre, che forse riusciranno a battere i sindaci del "Sì". Si spera che siano brave persone, come è accaduto a Livorno, a Carrara, a Pistoia, ma essere brave persone in politica non basta. 
Per coloro che si interessano più profondamente alla politica fiorentina e toscana, suggerisco di ascoltare almeno i primi 90 minuti della cronaca audio dell'intera assemblea, che è disponibile su Facebook a questo link:
https://www.facebook.com/tommasograssi85/videos/10214064810080475/?fref=mentions&pnref=story.
Intorno al 64 minuto (1:04') c'è anche il mio breve saluto.
Noi crediamo in una alternativa toscana.
Noi ci siamo e ci saremo.
Coraggio.


domenica 12 novembre 2017

Emergenza democratica - Impegno contro la banda dei quattro




L'imposizione alla Repubblica della legge elettorale detta Rosatellum-Fascistellum crea una emergenza democratica.
Renzi, Berlusconi, Salvini e Alfano si sono costituiti come una vera banda dei quattro che mira al rafforzamento del proprio potere oligarchico.
I quattro e tutti coloro che con essi si alleano sono corresponsabili di una drammatica degenerazione della vita democratica della nostra povera Repubblica italiana.
Non sono più possibili candidature locali.
Non sono più possibili candidature indipendenti.
I ribelli, gli anticonformisti, i dissidenti all'interno di ciascun partito non sono più ammessi, perché senza il consenso del capo non c'è candidatura.
I tempi e le modalità di presentazione delle candidature e delle liste sono tali da consentire solo a ristrette cabine di regia nazionali di partecipare alle elezioni.
Ovviamente le coalizioni sono finte e meramente elettorali, ma questa non è una novità.
La banda dei quattro non vuole alcuna competizione.
Nessuno dei quattro si preoccupa nemmeno più se arriverà primo o secondo, o terzo, o ultimo.
Essi si sono solo organizzati per rientrare nel prossimo parlamento italiano con una squadra di fedelissimi servitori politici, che dovranno solo a loro la propria elezione o rielezione.
Si perfeziona progressivamente la rovina già iniziata con il Porcellum e con l'Italicum. Non c'è più la possibilità per i cittadini di scegliere nulla: né un rappresentante locale, né una lista politica, né un candidato premier.
Di fronte a questa emergenza democratica è necessario che tutti seguiamo e appoggiamo i ricorsi urgenti che i Comitati per la democrazia costituzionale stanno portando avanti.
Ma non basta.
Tutte le forze che hanno combattuto il Rosatellum e che condividono gli ideali democratici che ci hanno unito nel NO alla repubblica centralista e autoritaria lo scorso 4 dicembre 2016 devono riflettere seriamente sulla possibilità di partecipare alle elezioni con forme di desistenza e di collegamento tecnico.
I Cinque Stelle, le forze della sinistra, l'area del Brancaccio, eventuali residuali gruppi di centro e di destra che si sono sottratti alla dittatura della trimurti Berlusconi-Salvini-Meloni, le liste civiche, le forze territoriali (queste ultime le più colpite dal Rosatellum-Fascistellum), devono seriamente porsi il problema di partecipare alle elezioni aiutandosi e collegandosi, nonostante tutte le loro diversità e le loro idiosincrasie, con la coscienza che le prossime elezioni politiche del 2018 sono un altro referendum.
Da una parte oligarchie soddisfatte e autoreferenziali, dall'altra una popolazione in larga maggioranza stanca e sfiduciata, che infatti, in maggioranza, rinuncia persino all'esercizio del voto.
La situazione è così grave che ci coglie drammaticamente impreparati.
Svegliamoci.
Non tutto è ancora perduto.

sabato 4 novembre 2017

La legge elettorale salva-oligarchi





Il presidente Mattarella ha promulgato ieri la nuova legge elettorale, nota come Rosatellum, ma anche come Fascistellum, Renzianellum, Tavernellum.

Si è così introdotto un sistema che rafforza ancora di più una oligarchia.
Funzionerà più o meno così.
Intanto la presentazione delle liste sarà semplice solo per le forze nazionali e verticali, già rappresentate nell'attuale parlamento dei nominati.
Nei collegi uninominali, poi, le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra potranno calare dall'alto candidati concordati fra i capi dei partiti maggiori, con qualche contentino per i capi dei partiti minori.
Il popolo di ciascun collegio uninominale, si dirà, potrò sempre respingere questi candidati imposti dall'alto e bocciarli... Sbagliato! Siccome quegli stessi paracadutati saranno anche presenti nelle liste bloccate della parte proporzionale, quelli più raccomandati ce li ritroveremo eletti lo stesso.
Al singolo elettore è lasciato solo un voto secco, uno solo per il senato e uno solo per la camera. Il voto disgiunto, che è possibile ovunque nel mondo ci siano sistemi misti in parte uninominali e in parte proporzionali, non è possibile.
Non ci sono tempi e modalità tecniche per rendere possibili le primarie, che ovviamente ai capi nazionali di queste coalizioni non interessavano affatto.
Non ci sono spazi per candidature indipendenti.
I ribelli e i dissidenti all'interno di partiti e coalizioni, saranno più facilmente esclusi.
Alle forze e alle liste locali è precluso l'accesso alla camera ed è reso drammaticamente più difficile l'accesso al senato.
Il nuovo sistema, in pratica, consentirà a pochissimi capi di decidere praticamente da soli i membri del futuro parlamento.
Nulla inoltre garantisce che le coalizioni non si sciolgano il giorno dopo le elezioni.
Il che significa che le forze più opportuniste, guidate da Renzi, Berlusconi, Alfano, con la complicità di Salvini e Meloni, ma anche di Pisapia e Boldrini, potranno:
- rientrare in parlamento anche se le loro liste dovessero andare male;
- governare in alleanza trasformiste anche se le loro temporanee coalizioni elettorali venissero sconfitte;
- rintuzzare ogni possibile novità politica che dovesse provenire dal basso.
Di fronte a questi meccanismi salva-oligarchia all'elettore insoddisfatto e ribelle non resta che un voto massiccio per le liste fuori da questo sistema: i Cinque Stelle, la Alleanza di sinistra, una possibile rete di forze autonomiste e locali.
Solo una partecipazione elettorale massiccia e un voto anti-sistema può far saltare questa degenerazione della repubblica italiana.
Ci stanno preparando un plebiscito, che ovviamente contano di vincere illudendoci che abbiamo la possibilità di scegliere fra Renzi e Salvini, fra Berlusconi e Pisapia.
Sapete cosa pensiamo?
Diamoglielo questo plebiscito, ma facciamo saltare il banco, votando in massa e votando solo per liste che siano fuori dal recinto dell'oligarchia.

 



sabato 28 ottobre 2017

La mite resistenza catalana


Diventare meno dipendenti è un cammino lungo e faticoso, incerto e rischioso.
Gli ultimi dieci anni di storia catalana ne sono solo una ulteriore conferma.
Si era arrivati a un risultato che avrebbe potuto essere duraturo, lo statuto di autonomia concordato del 2006 fra la Catalogna e il Regno di Spagna, ma poi il partito neofranchista di Mariano Rajoy ha iniziato a coltivare un tipico progetto di imprenditoria politica dell'odio: bloccare ogni sviluppo dell'autonomia, provocare continuamente le forze politiche e sociali della Catalogna; alimentare una retorica razzista contro i "ricchi e avidi" catalani; deriderli quando esercitano il loro diritto di non parlare in castigliano, o quando non lo parlano correttamente; solleticare in alcuni ceti sociali di recente immigrazione in Catalogna, che ancora usano lo spagnolo come lingua media, un odio sociale contro la lingua e la cultura della terra che li ha accolti.
I Catalani sono diventati per un governo reazionario e brutale un comodo capro espiatorio per distrarre i popoli di Spagna da tutto ciò che non funziona, oltre che dalle conseguenze della grande crisi del 2008.
Perché, di fronte a questo grande odio, i Catalani sono rimasti così miti, così civici e civili?
Perché la maggior parte di loro, essendo cittadini di una parte più aperta e progredita del mondo, sanno che il mondo sta andando da tutt'altra parte, una parte che corriponde alle loro più profonde attese.
Per questo possono permettersi di essere pazienti, mentre il governo Rajoy si avvia verso il tramonto.
Sempre più persone, dappertutto, non solo e non tanto per mantenere la propria diversità vernacolare - cosa peraltro sacrosanta - ma per avere più controllo sulla propria vita, per partecipare più attivamente nella propria società, per sentirsi maggiormente sovrane nel proprio territorio, vogliono semplicemente e inesorabilmente maggior autogoverno.
Il decentralismo è e sarà sempre di più il tema dei nostri tempi. 
Lo scontro fra un potere statale miope e reazionario, quello di Madrid, e una cittadinanza aperta al mondo che sente e respira la tendenza globale al decentralismo, quella della Catalogna, non potrà che risolversi in favore della seconda.
Stiamo assistendo a una grande insurrezione popolare nonviolenta, che come tutte le rivoluzioni gandhiane, alla fine, mostrerà la sua veraforza. 
Intanto noi, da subito, facciamo quello che possiamo per sostenere la nuova repubblica europea di Catalogna, proclamata appena ieri.
Non illudiamoci che sarà facile, né breve, ma non dubitiamo della reale forza sociale che sta agendo: la tendenza universale al rafforzamento dell'autogoverno per tutti e dappertutto.
In queste ore complicate, vogliamo onorare una persona che ci pare incarni al meglio i sentimenti della stragrande maggioranza dei catalani e anzi di tutte le persone che amano la libertà propria e altrui.
E' la deputata catalana Angels Martinez Castells, una vecchia professoressa, eletta dall'area di Podem (non indipendentista, ma attaccata a principi di democrazia deliberativa al più basso livello possibile). Questo il suo ultimo splendido cinguettìo:

La professoressa Castells la avevamo già notata. Qualcuno di voi la ricorderà quando in un altro giorno cruciale, quello della convocazione del referendum di autodeterminazione della Catalogna, si era fatta notare per questo atto piccolo ma significativo:

*
 

Angells Castells è l'emblema dello spirito libero e repubblicano dei Catalani, la cui mitezza, il cui senso di realismo, la cui scelta di gradualità e disponibilità al dialogo, non deve essere scambiata per debolezza.
Per concludere, esprimiamo il nostro forte incoraggiamento al presidente Carles Puigdemont, che ancora oggi ha voluto parlare con pacatezza di una ferma opposizione democratica alle ingiustizie provenienti da Madrid.
Il mondo, caro dottor Puigdemont, la riconoscerà presto come primo presidente della nuova repubblica catalana, oltre che come 130° presidente dell'antica Generalitat (una istituzione che è più vecchia dell'attuale Regno di Spagna e che per l'appunto gli sopravviverà).
Gli stati centrali e centralisti sono giunti al termine della loro corsa.
Le forme di autogoverno locale, sono espressione diretta della nostra umanità e lo saranno sempre di più.
Viva la nuova repubblica di Catalogna, libera e sovrana.






domenica 22 ottobre 2017

Fermiamo il Tavernellum



Questa XVII legislatura, dopo decine e decine di leggi assurde, scritte male, con tanti bei titoli propagandistici ma con articolati sbagliati o addirittura inapplicabili, qualcuno la vorrebbe chiudere con una riforma elettorale.
Sì, un'altra.
E' nota come Rosatellum, ma noi abbiamo preferito seguire chi la ha chiamata Tavernellum.
Sì, una legge scritta da persone ubriache di potere.
Chi scrive su questo blog ha partecipato ai presidi unitari di Firenze e di Prato, promossi dalle forze dell'opposizione e dai comitati per la difesa e l'attuazione della Costituzione.
Ora il Rosatellum è al senato.
Gli aspiranti padroni della Repubblica - Renzi, Berlusconi, Salvini e Alfano - intendono farla passare in tutta fretta, a colpi di voti di fiducia, prima delle elezioni siciliane.
Cosa prevede questo Tavernellum?
L'elettore potrà dare un solo voto sulla scheda per la camera e un altro solo voto sulla scheda per il senato.
Se voterà per il suo partito, automaticamente il suo voto sarà attribuito alla relativa lista bloccata e al candidato uninominale collegato.
Se preferirà votare per un candidato uninominale, senza votare per uno dei partiti collegati, il suo voto sarà comunque attribuito in percentuale ai partiti che non ha votato.
Si rendono insormontabili i quorum per i candidati locali.
Si impediscono le candidature indipendenti.
Si rende impossibile l'elezione di candidati disobbedienti al capo del loro partito.
Come e anzi peggio del Porcellum e dell'Italicum.
Un cittadino crede di votare per una persona e lorsignori, con le multicandidature e le liste bloccate, ne nominano un'altra.
Era difficile pensare a qualcosa di maggiormente lontano dai principi europei e più sfacciatamente contrario alle ripetute sentenze della nostra corte costituzionale.
Eppure, con arrogante improntitudine, a questo siamo.

Restiamo appesi al senato, soprattutto alle inquietudini di quelle decine di senatori che, per età e condizione politica, sono ormai all'ultima corsa.
Dalle persone giunte alla fine della loro carriera pubblica, è lecito aspettarsi un atto nobile.
Per quanto siamo stati delusi in passato, vogliamo ancora una volta sperare.Correggete questa schifezza.
Dateci almeno il voto disgiunto.
Consentite almeno a liste indipendenti e locali di raggiungere il quorum nel loro territorio.
Ci appelliamo agli anziani della Repubblica.
Salvatela, è l'unica che abbiamo.

venerdì 13 ottobre 2017

No Bolkenstein ma come?

Siamo andati a frugare negli archivi per recuperare alcune considerazioni del 2017, crediamo di qualche valore, che gli autonomisti toscani di allora avevano maturato nel confronto con Emiliano Favilla (nella foto), uno dei leader toscani del Comitato No Bolkestein (il CLT non si era ancora autodistrutto e non era ancora nata la nostra promettente rete OraToscana). Sette anni dopo il malgoverno centralista ha pressoché impedito avanzamenti concreti, con la sola eccezione di qualche amministrazione comunale che ha, a proprio rischio e pericolo, autorizzato delle proroghe oppure cominciato a indire gare "a misura di piccola impresa", per esempio San Vincenzo in Toscana. Di certo, ancora una volta, aspettarsi che il governo centrale possa avere una soluzione unica per tanti territori e situazioni diverse, è assolutamente fallace (Ndr, 8 maggio 2024).


 

Rimini, venerdì 13 ottobre 2017

Siamo toscani, in Toscana, in cui concessioni e stabilimenti balneari più antichi furono concesse con la promessa “ci potete stare indefinitamente se rispettate le regole”, promessa che consentiva anche di fare investimenti a lungo termine. Questo accadde in Versilia e in altri punti della costa nord della Toscana, mentre sappiamo che in altre località la situazione è diversa.

Non si possono regolare con lo stesso tipo di concessioni casi molto differenti tra di loro, come uno stabilimento in cui nei decenni sono state investite somme notevoli, o il piccolo chiosco posto a presidio di una spiaggia non attrezzata.

Occorre tener conto delle costruzioni su terreno demaniale, che sono proprietà privata a tutti gli effetti, dotate di regolare licenza edilizia e regolarmente tassate. Stessa cosa vale per molte altre cose costruite nel tempo dai gestori in alcune zone, come piscine e altre comodità.

Per contro, va ricordato anche che per molti anni i titolari di queste concessioni sono stati inamovibili se non per rinuncia spontanea, anche se non rispettavano le regole.

Non si possono neanche considerare allo stesso modo imprese che danno rendite molto diverse nel raggio di pochi chilometri, come accade per esempio in Versilia fra Forte dei Marmi e Lido di Camaiore.

Tutti questi aspetti non sono presi in considerazione.

La trattativa dovrebbe valutare la situazione attuale in tutti gli aspetti, con le differenze elencate, l’analisi delle situazioni di eccesso di privilegio, il rispetto di tutte le regole.

Lo stato italiano si sta rimangiando (con una cattiva attuazione di una direttiva europea, la famigerata Bolkestein) una promessa di gestione a tempo indeterminato, senza una gradualità temporale, senza assicurare di riconoscere gli investimenti in essere.

Molte famiglie, basandosi su queste promesse, hanno compiuto nel tempo delle scelte di vita, si sono legate alla loro attività nel bene e nel male. Meritano maggior attenzione.

D’altro canto, i balneari, pur con le loro differenti situazioni, per dimostrarsi pronti al dialogo, devono a loro volta garantire innanzi tutto il ripristino del rispetto delle leggi. Cosa attualmente non sempre scontata, considerato che ci sono discussioni sulla congruità dei canoni, sulla loro regolarità fiscale, sulle garanzie di sicurezza per i bagnanti, sugli accessi al mare e su altri aspetti.

Come autonomisti prendiamo atto delle richieste dei balneari e dichiariamo che:

– molte delle richieste dei balneari ci paiono serie, motivate e chi le porta avanti con disponibilità al dialogo è in armonia con la nostra mentalità, che valuta ogni problema innanzitutto con approccio pratico e reale volontà di soluzione;

– i privilegi non ci piacciono, ma occorre una maggiore gradualità nello smantellarli;

– se si va incontro agli attuali gestori di attività, questi devono a loro volta concedere qualcosa, in termini di vantaggi per il territorio, per i loro lavoratori, per i cittadini, per i turisti;

– in alcune zone della Toscana la conduzione familiare ed il rapporto degli abitanti con gli stabilimenti balneari è diretto e dura da oltre un secolo; fa parte quindi di un tessuto sociale e tradizionale che consideriamo tipico toscano, a cui vogliamo dare ascolto e rispetto; non vogliamo che le conduzioni familiari siano soppiantate da grandi appalti aziendali;

– nel rinnovo delle concessioni, è necessario distinguere tra imprese virtuose e non.

In particolare, restano principi generali inderogabili:
- la tutela del territorio e dell’ambiente
- la salute e il benessere delle persone, specie anziani, disabili, minori
- l’equo trattamento contrattuale ed economico dei lavoratori locali stagionali

Non possiamo non rilevare, per quanto riguarda questo ultimo aspetto, un sensibile peggioramento – maturato negli ultimi anni – delle condizioni di lavoro e delle loro retribuzioni, che non appare collegato con l’andamento dei ricavi dei gestori.

Su queste basi e con i nostri principi, ci sentiamo di appoggiare le rivendicazioni del Comitato No Bolkestein, nel settore dei balneari, ma anche a tutela dei piccoli ambulanti e di altre realtà di imprenditoria personale e familiare.

Vogliamo che ci siano  senso pratico nell’approccio ai problemi, buonsenso nel dialogare, compromessi ragionevoli per tutti e nell’interesse della Toscana, del suo ambiente, delle sue tradizioni, di tutti i suoi abitanti e visitatori.

* * * 


domenica 1 ottobre 2017

Autogoverno per tutti, non per pochi





La domenica del primo ottobre 2017 è una grande giornata di rivolta popolare nonviolenta in Catalogna. E' anche la conferma che la storia umana ha intrapreso una strada che potrebbe rivelarsi fonte di grande speranza per le generazioni future.
Noi stiamo vivendo nel pieno di un movimento decentralista globale, contro le prepotenze e i soprusi, ma più ancora contro ogni concentrazione di ricchezze e di potere.
Ogni persona umana che nella globalizzazione abbia raggiunto un minimo livello di nutrizione e salute, istruzione e competenza, informazione e connessione, non si rassegna a essere un anonimo e insignificante mattone alla base delle grandi piramidi delle modernità (stati, ma anche grandi imprese e altre grandi organizzazioni).
E perché dovrebbe?
Le ambizioni della persona umana contemporanea finiscono per trasformarsi anche in una richiesta urgente e pressante di maggior controllo anche sul proprio territorio.
Una parte sempre crescente dell'umanità vorrebbe appartenere a comunità più a misura d'uomo, dove l'individuo possa fare la differenza, trovare una realizzazione e una identità, ma anche un sostegno e una solidarietà.
In ciascuna periferia del mondo si ricostruiscono reti di vicinato, che condividono una economia locale, un riscatto sociale, una piattaforma politica, una cultura vernacolare. Queste reti, prima o poi, diventano comunità politiche che finiscono per chiedere l'autogoverno.
L'individuo non vuole più essere un "governato", ma sentirsi un sovrano che si autogoverna, potendo controllare direttamente, attraverso i suoi cinque sensi e il contatto personale, il governante da lui eletto.
Questo, in paesi troppo vasti, è semplicemente impossibile.
Di fronte a questa nuova realtà, tutto ciò che il conformismo dominante ci ha raccontato sui pericoli dell'indipendentismo e del nazionalismo, va totalmente messo in disccusione.

Certo che certi nazionalismi sono un pericolo, basti pensare a quello spagnolo, o francese, o inglese, o americano, o russo, o cinese, o pakistano, o hindi, o indonesiano, o iraniano, o nigeriano. In tutto il mondo si diffonde la coscienza sempre più chiara di quanto siano pericolosi i nazionalismi centralisti e autoritari, colonialisti e militaristi. Da questi nazionalismi i territori di periferia vogliono liberarsi e riusciranno, in un modo o nell'altro, a farlo.

Certo che ci sono movimenti reazionari e razzisti, nelle periferie della società contemporanea, ma essi sono il prodotto diretto dell'oppressione dei regimi centralisti. Ovunque, però, sono presenti attivisti che stanno portando avanti le ragioni dei propri territori con metodi inclusivi e nonviolenti. Saranno loro a vincere.

Certo che ci sono interessi economici, in alcune periferie più ricche e più avanzate, a lungo depauperate dai loro stati centrali. Perché la loro richiesta di trattenere sul posto le proprie risorse dovrebbe essere condannata? I regimi centralisti spogliano le regioni più prospere, magari nascondendosi dietro principi di solidarietà che sono traditi prima di tutto dalle loro stesse caste dominanti, come sanno bene gli abitanti delle periferie più povere e arretrate, a cui vengono redistribuite solo briciole. Infatti anche le regioni più marginali organizzano propri movimenti di resistenza anticentralista e anticolonialista, tanto e forse persino di più delle periferie più fortunate.

Certo che tutti ci sentiamo sempre più cittadini del mondo: "nostra patria è il mondo intero" dice l'inno anarchico scritto dal migrante di origine toscana Pietro Gori, ma questa esperienza non può essere riservata solo a pochi privilegiati che possono permettersi di vivere e lavorare in uno qualsiasi dei grandi centri del potere mondiale. Per consentire a ogni persona umana di sentirsi davvero libera (anche di cambiare vita e paese), occorre prima di tutto che essa possa essere cittadina sovrana della sua terra.


Ogni internazionalismo, se disconnesso da una seria visione anticentralista, anticolonialista, antimilitarista, finisce per essere solo un vago moralismo al servizio del mantenimento delle attuali ingiustizie politiche e sociali.
La strada maestra per assicurare libertà ed eguaglianza di opportunità alle persone umane passa attraverso l'instaurazione di una libertà e pari dignità fra le comunità comunità territoriali in cui esse vivono. Non c'è nulla di facile, in questo cammino, ma è la direzione in cui il mondo sta andando: un maggior numero di repubbliche indipendenti; federazioni che diventano confederazioni; province autonome che diventano stati; responsabilità che vengono devolute dal centro alle periferie.

Autonomia, federalismo, confederalismo, indipendentismo sono parole che vengono usate spesso strumentalmente - specie nel dibattito pubblico in lingua italiana - fino a svuotarle di significato (talvolta rendendole impronunciabili), ma l'autogoverno è un diritto e un dovere umano universale e nessuno si illuda di poterne contrastare l'avanzata, in nome dei propri pregiudizi o, peggio, dei propri privilegi negli attuali rapporti di forza sociale e politica.
Le attuali concentrazioni di ricchezza e di potere sono incompatibili con i bisogni della persona umana del XXI secolo e nessuno degli attuali pregiudizi pro-centralismo potrà conservarle ancora a lungo.
 

Mauro Vaiani Ph.D.



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Chi scrive ha avuto il privilegio di conoscere e partecipare a movimenti e realtà autonomiste sin da ragazzo. Da adulto ha avuto l'opportunità di dedicare all'autogoverno delle comunità umane gli anni del dottorato di ricerca. Per approfondire, si consulti la sintesi dello studio Disintegration as Hope





domenica 24 settembre 2017

NO al Tavernellum


Nella foto Fiano e Rosati - fonte Il Fatto quotidiano


Nel parlamento italiano gli esponenti PD Emanuele Fiano ed Ettore Rosati hanno presentato l'ennesima proposta di riforma elettorale, chiamata dai giornalisti "Rosatellum 2". Si tratta di una nuova diabolica miscela dei peggiori difetti dell'ormai perduto Mattarellum, più alcuni del Porcellum, più qualcosa persino dell'Italicum. Marco Taradash, nella sua rassegna stampa di ieri (sabato 23 settembre 2017, su Radio Radicale), lo ha chiamato giustamente "Tavernellum", con riferimento ironico a una ben nota marca di vino economico.
Ai protagonisti di questo ennesimo pasticcio, che consentirebbe ancora una volta a pochi capi politici di nominarsi l'intero parlamento - tagliando fuori ogni lista ribelle, forza civica, lista locale, esponente indipendente - diciamo con un sorriso: posate il fiasco.
E' stato molto difficile convivere con la triste realtà che le forze politiche principali abbiano discusso per anni di materia elettorale senza princìpi, senza convinzioni, senza la minima volontà di rispettare la Costituzione e di consentire ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti locali.
Ora non sopporteremo più.
Il vostro tempo è scaduto!
Ai parlamentari della XVII legislatura, che si sono regolarmente dimostrati legislatori cialtroneschi, rivolgiamo un invito fermo: togliete le vostre manacce dalle leggi elettorali.

mercoledì 20 settembre 2017

La Catalogna rompe le catene


Oggi, mercoledì 20 settembre 2017, è stata una giornata difficile in Catalogna, ma forse decisiva per svegliare le coscienze, in vista del referendum del 1 ottobre.Il governo spagnolo ha voluto perquisizioni intimidatorie e arresti.
In tutta risposta il popolo catalano è sceso in strada.
In Catalogna, una rivoluzione popolare, nonviolenta, democratica sta rompendo le catene di Madrid.
Non è una rottura improvvisa.
Come qualcuno che segue le nostre ricerche su "Disintegration as Hope" sa, non guardiamo tanto alle tradizioni e alle identità dell'epoca pre-industriale, che sono importanti, ma spiegano ben poco del presente.
Siamo più interessati alla rottura delle catene autoritarie e centraliste che avviene nella modernità, grazie all'azione di cittadini sempre più connessi, socialmente attivi, politicamente coscienti.
Dopo decenni di oppressione, dopo lunghi anni di "compromesso costituzionale", dopo dieci anni di insulti e soprusi continui da parte del governo centrale neofranchista dei cosiddetti "popolari" spagnoli, la Catalogna si è ribellata.
Una forte maggioranza politica indipendentista ha rotto la legalità costituzionale e sta cercando di imporre una nuova legalità repubblicana catalana.
Adesso tocca al popolo catalano esprimersi, votando con le schede del referendum del 1 ottobre 2017, con i piedi dei manifestanti, con i sacrifici dei lavoratori e degli studenti che scioperano, con il canto dell'inno nazionale "Els Segadors" intonato a ogni angolo delle strade.
Occorre una mobilitazione popolare vastissima, largamente maggioritaria, per vincere una battaglia nonviolenta.
Sinceramente ci auguriamo questa rivoluzione abbia successo e che l'Europa abbia presto una nuova repubblica in più.
Invitiamo coloro che volessero approfondire a leggere questa sintesi semplice ma completa, scritta dall'amico e compagno Joan Vila de Gràcia (@JRVdGracia su Twitter), un attivista e uno studioso catalano che parla e scrive anche in italiano, che potete leggere qui su Prometeoblog.
Viva la Catalogna.
Visca Catalunya lliure.

Una bandiera catalana a Firenze, pronta
per le manifestazioni di solidarietà



sabato 16 settembre 2017

Resistenza popolare catalana



Con metodi franchisti hanno sequestrato 100.000 manifesti per il Sì all'autodeterminazione catalana. Il popolo repubblicano catalano sta rispondendo stampandosi in casa milioni di volantini in formato A4.

Viva la resistenza popolare catalana. Viva la nuova repubblica di Catalogna che nascerà il 1 ottobre 2017.

Leggi di più.


lunedì 11 settembre 2017

In Catalogna la Diada del Sì


Omaggio alla Catalogna, che oggi è scesa in piazza per la tradizionale Diada, quest'anno ovviamente dedicata al Sì al referendum per l'autodeterminazione.

Fonte: http://www.naciodigital.cat/


Per chi vuole approfondire perché la causa catalana è importante per tutti i decentralisti del mondo, a cominciare da noi Toscani, Italiani, Europei, invitiamo alla lettura e alla diffusione delle posizioni dei diversi movimenti autonomisti italiani.

Per chi conosce l'inglese e vuole approfondire le ragioni di diritto internazionale che legittimano la richiesta catalana di indipendenza, consigliamo la lettura di questo ottimo articolo di Vicent Partal (https://twitter.com/VilaWeb_EN), pubblicato qui: https://www.counterpunch.org/2017/09/08/five-things-to-remember-about-catalonia/.


Visca Catalunya!

domenica 27 agosto 2017

No oblidem


(Fonte: El Mundo)

La manifestazione di ieri a Barcellona, in ricordo delle vittime del terrorismo islamista, per la pace, contro ogni razzismo, contro ogni fascismo, è stata un momento solenne, un grande rito civile popolare, indimenticabile per chi era presente e anche per noi che lo abbiamo seguito da lontano.
A nostro parere, uno degli striscioni più importanti e significativi era quello che riportava una accusa netta: Filippo VI e il governo spagnolo complici del commercio d'armi (Felip VI i govern espanyol còmplices del comerç d'armes #NoTeniuVergonya). Lo riportiamo nella foto sopra.
Qua e là notiamo commenti infastiditi dal fatto che nella manifestazione siano esplosi i sentimenti repubblicani e indipendentisti della grande maggioranza del popolo catalano. Il re Filippo VI e il primo ministro spagnolo Rajoy sono stati fischiati e si è sentito anche il grido liberatorio: fora el Borbò (fuori il Borbone).

D'altra parte i legami dell'establishment monarchico, politico e militare spagnolo con le petromonarchie militariste e con il terrore e le guerre che esse finanziano, non possono più essere tenuti sottotraccia e suscitano un moto spontaneo di rivolta popolare che, speriamo, si diffonda per tutta la Spagna (e raggiunga anche l'Italia, la Francia, l'Inghilterra, in cui pure questi sporchi legami esistono).
Come abbiamo già avuto modo di scrivere su questo blog e su Twitter, la verità che sta davanti agli occhi di tutti, che i media conformisti non riescono più a tenere nascosta, è che i grandi stati del mondo non lottano contro il terrore, lo creano.
No oblidem (non dimenticheremo, in catalano).
Lotteremo contro la violenza scatenata nel mondo dai grandi stati.
I movimenti decentralisti di tutto il mondo, di cui gli indipendentisti catalani sono la punta di diamante, sono ancora guardati con sufficienza e diffidenza da troppi, anche negli ambienti che pure si autodefiniscono più aperti e progressivi. Eppure essi non sono dei folli sognatori, non sono dei pazzi retrogradi, non sono degli anti-europeisti, non sono dei nazionalisti sangue e solo.
Essi incarnano, al contrario, l'unica strada praticabile e ragionevole per dare alla globalizzazione un volto più umano, attraverso la moltiplicazione di piccoli stati democratici e inclusivi, a misura d'uomo appunto.

Noi preghiamo e lottiamo perché il prossimo 1 ottobre la Catalonia possa votare e sancire in modo indiscutibili una scelta repubblicana di autogoverno.
Sarà un passo avanti per il popolo catalano, per tutti i popoli e i territori d'Europa, per tutto il mondo.


sabato 19 agosto 2017

Decentralists of the world unite!


We honor Barcelona and Catalonia for the moral clarity, civic duty, social cohesion, political moderation they demonstrated in their worst time.
#NoTincPor - I am not afraid - was their local response to global terror.Sadly, terror in Catalonia has been ridden by the global mainstream media as an occasion to advocate for further concentration of power, centralism, militarism, imperialism, neocolonialism, war on "Islamic terror" - by which in fact they mean more military action and neocolonialist intrusion in Islamic countries and beyond.
To cope with terror spread by the "radical losers", following the lesson of Hans Magnus Enzensberger, we need exactly the opposite: strong local democracies with real powers to include and protect their citizens, localized welfare, bottom-up social change, local patrolling, independent judiciary.
A radicalized generation is living with us and many of them will hardly be recovered to a sense of humanity, but a network of human-scale, fair, inclusive communities can, if not heal their deviation, at least put them under control.
A network of self-governing communities can be much more resilient in the globalized world, and not only this.
Catalonia, Scotland, Corsica, Sardinia, Tuscany - along with Vermont and many others - can be crucial actors in the effort to put an end to serial Western-led "regime changes", "exportations of democracy", barbaric proxy wars (as the one unleashed by Barbaria Saudita in Yemen), and other neo-colonialist American, British, French disastrous interventions in the world.
It is up to us, to stop centralism, militarism, imperialism, which are deeply intertwined with the spread of global terror.
Not "war on terror", but decentralism is the antidote to war and terror.
Decentralists of the world unite!




mercoledì 16 agosto 2017

Progetti contro servizi


In questo giorno di San Rocco 2017, era inevitabile una riflessione sociale, ispirata da questa bella figura di santo francescano consolatore dei poveri e taumaturgo degli appestati.

Urgenze ambientali e questioni sociali sono passate davanti ai miei occhi. So che, con tutti i miei limiti, qualcosa vorrò e potrò fare dopo le vacanze, insieme ai miei amici e compagni autonomisti.

Ascoltando distrattamente un po' di Radio Radicale mi sono imbattuto in due testimonianze, quelle di Piero Fassino e di Maria Elena Boschi. Entrambe mi sono sembrate emblematiche di una distanza crescente che questi politici mi sembra abbiano dai problemi ambientali e sociali dei territori italiani.


Mi hanno spinto, una volta di più, a riflettere sullo stallo del PD di oggi. Non è colpa dei renziani. Non è un problema di persone. Il più grande, il più potente partito d'Italia è prigioniero di un paradosso che si stava già formando negli ultimi anni della partitocrazia, di cui in fondo è l'erede più diretto.

Potrei definirlo una sorta di innamoramento per i progetti, che purtroppo è strettamente collegato con la crescente indifferenza per i servizi.

In tutti i campi, a tutti i livelli, i Democratici si sono appassionati di progetti che hanno soprattutto un impatto mediatico, ma che inevitabilmente si rivolgono a pochi, se non a pochissimi. I renziani ci hanno aggiunto un pizzico di centralismo, di arroganza, di furbizia in più, ma il problema esisteva anche prima di loro. Esisteva già nelle vecchie giunte bianche e rosse più tradizionali e - apparentemente - maggiormente votate alla giustizia sociale.

Mentre i servizi universali declinano, i progetti particolari si moltiplicano.

Si fa bella mostra di voler fare qualcosa di molto innovativo e persino di molto generoso, ma poi lo si fa solo per alcuni: alcuni giovani, alcune donne, alcuni imprenditori, alcuni anziani, alcune aziende in crisi, alcune periferie, alcune scuole, alcuni malati, alcuni disagi sociali, alcune vittime, alcuni orfani.

Poi, sia chiaro, non è detto che agli annunci seguano i bandi, che ai bandi segua una corretta assegnazione, che agli (inevitabilmente) pochi destinatari arrivi effettivamente qualcosa. Questa è una altra e ulteriore questione, di coerenza, di efficacia, di efficienza di un governo. Intanto si sono fatti gli annunci, poi per gli effetti si vedrà... Tanto i media non riusciranno a seguire i progetti fino in fondo, specialmente i media ancora molto servili con il PD e in particolare con i renziani del PD.

Ma la cosa veramente grave, a mio parere, è che si tratta sempre di progetti particolari, mai di servizi veramente per tutti, pensati per emancipare tutti.

Francamente non so quanto possa ancora andare avanti questa paradossale dissonanza fra il PD e i pochi che riesce a beneficare da una parte e dall'altra tutto il resto del paese che vede declinare infrastrutture e servizi, scuole e periferie, garanzie e pensioni, case e mestieri.

Tutto fa pensare che un grande strappo sia inevitabile. E forse anche uno schianto in cui, inevitabilmente, a soffrire saranno gli ultimi.

Nella battaglia per porre fine al tempo dei progetti per pochi e per il ripristino di servizi pubblici veramente per tutti, con il massimo controllo possibile da parte dei diretti interessati, ci sarò.

Datemi una mano. E' importante.

Buon S.Rocco, buon resto d'agosto!



Boschi e Fassino in una foto ANSA

venerdì 4 agosto 2017

Posa Pinotti





Ci risiamo.
Evidentemente anche l'Italia ha un piccolo establishment militare-industriale, il cui più visibile esponente è la ministra Pinotti (la quale ci pare, per inciso, da sola, una delle principali ragioni della sconfitta del centrosinistra alle ultime elezioni comunali di Genova).
Questo grumo di interessi miopi ma potenti è andato in parlamento a dire che il governo Serraj aveva bisogno di un paio di navi per assistere la sua guardia costiera, guardandosi bene dal mostrare documenti, dati, piani, programmi.
Purtroppo il parlamento ha avallato questa ennesima missione internazionale neocolonialista, con l'appoggio non solo del PD e di Forza Italia, ma anche di MDP e di Campo Progressista (la sinistra del "Sì" non si smentisce mai).
In realtà non sono solo due navi.
In realtà non si sa cosa faranno.
In realtà le altre autorità libiche, anzi quasi tutte fuorché il governo Serraj (gracile travicello installato dall'ONU e dall'Italia) non vogliono questo intervento.
Siamo di fronte all'ennesima missione che, con un po' di fortuna, assorbirà un po' di denaro pubblico, che finirà in compensi speciali e commesse. Se poi la sfortuna ci mette lo zampino, chissà, si vedrà, tanto ci sono presto le elezioni...
La Pinotti, peraltro, ha già dimostrato di saper restare in sella anche se le perde regolarmente.


domenica 23 luglio 2017

Terre in moto contro il centralismo


Fonte della foto: Il Manifesto


Su Il Manifesto di oggi, domenica 23 luglio 2017, troviamo un ampio resoconto sulle attività di "Terre in moto - Marche". Ieri, sia pure nella modalità un po' autoreferenziale che tavolta caratterizza alcuni seguaci del compianto Marco Pannella, abbiamo potuto ascoltare su Radio Radicale altre denunce non molto diverse.
Ci si rivolta contro il neocentralismo che sta schiacciando il cuore terremotato d'Italia. Il centralismo degli "alti commissari" e della "Protezione Civile Nazionale" non può che essere ignorante delle necessità delle centinaia di paesini e delle migliaia di piccole aziende di quel territorio. Dall'arroganza di Palazzo Chigi ai tempi di Matteo Renzi è derivata una superfetazione legislativa che rende impossibile ogni azione locale e privata di auto-ricostruzione. Il governo si è fissato con i grandi appalti centralizzati (stile CONSIP) e i risultati li potete tutti immaginare.
Nessuna autorità centrale può ricostruire un territorio che le è sconosciuto e periferico. Quanto prima si comprenderà questo, smettendo di lesinare uomini, poteri e risorse ai comuni, tanto prima si uscirà dall'attuale drammatica paralisi.
I paesini colpiti dal terremoto del 2016 non sono il centro storico de L'Aquila, che prima o poi verrà ricostruito perché tutti intorno a esso ci sono ancora gli Aquilani che resistono alla paralisi dei poteri pubblici. Queste piccole comunità sono molto più fragili. Devono vedersi restituita autonomia e operatività al più presto, prima che si disperdano nell'ignavia del potere statale.
I temi dell'autogoverno sono, ancora una volta, al centro della resilienza comunitaria e lo sono ancora di più nei momenti drammatici, in cui tutto è stato distrutto.
Per inciso, è anche per dare concretezza a questi argomenti politici importanti che ho accettato di essere attivista e presidente di un tentativo di riorganizzare l'autonomismo toscano*, una necessità assoluta, nel tempo moderno, di restituire alle comunità locali il massimo controllo sul proprio territorio e sul proprio futuro.
 


sabato 8 luglio 2017

Adalet - Giustizia - Justice

Fonte: Mariano Giustino


La marcia nonviolenta per la giustizia si concluderà domani a Istambul, a D-o piacendo con la stessa veraforza che la ha caratterizzata sin dal suo inizio, il 15 giugno scorso, ad Ankara.

Il leader che la ha convocata, Kemal Kılıçdaroğlu, si è trasformato nel Gandhi dell'Anatolia. Né lui, né il CHP, il suo vecchio partito kemalista (vagamente socialdemocratico, in realtà impigrito e conservatore) usciranno uguali a come sono entrati in questa grande "marcia per la giustizia". La pavidità, se non l'ignavia, con cui pochi mesi fa il CHP votò insieme alla AKP la cancellazione dell'immunità per i deputati kurdi del movimento libertario e nonviolento HDP (la Lega Democratica dei Popoli), sembra definitivamente alle spalle.


Domani a Istambul ci sarà una manifestazione finale a cui parteciperanno tutti: le opposizioni politiche e sociali al dittatore Erdogan; coloro che non si sono rassegnati al suo plebiscito truffa; le minoranze religiose (Alevi e Cristiani in particolare); i sostenitori delle autonomie delle città e regioni storiche dell'Anatolia; i rappresentanti del Kurdistan; e tanti altri.

Ancora una volta, la mobilitazione sociale di una cittadinanza attiva costruisce un'alternativa, una speranza praticabile, anche nel bel mezzo di una grande truffa mediatica e politica come quella dell'ultimo Erdogan.

Un'altra conferma che la mia visione relativamente ottimistica sulla "disintegrazione come speranza", è confermata dalla straordinaria energia della persona umana interconnessa e attiva nel mondo di oggi.

Il relativo silenzio dei media internazionali si romperà presto, vedrete.

Nel frattempo non perdetevi il lavoro di Mariano Giustino, l'esemplare corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia.



domenica 2 luglio 2017

Tegame rosso


Ansa


Sulla manifestazione di "Insieme" di ieri in piazza SS. Apostoli a Roma, non mi sento così bonario come quelli che l'hanno chiamata "Melina rossa".
Concedo a Pier Luigi Bersani di avere accenti di sincero interesse per il popolo, pur difendendo la sua storia. Gli riconosco di averci provato a cambiare le cose in meglio per i piccoli e i deboli, non di esserci riuscito.
A Giuliano Pisapia, invece, non faccio sconti. Uno che è un giurista, che nel 1996 si fa eleggere deputato nelle liste di Rifondazione Comunista, che diventa presidente della commissione giustizia della Camera, che dal 2011 al 2016 fa il sindaco di Milano, non può glissare bellamente sull'aver sostenuto la disastrosa riforma Boschi-Renzi-Verdini.
Dopo aver messo in pericolo le autonomie sociali e territoriali della repubblica, dopo aver concorso a trasformare l'Italia in una specie di Turchia, se non ti metti almeno un po' di cenere sul capo e non partecipi a una qualche riflessione autocritica, cosa vuoi dai cittadini?
Cosa pretendi, in particolare, da noi cittadini democratici, che crediamo fortemente nell'autogoverno?
Non abbiamo bisogno di tegami, nemmeno di tegami rossi.
"Tegame" in toscano vuol dire uno che si rende disponibile per qualsiasi operazione... E siamo buoni a fermarci qui.
Abbiamo bisogno di programmi seri per restituire i territori ai cittadini sovrani, opportunità ai giovani, giustizia ai poveri.
Se la politica è davvero ridotta a un monopoli mediatico, per quanto è stato detto ieri in quella piazza romana, direi che potete andare tranquillamente a casa, senza passare dal via.

lunedì 26 giugno 2017

Banche comuni



Quindi anche queste banche venete, come praticamente tutte le altre prima, non potevano essere lasciate fallire.
Tralasciamo - ma non dimentichiamo - l'ipocrisia europea per cui queste banche erano abbastanza grandi per essere inserite nella c.d. "sorveglianza comune" della Eurozona, ma allo stesso troppo "popolari" per sottoporre una platea centinaia di migliaia di risparmiatori alla cura europea del c.d. "bail-in".
Accettiamo il principio che queste banche custodiscono un credito vitale per i loro territori, sono praticamente un bene pubblico, meritevole della protezione della fiscalità generale, come ogni altro bene comune.Bene, ma se siamo d'accordo su questo, non sarebbe il caso di essere coerenti e conseguenti?
Se queste banche sono beni comuni, perché a suo tempo furono privatizzate, impoverendo le comunità che ne erano originariamente proprietarie?
Se non hanno mai potuto essere vere aziende private, perché per tanti anni hanno distribuito stipendi e dividendi come se lo fossero?
Perché hanno privatizzato per anni premi e profitti e ora socializzano così tanti crediti incagliati e perdite d'esercizio?
Se erano organismi vitali alla sopravvivenza di una moderna economia di un territorio dell'Eurozona,  perché non abbiamo impedito loro di mescolare risparmio e speculazione?
Se oggi hanno bisogno di risorse pubbliche per salvarsi, come mai non le abbiamo semplicemente nazionalizzate?
Ci sarebbe costato di più dei 17 miliardi di garanzie di cui tutto il mondo parla?
Perché le regaliamo alla banca più grande del paese?Banca Intesa non è già sufficientemente grande?
Non è essa stessa un'altra "too big too fail"?
O si continua a credere alla storiella secondo la quale attraverso la concentrazione bancaria il sistema Italia diventerebbe più "efficiente"?
Man mano che ci saranno pensionamenti anticipati, non pagherà forse la fiscalità generale?
Se verranno chiusi degli sportelli e vendute proprietà, i risparmi e le risorse saranno forse usati per rimborsare la Repubblica, o per cosa?
Tutte queste domande troveranno mai una risposta chiara?

* * *

Per noi Toscani è particolarmente doloroso ricordare che un po' di ciò che oggi è Banca Popolare di Vicenza, un tempo erano le nostre Casse di Risparmio, con le loro belle sedi, il loro capitale umano, il loro patrimonio di conoscenze del territorio, le loro pratiche di investimento (e beneficenza) verso il territorio, persino le loro collezioni di opere d'arte!
Ricordiamo benissimo che la partitocrazia si era dimostrata troppo avida e non vogliamo certo tornare a quel passato.
Possiamo tuttavia sommessamente dire che forse la privatizzazione delle banche pubbliche locali italiane, voluta dalle elite liberali europee e mondiali, è stata solo una colossale sottrazione di beni comuni ai nostri territori?
Noi non dubitiamo che possano davvero esistere banche d'affari davvero private, libere di competere (ma anche di fallire) sul mercato globale, ma la maggior parte delle banche non sono e non possono essere questo.
Sono, al contrario, realtà al servizio di vaste comunità di utenti, di piccole imprese, di interi territori, che devono essere sorvegliate e monitorate costantemente, perché - molto semplicemente - non possono fallire.
Ma se non possono fallire non possono essere considerate imprese meramente private.Dovrebbero essere considerate e organizzate come delle società di pubblica utilità.
E come tali messe sotto uno stretto controllo da parte dei cittadini.
Quanto meno sotto un controllo un pochino penetrante di ciò che hanno dimostrato di essere capaci di fare sinora Banca d'Italia, BCE, commissari europei, ministri e autorità indipendenti, visti i risultati, con tutto il rispetto.Come riavere sul territorio delle banche di comunità, sotto stretto controllo pubblico, sottoposte a una vigilanza rigorosa, che tornino a essere istituzioni credibili e durature nel tempo?
Insieme ai miei compagni autonomisti ci stiamo riflettendo seriamente.
E abbiamo delle idee piuttosto radicali in proposito.
Restiamo in contatto.

lunedì 12 giugno 2017

Contro lo scrutinio notturno


Stamane alle sei la strisciata dei risultati delle elezioni amministrative in Toscana in 33 comuni presentava una caporetto del sistema dei seggi. Tanti scrutini nelle città più grosse, ma anche in alcune piccole comunità, risultavano impietosamente "in corso".
Praticamente, da quando è invalso l'uso di chiudere i seggi alle 23 e di andare a diritto con uno scrutinio notturno così tardivo, questi arenamenti notturni dei nostri seggi si stanno moltiplicando.
In caso di elezioni amministrative, con voti disgiunti e doppia preferenza di genere, i rischi di ritrovarsi uno scrutinio rallentato e contestato sono ancora più grandi.
Non aiuta neanche il fatto che siamo una popolazione che invecchia e che forse sopravvalutiamo le forze di tanti nostri presidenti, segretari e scrutatori, nel momento in cui si affrontano queste lunghe e delicate operazioni in piena notte.
Posso modestamente dire, anche per averci partecipato in prima persona, che lo scrutinio notturno è una follia?
Un ci s'ha più l'età per queste mattate!
I seggi italiani, con la loro composizione casuale e plurale, con i loro solidi regolamenti, sono un potente ed efficiente strumento di democrazia. La regolarità e la velocità dei nostri scrutini, nonostante si adottino spesso leggi elettorali barocche, ci viene invidiata in tutto il mondo.
E' lo scrutinio notturno che invece, mi pare, fa correre troppi rischi inutilmente.
Una cosa è cominciare a scrutinare alle 15, o alle 19, o anche alle 20, ben altra è farlo praticamente a mezzanotte, dopo una lunghissima giornata iniziata alle sei...
Va bene votare in una sola giornata sola, ma a sera mandiamo tutti a dormire e scrutiniamo il mattino dopo a mente fresca. Voi che ne dite?
Si potrebbe votare di venerdì, scrutinare di sabato e la domenica starsene in panciolle a leggere ed ascoltare commenti e approfondimenti.
Riflettiamoci.







venerdì 2 giugno 2017

Fanno la festa alla Repubblica



Il maxi-emendamento presentato da Emanuele Fiano alla legge elettorale è l'ennesimo tradimento.
Mentre tutte le forze politiche hanno espresso disponibilità ad adottare in Italia un modello tedesco, questi politici hanno presentato un testo che è ancora peggio del Porcellum e dell'Italicum.
I 309 collegi uninominali della Camera non saranno in realtà tali, ma mere vetrine per catturare voti per i candidati decisi dai segretari nazionali dei partiti.
Si tratta di una presa in giro colossale, un imbroglio politico ancora più grande di tanti altri che pure i "legislatori" renziani della XVII legislatura ci avevano già propinato.
Potremmo chiamarla un'altra "renzoiata", un neologismo che proponiamo volentieri, perché evoca insieme sia la rasoiata che la boiata. Due cose a cui il "giglio magico", con la complicità dei berlusconiani, dei verdiniani e di altre anime nere, ci hanno peraltro abituati.
Non dimentichiamoci quante leggi con un titolo bello e con contenuti orrendi sono state varate da questi "leader": la "buona scuola", lo "sblocca Italia", il "dopo di noi", i "reati ambientali", la "sicurezza stradale"... Dobbiamo continuare?
Liberiamoci da questa neolingua renziana.
Torniamo con i piedi per terra.
Ribadiamo i fondamentali di una civiltà democratica fondata su istituzioni solide.
Senza doppio voto disgiunto, senza sovranità degli elettori nel loro collegio, non c'è "sistema tedesco", non c'è un #Germanicum, ma solo un #Goticum mostruoso e incostituzionale.
Nei collegi deve esistere un voto diretto e personale, libero da ogni preoccupazione sulle liste e sui partiti.
Nella quota proporzionale ci deve essere, in aggiunta, un secondo voto dato per garantire una voce al pluralismo delle correnti culturali e politiche di un sistema grande e complesso come quello italiano.
Ci appelliamo a ogni singolo deputato e senatore in carica.
Almeno in questa ultima, estrema, drammatica ora, non traditeci.
Non facciamo "la festa" a questa repubblica (nel senso toscano del termine).
Non uccidiamo la residua speranza che ancora ci resta in una sua riforma dal basso, con la partecipazione di tutti.

domenica 28 maggio 2017

Un Pride a misura d'uomo


Ieri sono stato al Toscana Pride di Arezzo, ancora una volta con il gruppo Kairos, cristiani queer di Firenze.
E' stata una manifestazione bellissima, per la varietà e l'energia dei partecipanti, ma anche per l'incredibile accoglienza che ci hanno riservato i cittadini.
Complimenti sinceri agli organizzatori, in particolare al gruppo Chimera. Sappiamo quanto ci hanno creduto e quanto ci hanno lavorato.
E' stato un Pride a misura d'uomo, una marcia gioiosamente partecipata in una città ancora vissuta dai suoi cittadini.
L'anno scorso, quando una ampia rete di associazioni ha ripreso l'idea del Toscana Pride - che era rimasta incompiuta alcuni anni prima - e la ha rilanciata da Firenze, eravamo forse il triplo, ma abbiamo camminato nelle strade di un centro città ormai ridotto a contenitore di burocrazie e di punti d'appoggio per soli turisti facoltosi. Anche l'anno scorso fu un sabato pomeriggio, ma camminammo soli in una città senza lavoratori e con pochissimi cittadini.
Quest'anno ad Arezzo eravamo circa 10.000, ma abbiamo camminato praticamente sempre in mezzo alla gente.
Non dimentichiamo che Arezzo è un comune con meno di 100.000 abitanti, capoluogo di una provincia in gran parte rurale e scarsamente abitata.

Da notare che l'amministrazione comunale di Firenze, a differenza della Regione, di Livorno, di Sesto, di tante altre, ha voluto confermare anche quest'anno la sua distanza dal Toscana Pride.
Ci hanno pensato attivisti della democrazia e della parità dei diritti, come il nostro amico Marco Ferrari, o come il leader dell'opposizione in consiglio comunale, Tommaso Grassi, a fare una splendida "operazione supplenza" del gonfalone assente, come vi documentiamo in questa nostra foto.
Grazie ancora di cuore a tutte le persone che hanno fatto volontariato e che hanno partecipato al Toscana Pride 2017.




sabato 20 maggio 2017

Iran as a Global Hope





Among many flawed and rigged electoral processes in the world, this Iranian presidential polls embodied a little seed of hope.

We congratulate Hassan Rouhani, the incumbent president, who overwhelmingly won the majority of votes cast by Iranians on Friday, 19 May 2017, and was re-elected.

We now wait for many more good news: Iran must stick closely to the nuclear deal (JCPOA, Joint Comprehensive Plan of Action); it is time to grant a universal amnesty to all political prisoners; freedom of information must be extended; regime controls on many social, economic, political realities must be weakened; women rights must be boosted; greater local self-government and stronger social, public services are expected by all Iranian cities and regions; and many more reforms are needed.


This blogger always believed in a slow, gradual, pragmatic, nonviolent, progressive transition in Iran. Such a development is coherent with our findings on social mobilization in the globalized world.

It is time to hope and celebrate, tonight.

martedì 25 aprile 2017

Hayir - No




This blog dedicates this day, which is important in Italy as the Liberation Day, to commemorate the Turkish democratic resistance to the Turkish Hoax.
We will never recognize the late Turkish referendum on "executive Presidentialism".
We will never appease Erdogan and its regime.
We will ever support, instead, Turkish social and political opposition forces in their request of referendum repetition, in fairer conditions.
In particular after that all the political prisoners, representatives, journalists are eventually freed, and full press freedom has been established in Turkey.
This is a dramatic question, which requires moral clarity and resoluteness.
Let's hold it hard.

* * *

To deepen this dramatic topic, those who understand Italian can follow the great job of Mariano Giustino, correspondent of Radio Radicale from Istanbul.



venerdì 21 aprile 2017

EU is so rotten that even a Labourist can understand it



In the vigil of the French elections, which I believe will greatly shake the status quo, I suggest this reading to those who missed it:


The Sixth Way: Devolution by Dorette Corbey, published by Social Europe on 4 April 2017


Dorette Corbey is a politician from the Dutch Labour Party. Yes, exactly the party who went destroyed in the last Dutch political elections.


European Union is so rotten that even a Labourist can understand the necessity of profound Euroreform, and a new season of devolution.

Only the multiplication of strong local self-governing authorities - both newly independent republics as Scotland and Catalonia, and the multiplication of European autonomous regions and provinces - may bring democracy and socialism back to the people, keeping at bay chauvinism, preserving peace, justice, and free circulation in Europe.

The people need a say in the great challenge of overcoming the present sense of deprivation, the rising of inequalities, the fear of more neo-colonialist, imperialist wars.

Human-scale democracy, provided by the multiplication of free republics in Europe, scaling down EU and big states' concentration of power, may provide to the people new spaces of hope.
 
Let's go on, studying and working against what's wrong in Europe and beyond.

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