Ormai dal 2000 il 30 novembre di ogni anno il Consiglio regionale, il nostro parlamento, celebra con dignitosa solennità la festa della Toscana, voluta nel ricordo dell'anniversario dell'abolizione della pena di morte.
E' una giornata di orgoglio toscano, senza se e senza ma, da rispettare e di cui approfittare per studiare, riflettere, prepararsi a nuove azioni di civismo, ambientalismo, autonomismo.
Anche il fatto che cada così vicino alle feste del cuore d'inverno, aggiunge alla festa della Toscana il significato di rappresentare un invito alla tregua politica e alla riscoperta di ciò che ci unisce, come Toscani, in questo mondo diviso.
Per volontà del granduca illuminato Pietro Leopoldo di Lorena, il 30 novembre 1786 la Toscana divenne il primo stato moderno al mondo ad abolire la pena di morte, "conveniente solo ai popoli barbari", secondo il principe.
Recita il provvedimento lorenese: «Abbiamo veduto con orrore con quanta facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti anche non gravi... (om.) ...avendo altresì considerato, che una ben diversa Legislazione potesse più convenire alla maggior dolcezza, e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo...» (51° articolo della Riforma).
Oltre alla pena di morte furono bandite le forche, la tortura e le mutilazioni. Dei patiboli fu fatto un falò nel Bargello, palazzaccio di polizia e di potere che da allora cominciò a liberarsi della sua fama sinistra.
Il provvedimento è uno dei pochi frutti durevoli dell'Illuminismo italiano, direttamente ispirato dall'opera "Dei delitti e delle pene", che il grandissimo Cesare Beccaria pubblicò proprio in Toscana per la prima volta, a Livorno, nel 1764.
Scorrendo l'archivio digitale delle celebrazioni precedenti, non si può fare a meno di notare che negli anni i leader del parlamento toscano hanno talvolta cercato di piegare la giornata a qualche argomento di corto respiro e non sfuggono certi eccessi di politicamente corretto, ma il tema di quest'anno, il rifiuto del linguaggio di odio nella comunicazione politica, nelle reti sociali, nella vita pubblica, merita di essere tenuto di conto.
Forse negli eventi ufficiali si parlerà molto della violenza verbale a cui la gente comune si abbandona dopo questi mesi terribili della pandemia. Forse si parlerà poco della violenza del pensiero unico con cui i potenti ci maltrattano dall'alto. Il tema, tuttavia, esiste. Nessuno può esimersene. Nessuno può tirarsi indietro dallo sforzo di mettere al bando l'odio, nemmeno noi che, in quanto oppositori del centralismo autoritario, essendo minoranza, ci sentiamo più vulnerabili, oppressi, messi all'angolo da prepotenze come quelle del Green Pass.
L'infodemia, più che la pandemia, ci ha stremato tutti. Non pochi hanno perso l'equilibrio personale, oltre che quello politico, sia tra i potenti che tra gli umili. Lo sforzo di conservare il senso della misura tocca a tutti.
Sugli oppressi gravano forse responsabilità persino maggiori che sugli oppressori, se davvero si intendono coltivare riscatto con metodi nonviolenti, consapevolezza contro la caccia alle streghe che si è scatenata, argomenti lungimiranti per salvare la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, territoriali.
Eppoi siamo Toscani, non dimentichiamolo, popoli che coltivano l'ironia anche salace, ma mai dimenticano la mitezza.
Buona festa della Toscana.
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