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venerdì 12 maggio 2023

La città giusta nello spazio e nel tempo



La basilica di San Miniato al Monte di Firenze ha ospitato due giorni di riflessione storica e urbanistica, quindi politica e sociale, di uno spessore di cui si sentiva la mancanza da tempo: il convegno "La città giusta nello spazio e nel tempo". L'iniziativa si è svolta in due giornate, il 4 e l' 11 maggio 2023.
 
Il convegno è stato reso possibile dall'impegno di padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte e dell'Associazione Cantiere Venturino Venturi, con la collaborazione di: Fondazione Balducci, Fondazione La Pira, Fondazione Michelucci, Associazione Porcinai, Fondazione Architetti Firenze, Università di Firenze (DIDA, Dipartimento di Architettura). Hanno sostenuto l'evento Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e Generali Italia Valore Cultura.

Ricordare alcuni dei promotori e dei protagonisti non rende giustizia ai lavori, le cui quattro sessioni possono essere riascoltate integralmente su YouTube, grazie al canale "Venturino":
 
 
4 maggio 2023 - sessione mattutina 
https://www.youtube.com/live/0PLXTMCG27w?feature=share

4 maggio 2023 - sessione pomeridiana
https://www.youtube.com/live/Mn8LAoYzJKw?feature=share

11 maggio 2023 - sessione mattutina
https://www.youtube.com/live/SLMqGKBFrrQ?feature=share

11 maggio 2023 - sessione pomeridiana
 
Uno spirito lapiriano ha gonfiato le vele di questi due giorni di studio. E' stato inevitabile, per alcuni di noi che eravamo presenti, ricordare Romano Bilenchi quando raccontava di come Giorgio La Pira riunisse spesso la sua giunta "ombra" con Mario Fabiani e Tristano Codignola.
 
La politica di quegli anni realizzò l'Isolotto, una vera e propria comunità nella città, cellula in parte autosufficiente dell'organismo urbano più ampio. Peraltro quel nuovo quartiere fu realizzato e completato, come comunità educante, produttiva, commerciale, giardino, agorà e rione, come dovrebbero essere tutte le porzioni di una città abitabile.

Quando oggi si sente parlare di città dei "quindici minuti", di walkability nello urban design, di poter raggiungere a piedi in un quarto d'ora tutto ciò che serve alla vita in città, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad apprendisti stregoni o, nella migliore delle ipotesi, a inventori della ruota. Queste "scoperte dell'acqua calda" vengono abbracciate, peraltro solo come espedienti retorici propagandistici, da un ceto politico privo di radici, valori, generosità, visioni.
 
Una città come Firenze ha già in se stessa una storia politica e sociale rionale, che è stata riscoperta più volte: negli anni Settanta da Luigi Bicocchi e dai movimenti per la fondazione dei consigli di quartiere; negli anni Ottanta dai movimenti ambientalisti e in particolare dalla Lista Verde di Giannozzo Pucci; negli anni Novanta da altri gruppi e movimenti di cittadinanza attiva; in questo secolo XXI, buon ultimo (in ordine cronologico, non certo per importanza), da Fabrizio Valleri e dalla sua campagna Libera Firenze 2019 per la "rivoluzione rionale", cioè per il ritorno a ciò che Firenze non avrebbe mai dovuto disperdere, il bene comune preziosissimo della prossimità e del buon vicinato.
 
Firenze è stritolata, come molte altre città storiche, fra contraddizioni formidabili: il dramma della signorilizzazione (gentrification) al suo interno; il dramma più ampio degli eccessi di congestione e inquinamento della Piana, minacciata da ulteriori colate di cemento e di ferro, come l'assurda pretesa di costruire addirittura un nuovo aeroporto (oltre che da altre avidità turistico-immobiliari); il dramma ecologico globale, dall'invasione della plastica fin nelle fibre dei viventi, latte materno compreso, all'insostenibilità di gran parte delle nostre attività agro-industriali e minerarie (comprese quelle che sarebbero necessarie per l'elettrificazione dei trasporti di massa, che, purtroppo, in sé, non è risolutiva di nulla).
 
Durante le emergenze di questo inizio secolo, quella ambientale, quella economica, quella pandemica, quella sociale, quella demografica, quella militare, quella della mancanza ormai conclamata di pluralismo politico e culturale, abbiamo ricevuto diverse scosse. Abbiamo credo compreso meglio quanto la nostra società sia malata e quanto fragile sia dentro la globalizzazione anche Firenze, per quanto essa sia una realtà pregiata e privilegiata. 
 
Non ci dobbiamo inventare niente. In molti vediamo queste contraddizioni e non c'è altro da fare che affrontarle. Non bastano più la vivacità critica di esperienze come la Firenze Viva di Cristina Scaletti o la Sinistra di Tommaso Grassi e di Antonella Bundi. Non riescono a produrre iniziative coraggiose le tradizionali piramidi politiche del centrosinistra e del centrodestra. Non sarebbe saggio restare subalterni al tardo sviluppismo tecnocratico dei cosiddetti centristi post-renziani.
 
Si può e si deve ripartire dalle proteste dei comitati che hanno chiesto invano di correggere i tracciati sbagliati delle tramvie, dalle proteste e dagli studi di Italia Nostra, dalla resistenza di coloro che hanno difeso gli alberi adulti (sterminati dall'insipienza dell'amministrazione comunale degli ultimi vent'anni), da coloro che hanno lottato perché ci siano case popolari, alloggi economici, giardini pubblici, servizi sociali, manutenzione di beni comuni in ogni rione di Firenze.
 
Mentre la maggior parte degli interventi sono stati disseminativi, i cui frutti sono quindi nelle mani della Provvidenza e della fecondità dei cuori e dei cervelli che li hanno ascoltati, almeno due relazioni hanno avuto il coraggio di incidere anche nell'attualità civile e politica di Firenze e della Toscana. Ci riferiamo alla relazione del direttore del Dipartimento di Architettura di Firenze, il prof. Giuseppe De Luca, e alle riflessioni finali della prof.ssa Silvia Mantovani, come architetto, paesaggista e cittadina.
 
Sono stati due interventi forti, possibili grazie a ciò che abbiamo di più indipendente nella vita culturale in questa Repubblica, l'autonomia costituzionalmente garantita dei professori universitari e di pochi altri dirigenti culturali. 
 
Chi, se non una persona con un incarico universitario o culturale, nella Firenze di oggi, potrebbe avere la forza di salire sulla sua cattedra o, se necessario, sui tetti della città, per chiedere la necessaria svolta? Molti altri, per molto meno, perderebbero lavoro, reddito, amici!

Senza voler apparire essere liquidatori, poiché il livello medio delle persone attive nella politica e nella vita pubblica cittadina è basso, poiché molti cuori attivisti stanno invecchiando, poiché nessuno sta formando nuove generazioni di leader locali, ci permettiamo di dire, sommessamente, cari maestri, cari studiosi, cari De Luca e Mantovani, rivediamoci presto.
 

Alcuni amici Liberi Fiorentini di OraToscana
(rete di civismo, ambientalismo, autonomismo)
 

 
 
 
 
 
 


 

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