Alla vigilia della manifestazione #SvegliatItalia, per il tanto atteso riconoscimento delle unioni civili anche nella Repubblica italiana, ripubblichiamo qui i miei contributi a Gaymagazine dell'aprile 2010, dedicati alla sentenza 138/2010 della Corte costituzionale italiana, che in materia segnò, probabilmente, un punto di svolta (NdA, 22 gennaio 2016).
Un primo commento, all'uscita della notizia
Pisa, mercoledì 14 aprile 2010
Resa nota la sentenza della Corte Costituzionale italiana sulle
coppie gay
di Mauro Vaiani
E' stata resa nota la sentenza della Corte Costituzionale italiana
sui matrimoni gay, giunta poco fa, al termine dell'odierna camera di
consiglio. I ricorsi, di
cui su Gaymagazine abbiamo già ampiamente trattato,
puntavano a far dichiarare incostituzionali le norme che impediscono
a persone dello stesso sesso di unirsi in matrimonio. Le istanze sono
state respinte. Sembra che la Corte abbia ritenuto di dover lasciare
l'intera materia alla discrezionalità del Parlamento. Dovranno
essere i legislatori, quindi, a prendere decisioni sul matrimonio
civile o su eventuali nuovi istituti per le coppie gay. Era uno degli
esiti possibili della vicenda, forse il più probabile. La Corte
poteva prendere una decisione più drastica, a favore o contro, ma in
entrambi i casi sarebbe stata accusata di scendere in un campo forse
più politico che giuridico. In attesa di leggere e commentare più
approfonditamente il dispositivo della sentenza, riteniamo che per il
mondo delle coppie gay questa non sia né una vittoria, né una
sconfitta. E' una tappa di un processo, che sarà graduale, lungo e
certo non facile, verso la piena visibilità sociale. Molto dipende
anche da noi. Dobbiamo rendere le nostre coppie gay più
riconoscibili e maggiormente presenti nella società. Tocca a noi
fare la nostra parte per cambiare la mentalità delle nostre
famiglie, delle nostre comunità, delle nostre chiese, dei movimenti
politici e sociali, in vista di leggi migliori.
Un approfondimento
Pisa, giovedì 15 aprile 2010
La Corte lascia la porta aperta a un futuro migliore per
le coppie gay
di Mauro Vaiani
E' stato pubblicato sul sito della Corte Costituzionale
italiana il dispositivo integrale della sentenza 138/2010 sul tema
del matrimonio gay. Sapevamo già la sostanza: la Corte ha ritenuto
che le norme che per il momento limitano la celebrazione del
matrimonio civile alle coppie etero non sono incostituzionali. Spetta
al Parlamento, se e quando lo vorrà, allargare il matrimonio anche
alle coppie gay o creare per esse un nuovo istituto.
Leggendo il testo dell'ordinanza, tuttavia, percepiamo
che la Corte ha lasciato la porta assolutamente aperta a un futuro
migliore per le coppie gay.
Nel paragrafo numero 8 della sentenza, la Corte
riconosce che le coppie omosessuali sono certamente da tutelarsi,
essendo anch'esse una delle formazioni sociali tutelate dall'art. 2
della Costituzione, una di quelle realtà in cui si svolge la
personalità individuale e dove si adempiono i doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale. Alle coppie gay “spetta
il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di
coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti
dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e
doveri.”. La Corte non ritiene che il riconoscimento delle
coppie gay possa essere realizzato “soltanto attraverso una
equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente
l’esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che
finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la
diversità delle scelte operate.”. La Corte suggerisce quindi
al Parlamento, senza tanti giri di parole, di guardare a quanto si è
fatto all'estero e di fare qualcosa di buono anche nella nostra
Repubblica. Se nel frattempo però il Parlamento non facesse nulla,
si avverte, la Corte si riserva “la possibilità d’intervenire
a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze
more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può
accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia
riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la
condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale,
trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di
ragionevolezza.”.
Nel paragrafo 9 la Corte dice un'altra cosa importante.
Non se la sente di mettere in discussione le norme che, per il
momento, regolano il matrimonio fra uomo e donna, ma esclude anche
che quando la Costituzione scrive “società naturale”, questo
termine debba essere inteso in termini rigidi e bigotti, che
sarebbero la triste e liberticida caricatura delle millenarie
discussioni sul diritto naturale e sui diritti umani. La Corte
ricorda che quando fu definita “società naturale” la famiglia
fondata sul matrimonio, “come si desume dai lavori preparatori
dell’Assemblea costituente, si volle sottolineare che la famiglia
contemplata dalla norma aveva dei diritti originari e preesistenti
allo Stato, che questo doveva riconoscere.”. Il che significa
che la Repubblica intendeva rispettare la famiglia com'era nel
momento in cui la Costituzione fu scritta, ma anche come essa si
sarebbe trasformata nel tempo. La Corte riconosce che “i
concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere
“cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la
Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità
propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati
tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento,
ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi.”. Il
che in concreto significa che, più avanti nel tempo, se le cose
cambiano, la Corte sarà sempre disponibile a riesaminare la
situazione.
Nel paragrafo 10 la Corte esamina il problema della
necessità che il nostro ordinamento si allinei alle norme europee.
Qui la Corte ricorda che, per quanto riguarda il diritto di sposarsi
e di formare una famiglia, le norme europee rinviano alle norme
nazionali. Sono le leggi nazionali che devono essere cambiate. A
ciascun paese, quindi, le sue battaglie e le sue scelte. Può
sembrare sconfortante, perché l'Italia è drammaticamente indietro
rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei, ma d'altra
parte forse è giusto che ciascun paese si evolva da sé, con le sue
forze, con i suoi tempi. Se l'Europa, da confederazione di paesi
liberi, si trasformasse in un superstato che omologa tutto, dal
Portogallo alla Polonia, da Malta alla Scozia, forse ne avremmo più
guai che opportunità.
Chiudiamo con una nota di ottimismo, quindi, questo
ulteriore approfondimento sul tema, di cui certamente continueremo a
occuparci. Nel frattempo mandiamo avanti il cambiamento più
importante: formiamo sempre più coppie gay e lesbiche, sempre più
stabili e forti, sempre più riconoscibili e visibili. Anche se è
vero che le istituzioni possono agevolare i cambiamenti, la realtà
che noi viviamo e testimoniamo, ogni giorno, davanti a tutti, è un
motore di cambiamento ancora più potente.
* * *
Purtroppo gli originali link sulla rivista Gaymagazine, al momento in cui ripubblichiamo questi pezzi, non sono più disponibili (NdA, 22/01/2016).
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