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martedì 4 luglio 2023

Identità digitale scaduta


 

Crearsi una identità digitale ha due immediate conseguenze:
- primo) affidarsi a qualcuno che non la usi contro di te, almeno non inpunemente
- secondo) accettare che quello stesso qualcuno un giorno possa togliertela, perché non è mai solo tua, ma anche sua

Almeno cinque gravi problemi vanno affrontati e risolti:
1) Evitare la concentrazione di potere digitale
2) Assicurare pluralismo tecnico e organizzativo
3) Garantire che l'identità digitale non sarà necessaria per vivere
4) Prosciugare la palude della sfiducia
5) Evitare gli eccessi di inquinamento elettromagnetico.

Per chi vuole approfondire, di seguito delle riflessioni più articolate.

Il rapido avvicinarsi della fine della legislatura europea non stempera l'incredibile bulimia normativa delle burocrazie europee. Parlamento e commissione europea verranno rinnovati nel 2024, ma purtroppo ad avere in mano l'iniziativa legislativa sono eurocrazie opache, costituite da funzionari che paiono accecati dalla follia di voler regolare e uniformare tutto (del fatto che ci siano anche politici e funzionari prezzolati dalle multinazionali parleremo un'altra volta).

Le loro ultime contorsioni sono attorno alla volontà di arrivare all'identità digitale europea. L'ignoranza, la supponenza, l'avventurismo con cui i soloni di Bruxelles affrontano questo tema sono disarmanti.

Del tutto assente ogni minima consapevolezza dei problemi che l'uso di massa, su scala continentale, dell'identità digitale porrebbe nella società digitale globalmente interconnessa contemporanea. Persino i fanatici omologatori del World Economic Forum hanno alzato le sopracciglie, di fronte all'avventatezza delle autorità europea (Reimagining Digital ID INSIGHT REPORT JUNE 2023). La recente, violenta e autoritaria esperienza del "Green Pass", l'odioso passi verde, non pare aver insegnato nulla.

Ne segnaliamo alcuni, di questi problemi, senza pretesa di completezza:

1) Concentrazione di dati e identità digitali, quindi del potere su di esse - Già in Italia le persone più attente e gli addetti più responsabili delle pubbliche amministrazioni si rendono conto degli immensi pericoli che corriamo avendo creato banche dati centrali che contengono informazioni vitali su 60 milioni di cittadini e residenti, peraltro in mano a società come la SOGEI che, ancorché sotto pieno controllo politico, sono tuttavia di diritto privato. Anche solo ipotizzare banche dati che custodiscano i dati di 500 milioni di cittadini europei è semplicemente avventato (a meno che non si abbia in mente davvero di volerci trasformare in sudditi di un superstato centralista e autoritario, come sono gli USA e la Cina). Si deve dire un no semplice, nitido, fermo a ogni forma di concentrazione di dati e di potere, non solo in Europa, ma anche in grandi stati come l'Italia.

2) Necessità della pluralità dei gestori, dei sistemi, degli strumenti - Sistemi di gestione di identità digitali esistono da decenni. Sono nati nelle università, nelle grandi aziende, in molte istituzioni pubbliche e private. Essi devono restare plurali, limitati a comunità circoscritte, per assolvere ristretti finalità istituzionali od organizzative. Deve restare inoltre un assoluto pluralismo nella scelta delle tecnologie (per gli enti pubblici sarebbe a dire il vero opportuno optare per software aperti, "open source"). Devono restare in uso molti strumenti di identificazione: app nei cellulari, sì, ma anche messaggi di conferma via mail o anche via telefono fisso, generatori di pin portatili (token), carte digitali (smart card), i più diversi tipi di dispositivi passivi (trasponder) che possano essere solo letti, senza essere mai attivi o attivabili. Per la cooperazione tra sistemi di gestione di identità digitali esistono già esperienze consolidate di interazione fiduciaria. Citiamo solo EDUROAM, per fare un esempio, il sistema che consente all'utente di una comunità accademica di essere accolto anche in altre, durante i suoi viaggi di studio, senza che i suoi dati vengano controllati e gestiti da altri che non sia la propria istituzione di appartenenza. 

3) Possibilità di restare fuori o di uscire dal sistema, oltre che di non esserne escluso arbitrariamente - Non solo per andare incontro al divario digitale, ma proprio per tutelare la dignità della persona umana e della sua integrità fisica, si deve consentire a chiunque di restare fuori da ogni sistema di identità digitale. Questo deve essere obbligatorio almeno per le istituzioni pubbliche: in ogni municipio locale ci deve essere la possibilità per il cittadino di presentarsi di persona e sbrigare ogni pratica senza bisogno di dotarsi di una identità digitale. Vale anche un ragionamento apparentemente opposto: si deve consentire che l'identità digitale di una persona più fragile (un minore, un disabile, un grande anziano) sia gestita da un suo congiunto all'interno di un rapporto familiare di fiducia. Più in generale non si deve dimenticare che ogni identità digitale scade, mentre la persona umana deve poter continuare a essere sé stessa. In ultimo, non per importanza, si deve assolutamente impedire che una identità digitale sia canale esclusivo di accesso a servizi essenziali (acqua, cibo, salute, denaro, informazione), perché nei padroni del sistema ci sarà sempre la tentazione di usare il potere digitale per punire i dissenzienti, con nuove forme di morte digitale.

4) Prosciugare la palude della sfiducia - La custodia digitale di dati personali, compresi quelli biometrici e genetici, da parte di una qualsiasi istituzione, richiede che le persone umane possano profondamente fidarsi di essa. La fiducia non si costruisce con l'obbedienza imposta per legge, ma attraverso la prossimità tra governati e governanti. Si può arrivare a fidarsi del proprio municipio o della propria regione, a seconda di quanto la nostra società sia rispettosa delle autonomie personali, sociali, territoriali, di quanto siano garantiti i diritti civili, politici e sociali. Se la fiducia viene messa in discussione, l'individuo e la comunità locale possono ancora ribellarsi contro un'autorità, geopoliticamente piccola, e ribellandosi fare quindi la differenza. E' semplicemente impossibile, invece, fidarsi di istituzioni più alte, più lontane, poste altrove, magari lontano dal luogo dove viviamo, che neppure parlano la nostra lingua madre, i cui capi (reali o apparenti) sono leader eletti in grandi competizioni mediatiche, che dispongano di vasti ed efficienti apparati di coercizione. Questo è stato vero sin dalle origini della modernità e dei suoi grandi stati centralisti e autoritari, ma nella nuova realtà digitale tutto è amplificato geometricamente. Un decentralismo radicale è la strada maestra per prosciugare la sfiducia intrinseca che la persona prova nei confronti dei "grandi fratelli" della contemporaneità.

5) Sobrietà elettromagnetica - Non solo dobbiamo restare ancorati a un principio di precauzione nella diffusione degli strumenti digitali. Non solo dobbiamo studiare bene come proteggere la vita dall'inquinamento elettromagnetico (e il panorama dalla bruttezza delle antenne). Prima ancora dobbiare rifiutare la deriva imposta dalle attuali istituzioni del capitalismo predittivo e induttivo dei consumi, che sono anche il pilastro socio-economico di una nuova realtà politica di sorveglianza universale. Alcune scelte politiche sono ormai urgenti: la connettività deve essere riconosciuta come un servizio pubblico universale e quindi gestita da istituzioni locali senza fine di lucro; si deve accedere quando lo si richiede, non quando imposto da meccanismi perversi di connessione permanente; devono esistere canali separati e distinti di accesso a contenuti pubblici e liberi, a contenuti creativi con pagamento del diritto d'autore, a contenuti sostenuti dalla pubblicità commerciale. Ripetiamolo: separati, distinti, indipendenti gli uni dagli altri, lasciando sempre alla persona la possibilità di spengerli.


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