Grazie alla rete e in particolare grazie a Wikipedia, noi possiamo guardare con un unico colpo d'occhio le dimensioni relative dei grandi debiti pubblici del mondo, i primi venti. Diamo un'occhiata (fonte):
Country
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Debt as % of GDP (IMF)
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Region
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1
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Japan
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236
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Asia
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2
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Greece
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181
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Europe
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3
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Lebanon
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152
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Middle East
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4
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Yemen
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141
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Middle East
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5
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Barbados
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132
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Caribbean
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6
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Italy
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131
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Europe
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7
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Eritrea
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131
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Africa
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8
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Cape Verde
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126
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Africa
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9
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Sudan
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126
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Africa
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10
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Portugal
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125
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Europe
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11
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Gambia
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123
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Africa
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12
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Congo (Brazz.)
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119
|
Africa
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13
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Singapore
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110
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Southeast Asia
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14
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United States
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107
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North America
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15
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Jamaica
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104
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Caribbean
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16
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Egypt
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103
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Africa
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17
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Belgium
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103
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Europe
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18
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Bhutan
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102
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Asia
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19
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Mozambique
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102
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Africa
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20
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Cyprus
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99
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Europe
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Cose su cui riflettere, guardando questa lista, in cui ci sono:
- paesi autoritari e paesi relativamente democratici;
- paesi militaristi e militarizzati, insieme a paesi praticamente disarmati;
- paesi in pace da generazioni, altri che sono stati o tuttora sono lacerati dalle guerre;
- paesi che hanno una propria valuta, come il Giappone e paesi che usano valute internazionali che essi non controllano (come Italia, Portogallo, Belgio, Cipro), e anche alcuni in cui le persone sono in pratica libere di usare la valuta che vogliono (come il Libano o Singapore);
- paesi che sono indebitati solo con istituzioni interne e paesi che invece sono indebitati, in percentuali più o meno importanti, con istituzioni estere;
- paesi prosperi e paesi che lo sono meno (ma non ci sono fra questi i paesi veramente più disperati della terra e anche questo è strano, no?);
- paesi politicamente indipendenti o addirittura dominanti (gli USA e forse in parte il Giappone) e poi soprattutto paesi geopoliticamente fortemente dipendenti;
- paesi che invecchiano e paesi ancora pieni di giovani;
- paesi capaci di esportare prodotti ad alto valore aggiunto e paesi che esportano poco o comunque solo materie prime;
- paesi piccolissimi e paesi giganteschi;
- stranamente non ci sono, fra questi primi venti, né il Venezuela, né l'Argentina, né Cuba, né altri paesi che pure sono indicati come paria dell'economia moderna, nei media conformisti.
Una conclusione provvisoria che ci sentiamo di tirare è che grandi debiti pubblici non sono una indicazione di nulla.
Sono uno degli indici economici meno significativi e meno esplicativi della reale situazione economica e sociale, oltre che politica e geopolitica di un paese.
Forse, con l'umiltà di un geopolitico che non è ovviamente un economista, sentiamo di dover indicare a tutti ciò che abbiamo di fronte agli occhi, ammesso che lo si voglia guardare.
In questo contesto complesso, vogliamo che le persone comprendano che la presunta alternativa Euro sì, Euro no, in sé, non vuol dire nulla.
Questa polarizzazione non rappresenta alcuna reale alternativa fra due politiche: praticabili o impraticabili, realistiche o avventuristiche, conformiste o populiste, europeiste o sovraniste.
Non ci sono (e mi verrebbe da aggiungere purtroppo...) da una parte la ricchezza e dall'altra la povertà.
La scelta di una valuta o un'altra non è, in sé, purtroppo, garanzia di nulla.
Farci una campagna elettorale sopra, dividendo la Repubblica Italiana su questo, sarà fuorviante. Invece sembra proprio che lo faranno, perché per i potenti centralisti queste semplificazioni sono una manna. Se si trasforma tutto in un eterno referendum su pochi slogan semplificati, si sarà facilmente esonerati dal dover spiegare in concreto cosa si vuole veramente fare. Bello, no?
Questa è la strada su cui sono avviati i cosiddetti europeisti uscenti da Palazzo Chigi (Euro sì), sia i populisti a Cinque Stelle (Euro ni), sia i neocentralisti sovranisti che si stanno raccogliendo attorno alla Lega tricolore di Matteo Salvini (Euro più no che sì, ma lo sapremo quando sarà il momento).
L'Eurozona è un sistema economico e politico altamente problematico e disfunzionale, ma la sua riforma o il suo superamento richiedono un pochino di lavoro, di studio e, se permettete, di discussione pubblica e democratica in più. E' un sistema creato dalla politica per centralizzare ricchezze e potere. Ora tocca e toccherà sempre alla politica decidere se e come decentralizzare.
Noi autonomisti daremo un contributo. Metteremo presto a disposizione del dibattito pubblico alcune tesi che sono maturate, anche grazie al nostro confronto con il lavoro del Centro Nuovo Modello di Sviluppo e con gli studi coordinati da Francesco Gesualdi (nell'immagine in alto il suo libro "Le catene del debito", 2013), che abbiamo incontrato recentemente a Firenze.
Di certo non vogliamo ulteriore centralizzazione in Europa. Nemmeno vogliamo il sovranismo italiano. Vogliamo, nientemeno, restituire tutte le ricchezze e tutto il potere a tutti i territori.
Restate collegati. Abbiamo tanto da dire.
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