Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

sabato 25 marzo 2017

Ripensamento europeo



In un ideale dialogo a distanza con quello che l'amico Walter Baier ha scritto su Il Manifesto il 22 marzo scorso, sulla necessità di fare dell'Europa uno dei nostri beni comuni, anche su questo blog vogliamo dire qualcosa sulla necessità di un profondo ripensamento europeo.
Non abbiamo facili ricette da suggerire, ma alcune domande da porre, a margine della celebrazione del 60° anniversario dei trattati di Roma del 1957, che dettero inizio a quel potente processo di integrazione europea, di cui oggi le istituzioni della Unione Europea e quelle di governo comune della Eurozona sono il risultato.
Teniamoci intanto lontani dal diluvio di parole retoriche - e fuorvianti, quando non false - su quanta pace e libertà ci avrebbe garantito il processo di integrazione europea. Chi ha cercato di studiare criticamente (come ha tentato di fare chi scrive, con la sua ricerca "Disintegration as Hope") i processi di integrazione geopolitica, compresi quelli posti in essere nel mondo post-colonialista e nel dopo 1989, come appunto la Unione Europea, ne conosce bene i limiti, gli squilibri, le ingiustizie interne, le violenze esportate all'esterno.
Restiamo piuttosto con i piedi ben piantati in un mondo in cui i più possono capire quanto sia fondamentalmente iniquo lo scambio fra più "borse Erasmus" (o anche più fondi strutturali europei, o più posti di lavoro a Berlino o a Bruxellles) e la distruzione dell'istruzione pubblica (o della finanza locale, o delle imprese artigiane locali) nelle regioni meno "competitive" della Unione Europea.
Al primo posto noi mettiamo sempre le persone, specie le più umili, quelle che per vivere devono vendere il proprio lavoro, come ricorda giustamente Walter Baier.
L'Europa unita deve essere ripensata innanzitutto per loro.
Noi crediamo, però, che le persone, oltre a vedersi garantiti lavoro e diritti, vogliano - e forse debbano - partecipare all'autogoverno del proprio territorio, attraverso istituzioni democratiche locali in cui ciascun cittadino senta di poter fare la differenza.
Per consentire questa radicale emancipazione, il tema del rafforzamento ed eventualmente la moltiplicazione di forti autogoverni locali, che abbiano, per dirla con il candore dell'anziano leader socialista indipendentista scozzese Jim Sillars, un potere sfrenato di cambiare le cose, ci sembra ineludibile.
Nelle periferie d'Europa è davvero difficile continuare a subire direttive europee come la Bolkenstein, che costringono le comunità locali a mettere in discussione l'assetto dei propri servizi pubblici, la gestione dei beni comuni, il confezionamento dei cibi, il futuro delle imprese locali. 
Ci sembra urgente discutere sulla riduzione piuttosto che l'aumento dei poteri europei; sulla sussidiarietà verso istituzioni di autogoverno locale piuttosto che la concentrazione di ulteriori funzioni in organi di governo continentale.
Proposte di un "New Deal" europeo, come quelle lanciate dalla sinistra europa con Alexis Tsipras o dalla rete Diem25 di Yanis Varoufakis, sono suggestive, ma corrono forse il rischio di essere subalterne ai progetti federalisti di costruzione di un superstato europeo.
Perché solo una Europa trasformata in una federazione - in un vero stato in tutto fuorché nel nome - potrebbe davvero fare cose come mutualizzare il debito, erogare un sussidio di disoccupazione europeo, o avviare politiche sociali capaci di trattare allo stesso modo tutti i suoi cittadini, dall'Olanda alla Grecia, dal Portogallo all'Austria.
E' davvero desiderabile per i cittadini e per le loro comunità locali - lo chiediamo specialmente a quelli e quelle che si sentono parte di una cultura democratica, socialista, progressista - intraprendere la strada della trasformazione della Unione, o della Eurozona, o di parte di essa in uno stato europeo?
Ne dubitiamo fortemente, perché una grande democrazia continentale finirebbe per sbarrare alla stragrande maggioranza dei suoi cittadini esattamente quella radicale emancipazione di cui parlavamo poco sopra, emancipazione che è invece possibile in forti democrazie locali, dove intere cittadinanze possono sentirsi maggiormente partecipi e responsabili del proprio destino individuale e comunitario.
Non è forse vero, tanto per cominciare, che con il crescere delle dimensioni geopolitiche una grande repubblica finisce per essere una mera democrazia elettorale, dominata da chi domina i grandi media globali?
Anche nei rari casi in cui una grande democrazia mediatica continentale sia governata da una elite progressista, come per esempio fu quella guidata dai coniugi Roosesvelt, essa comunque rischierebbe di imporre, per esempio, iniziative e opere che calerebbero dall'alto sulla testa delle comunità locali, ovviamente in nome del lavoro e della giustizia sociale. Non si può facilmente sfuggire, anche in un mondo dove pure la popolazione ha maturato sempre più una coscienza ambientalista, alla realtà che tanto più potere e ricchezza sono concentrati, tanto più le opere imposte sui territori sarebbero faraoniche e, in definitiva, distruttive dei beni ambientali e delle reti territoriali esistenti.
Possiamo, inoltre, sorvolare sul fatto che le elite al potere nella attuale Unione Europea sono state fra le principali promotrici di trattati ingiusti come il TTIP, il TTP, il CETA? Dovremmo piuttosto prendere finalmente atto che non c'è giustizia nel c.d. "libero scambio" fra territori dove standard ambientali, diritti civili e sociali, salari e pensioni, non sono nemmeno lontanamente paragonabili.
E' poi un caso che ogni volta che si parla di rilancio e avanzamento del processo di integrazione europea, le elite dominanti finiscano sempre per inserire in ogni discorso europeista la prospettiva di un esercito europeo? E' davvero pensabile che una volta costituito un tale esercito continentale, questo non divenga, come già accade in altri grandi stati continentali, un "military-industrial complex", con una propria agenda militarista, magari in nome dell' "interventismo umanitario"? Ci pare necessario ascoltare, a questo proposito, la sfida che ci viene lanciata da piattaforme come Eurostop, contro eserciti internazionali permanenti, contro l'esercito europeo, contro la stessa NATO.
Infine, chiederemmo una maggiore riflessione su quanto sta accadendo vistosamente in Scozia, Catalogna, Corsica, ma anche, sia pure più silenziosamente, in molti altri territori europei dove esistono forti istituzioni locali, comprese le province olandesi, gli stati tedeschi, le regioni italiane.
Gli ideali europei sono davvero messi in pericolo da questi "localismi"? Ci pare piuttosto possibile, al contrario, che proprio la moltiplicazione di movimenti decentralisti nelle periferie d'Europa, gramscianamente capaci di inclusione sociale e rappresentanza politica, possa rappresentare un antidoto più forte di altri al veleno sparso dai nuovi movimenti populisti, anti-europeisti, neo-nazionalisti.


Firenze, 25 marzo 2017 (Capodanno fiorentino e pisano)
 
(Mauro Vaiani)

sabato 4 marzo 2017

Un libro "biancorosso" per la Toscana

Tra le cose da salvare dell'attività del CLT 2017-2021 c'è anche questo libro "biancorosso" del 2017. Contiene l'indice di un programma sociale avanzato, per quei tempi. Ne è stato principale autore il dott. Mauro Vaiani, che poi da quel partitino è stato espulso il 21 ottobre 2021, dopo la sua triste degenerazione (ndr, archiviato il 16 aprile 2022).

  

Il simbolo del CTLN, la fonte di ispirazione
per un rinnovamento dell'autonomismo toscano
che era stata indicata da Mauro Vaiani
al momento della "rifondazione" del CLT nel 2017


Un libro "biancorosso" per la Toscana



Libro biancorosso per una “hosa” toscana, per una “hasa” toscana

Il “libro biancorosso” è una raccolta di punti politici e programmatici, che sintetizzano gli argomenti che vorremmo discutere e approfondire insieme, per dare attuazione concreta ai nostri principi (gli “11 punti“). La piattaforma è stata presentata ed approvata dal congresso del 4 marzo 2017 (il congresso della rifondazione dell'autonomismo toscano, ndr).

Con questa riflessione programmatica vogliamo proporre una Toscana ideale, da costruire insieme.

Il bianco e il rosso sono i colori della Toscana sin dai tempi di Ugo di Tuscia*.

Verso un programma di autogoverno concreto per il nostro nuovo movimento:



  1. Indipendentismo civico come ricerca di un moderno autogoverno, senza scorie etniciste o nazionaliste

  2. Basta con la concentrazione di potere e ricchezza nei grandi stati moderni e nelle agenzie della globalizzazione

  3. Cittadini sovrani attivi, non più solo sudditi, utenti, pazienti, consumatori

  4. Toscana come paese ideale, unito da una storia e da una identità, a misura di persona umana, fatto a miccino per una esperienza di autogoverno civico, liberale, democratico, sociale – Toscana dolce patria nostra (Piero Calamandrei)

  5. Ritrovare le radici naturalmente anarchiche e candidamente socialiste dei movimenti di lavoratori e artigiani toscani di prima delle due guerre mondiali

  6. Ripartire dai dissidenti del Risorgimento, che rifiutarono lo stato militarista e colonialista dei conquistatori sabaudi

  7. Rifarsi ai moderni critici del centralismo italiano, fra i quali Antonio Gramsci, Gaetano Salvemini, don Luigi Sturzo

  8. Ci ispiriamo alla sobrietà e alla serietà della Scuola di Barbiana, seguendo don Lorenzo Milani, profeta dei “Ventimila Sammarini” (secondo la testimonianza di Alessandro Mazzerelli, “Ho seguito don Lorenzo Milani profeta della terza via”, Rimini : Il cerchio, 2007, pag. 31)

  9. Adesione ai valori fondamentali della Costituzione del 1948 e degli Statuti della Toscana, come regione istituita nel 1970

  10. Riforma dei comuni per farne comunità dove ciascun quartiere e paesino – ogni borgo – abbia dignità e possa eleggere direttamente le proprie autorità

  11. Le città non dovranno dominare le comunità rurali

  12. Progressiva eliminazione di prefetture e di ogni altro potere che si interponga fra le comunità e il governo toscano

  13. Promozione della democrazia diretta a tutti i livelli in cui i cittadini la richiedano

  14. La vita dei partiti in Toscana dovrà essere fondata sulla democrazia interna, resa possibile da primarie organizzate sotto la garanzia delle autorità pubbliche

  15. Drastico sfoltimento delle leggi

  16. No a ogni proibizionismo che tolga responsabilità all’individuo

  17. In ogni borgo una scuola pubblica, gratuita, a tempo pieno, comprensiva di nido, scuola materna, scuola elementare

  18. In ogni comunità una scuola media e superiore pubblica e gratuita, che conduca i giovani, entro i 18 anni, alle soglie del lavoro o degli studi superiori

  19. Dopo aver passato cinque giornate piene a scuola, gli alunni devono tornare a casa pronti e liberi dall’ansia dei compiti

  20. Accedere alle università e ai centri di ricerca deve essere considerato un lavoro; gli studenti e i ricercatori universitari hanno diritto a un alloggio e a uno stipendio

  21. L’intero territorio toscano, con tutti i suoi beni ambientali e culturali, deve essere considerato come la propria casa e deve essere integralmente protetto

  22. Basta con il consumo di suolo e decongestione delle aree urbane

  23. Protezione fiscale del diritto alla prima casa e delle piccole proprietà

  24. Aggravi fiscali per gli eccessi di concentrazione proprietaria; particolari aggravi fiscali per chi lascia degradare le sue proprietà

  25. Rinaturalizzazione dei corsi d’acqua

  26. Economia del riciclo e rifiuti zero

  27. L’acqua è pubblica e gli acquedotti devono essere gestiti da fondazioni pubbliche locali, senza scopo di lucro

  28. Una polizia toscana

  29. Una autonoma amministrazione della giustizia

  30. Umanizzazione delle nostre carceri

  31. Sorveglianza del territorio, per stroncare ogni forma di schiavismo, lavoro nero, morti bianche

  32. I Toscani devono essere padroni delle proprie reti e infrastrutture, porti e aeroporti, energie e telecomunicazioni; quindi tutte le reti e tutte le utilità pubbliche devono essere gestite da società toscane, governate da comitati rappresentativi di cittadini utenti, lavoratori, esperti, autorità politiche

  33. Abbiamo diritto a una sanità pubblica che investa primariamente in prevenzione e in stili di vita salutari

  34. Ogni borgo deve avere il suo centro medico

  35. Ogni comunità deve avere il suo ospedale per le cure più comuni

  36. La Toscana deve sostenere i grandi ospedali universitari e alcuni altri centri sanitari di eccellenza, per le cure più complesse

  37. Noi crediamo che i movimenti dei lavoratori debbano puntare alla riduzione dell’orario di lavoro, verso le 30 ore

  38. Ogni persona che vive in Toscana da almeno 20 anni, ha diritto a una pensione minima dignitosa al compimento dei 65 anni; il risparmio previdenziali dei lavoratori deve considerarsi aggiuntivo alla pensione minima e deve essere protetto fiscalmente

  39. Mercati aperti ma solo a stipendi e orari paragonabili e a parità di protezione dell’ambiente

  40. La Toscana deve partecipare attivamente alla riforma delle istituzioni europee, per ripristinare un’autentica sussidiarietà, restituendo sovranità ai parlamenti locali, primariamente e urgentemente in materia di agricoltura, lavoro, politiche sociali, sanità, servizi pubblici universali

  41. In tutte le istituzioni europee e internazionali che si deciderà di mantenere, dovrà esserci un rappresentante della Toscana, democraticamente eletto dal popolo toscano

  42. Sorellanza verso tutti i movimenti nonviolenti di liberazione nazionale, territoriale e sociale

  43. Impegno per la pace universale e per il disarmo; rifiuto di ogni forma di interventismo neocolonialista; scioglimento della NATO, in favore di pià ampi patti di non-aggressione e mutua difesa, senza più strutture e basi militari permanenti

  44. A sostegno di tutti questi progetti di autogoverno e, più in generale, di un progressivo ritorno al controllo popolare su ogni altro aspetto della vita economica, sociale e politica della Toscana, si deve puntare alla piena autonomia finanziaria e monetaria, anche attraverso una riforma condivisa dell’Euro e il ritorno alla circolazione di una o più valute complementari locali

  45. Il contribuente deve aver chiaro quanto del suo contributo resta alle proprie comunità locali (la parte più grande) e quanto invece resta (la parte più piccola) per il governo toscano, oltre che per la solidarietà italiana, europea e internazionale

  46. La Toscana si farà carico della propria parte degli immensi debiti pubblici accumulati dalla storia italiana e dalle burocrazie europee e internazionali; il debito pubblico deve essere gradualmente sterilizzato e sottratto alla speculazione; non potrà essere detenuto da privati; produrrà solo un minimo interesse legale; non si possono pagare interessi sugli interessi

  47. Il governo toscano deve attenersi a un uso moderato e ordinato delle risorse finanziarie, accantonando ogni anno quanto serve per fronteggiare le emergenze o per i progetti a più lungo termine



*Il marchese Ugo di Tuscia, il “Gran Barone” ricordato da Dante nel canto XVI del Paradiso, governò la Toscana dal 970 ca. al 1001. La sua insegna, ancora oggi visibile nella Badia Fiorentina dove è sepolto, è uno scudo rosso con tre “pali d’argento”, cioè tre strisce bianche. Il suo governo e la sua memoria rimasero impressi nella storia toscana, tanto che da allora i suoi colori vennero adottati da molte comunità e autorità toscane, da Firenze e, infine, dalla stessa Regione Toscana.


Archivio CLT 2017-2021 - I principi

 

Il "Comitato Libertà Toscana", sotto la spinta del dott. Mauro Vaiani, si rifondò e operò con una certa efficacia dal 2017 al 2020, contribuendo a diffondere l'ideale di una "Libera Toscana", oltre che promuovendo la lista civica ambientalista autonomista Libera Firenze nel capoluogo toscano alle elezioni comunali del 2019, quest'ultima grazie all'apporto fondamentale di Fabrizio Valleri e dei suoi Liberi Fiorentini del centro storico. Tutto s'incrina purtroppo nel 2020, quando i vecchi toscanisti che dirigevano il CLT non si mostrano all'altezza dei sacrifici necessari per partecipare alle regionali con una lista inclusiva e plurale, il Patto per la Toscana, di cui scriviamo altrove su questo blog, Tuttavia alcune cose elaborate da quel CLT meritano di essere salvate, tra cui questa carta di principi, approvata dal congresso della rifondazione, a Firenze, il 4 marzo 2017 (ndr 14 aprile 2022).

 

La fonte principale d'ispirazione del progetto CLT come l'aveva immaginato Mauro Vaiani fra il 2017 e il 2020: il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale.


11 punti

Comitato Libertà Toscana (2017-2021) per l’organizzazione di un più ampio e inclusivo movimento per l’autogoverno della Toscana - Più libertà in Toscana, da subito!

Questi sono dieci punti fondamentali di identità e posizionamento politico. L’undicesimo punto è un appello finale ai cittadini, alle liste civiche, agli altri movimenti toscanisti, per un futuro lavoro comune. Questo documento è stato approvato dal congresso del 4 marzo 2017.


1 – Ribaltamento di mentalità

Di fronte a una mentalità storicamente dominante in Italia, che induce ad attendersi o impone soluzioni e interventi dall’alto, vogliamo che i cittadini e le loro comunità possano autodeterminarsi. Non aspettiamoci più la soluzione ai problemi della modernità e della globalizzazione da chi li ha creati.


2 – Autogoverno a misura d’uomo

I cittadini devono poter votare per chi conoscono ed è vicino a loro, in modo che ne possano valutare l’operato. Crediamo in una idea semplice e radicale di democratizzazione della Toscana, che ogni comunità possa eleggere direttamente le proprie autorità.


3 – Il popolo toscano e i suoi governi

Le comunità cooperano con pari dignità, grazie ad autorità di coordinamento, dal basso verso l’alto, cioè secondo un autentico principio di sussidiarietà. Si governa insieme, a partire dall’ascolto e dal rispetto dei diretti interessati ai provvedimenti, riducendo al minimo le intermediazioni. Si è sempre pronti a correggerli, sulla base della verifica della loro efficacia.


4 – Senso dei doveri reciproci

Le autorità rendono più facile la vita dei cittadini. I cittadini rispettano la legalità, le istituzioni, i beni comuni, i servizi pubblici, sentendoli come parte integrante della propria vita.


5 – Istruzione come educazione alla libertà

Assicuriamo una istruzione pubblica, gratuita, prossima, organizzata insieme alle famiglie, capace di trasmettere senso di libertà, responsabilità, autonomia, senso civico, rispetto delle diversità, divertimento, sport, abitudini salutari, creatività. Gli insegnanti devono vedersi restituita considerazione sociale e autorità dalle istituzioni, dalle famiglie, da tutti i cittadini. L’accesso all’istruzione è strumento di uguaglianza sostanziale fra tutti i cittadini e di piena inclusione di ciascuno, nel quadro di una società toscana aperta, accogliente, che non lasci nessuno solo o indietro.


6 – Autorità per cambiare le cose in Toscana

Vogliamo il controllo sull’acqua, sui beni comuni, su tutte le reti e infrastrutture, sui servizi pubblici. L’autogoverno toscano deve avere poteri legislativi, fiscali, monetari, sufficienti a consentire di cambiare da subito le cose, secondo la volontà popolare. Ci impegniamo a una svolta di valorizzazione ambientale e culturale, perché vogliamo sapere cosa mangiamo, beviamo e respiriamo; usare solo energie rinnovabili; promuovere una economia del riciclo di tutto, a rifiuti zero; fermare il consumo di suolo; porre fine all’imbruttimento della nostra madreterra.


7 – La Toscana è libertà, la libertà è toscana

Noi persone della Toscana custodiamo gelosamente una religione civile della libertà, dei diritti umani, dei doveri civici, contro ogni forma di discriminazione ed emarginazione. Ci attiviamo, con metodi sempre nonviolenti, per sostenere questi principi ovunque nel mondo.


8 – Ridiscutere i trattati ingiusti

Le autorità toscane, per quanto possibile d’intesa con il resto d’Italia e d’Europa, ridiscutano tutti i trattati e tutti gli organismi europei e internazionali, secondo i valori che ci sono propri. Vogliamo una libera confederazione europea che somigli più alla Svizzera, che alla vecchia Unione Sovietica o agli odierni Stati Uniti d’America. Crediamo nell’apertura delle società e dei mercati, ma non accettiamo più accordi con territori dove i lavoratori non godano di salari e diritti almeno paragonabili a quelli toscani.


9 – Prendiamo esempio dai paesi più virtuosi

Impareremo dalle piccole nazioni che sono più libere, giuste, pacifiche, virtuose di noi, come per esempio l’Islanda. Non vogliamo più strutture militari internazionali permanenti. Rifiutiamo l’interventismo e ogni altra forma di colonialismo. Vogliamo lo scioglimento della NATO in favore di più generali trattati di non aggressione.


10 – Identità toscana

Siamo una comunità unita dalla storia e dalla cultura. La nostra coesione vernacolare è patrimonio prezioso a disposizione di tutti i Toscani di nascita e di elezione. I Toscani emigrati sono invitati a portarci esperienze e idee nuove. Le comunità locali si organizzano per l’accoglienza controllata e responsabile dell’operosità e dell’onestà dei nuovi Toscani immigrati.


11 – Una “hosa” toscana per una “Hasa toscana”

Ci appelliamo a tutte le persone toscane, in particolare a coloro che credono nell’autogoverno dei territori, nella democrazia diretta, nei beni comuni, nei servizi pubblici universali, nei valori civici, nelle tradizioni e nelle libertà civili: insieme a “Toscana Stato” e a esponenti del comitato “Toscani per il No” al referendum del 4 dicembre 2016, uniamoci in un più ampio e inclusivo Comitato Libertà Toscana, con cui avviarci verso la fondazione di un soggetto politico toscano, una hosa toscana, un movimento indipendente per una Toscana progressivamente sempre meno dipendente. Ci aspetta un lungo lavoro, per realizzare insieme una Hasa toscana, un paese nuovo, più vicino alle attese e alle speranze della nostra gente, specie i più giovani, più simile a come noi Toscani lo abbiamo sempre sognato.

 

Firenze, Circolo ARCI Porta al Prato, 4 marzo 2017


venerdì 3 marzo 2017

Non è il sistema Renzi

Tiziano Renzi (fonte)

Non credo che ci sia un "sistema Renzi", non so se esista un "giglio oscuro".
Ritengo, invece, che alla fine delle inchieste e dei processi, risulterà che gli attivisti, i sostenitori, i finanziatori, i cortigiani che hanno accompagnato la traiettoria politica della meteora Matteo Renzi, si riveleranno essere stati meno ingenui di tanti altri, quanto a rispetto delle leggi sulle nomine e sugli appalti, sulla raccolta di finanziamenti, sui costi della politica e della organizzazione del consenso.
Ci indicheranno il dito Renzi per non farci guardare alla luna CONSIP.
La CONSIP, infatti, è il vero problema, così come anche altre "centrali" create in questa terrificante stagione del federalismo a parole e dell'accentramento di ricchezze e potere nei fatti.
Approfittando dell'ignoranza diffusa, del conformismo dei media, della pigrizia degli accademici, della complicità dei burocrati centrali e centralisti, in un paese in cui non si conosce che ogni scala ha le sue economie ma anche le molto più pericolose diseconomie, si è cavalcata l'arrogante narrativa che il centro avrebbe messo fine alle spese pazze delle periferie.
Purtroppo, l'idea che gli acquisti centralizzati nella pubblica amministrazione facciano risparmiare è tanto generalmente creduta quanto radicalmente sbagliata.Primo, la pubblica amministrazione non è una azienda che acquista materie prime semplici e omogenee, sulle quali sia facile applicare semplici modellini scolastici tipo "ne compro di più, ho uno sconto maggiore". Continuare a credere a questo raccontino la dice lunga sull'ignoranza economica di questo paese.
Secondo, l'acquisto centralizzato di beni appena più complessi, per esempio delle matite, comporta un aumento tale della distanza fra chi ha bisogno della matita e chi ha il potere di comprarla, che alla fine si compreranno fatalmente o poche matite, o troppe, e certamente tutte inadatte a coprire i bisogni specifici di tanti uffici, luoghi e persone diverse.
Terzo, più grande è l'importo di un appalto, più è difficile controllarne l'efficacia, le qualità intrinseche, l'appropriatezza, la sostenibilità sociale e ambientale; saltando le proporzioni fra beni in questione e numero dei controllori disponibili, non ci sarà più controllo sistematico, ma non funzioneranno nemmeno i controlli a campione. Anche le rare volte che si riuscirà a formare una squadra di controllo motivata, come per esempio quella di Cantone e della sua ANAC, essa non potrà occuparsi altro che di aspetti formali, di documentazione, di reputazione degli interessati, non potendo ovviamente entrare nel vivo e nella materia di ogni fornitura - non esistendo tuttologi, nemmeno fra i magistrati. Controlli meramente formali, quindi, che potranno comunque essere fatti solo su un grande appalto o un grande progetto alla volta. Un po' poco, ci sembra, come capacità di controllo, anche per questa nostra sfacciata e decadente repubblica.
Queste osservazioni stanno tutte fra il mero buon senso e una qualche minima capacità critica rispetto alla complessità delle organizzazioni umane, acquisita da chi scrive in trent'anni di lavoro e trent'anni di studi.

In fondo, però, in gioco, c'è ben altro.
Dobbiamo assolutamente ritrovare nel profondo di noi stessi un candido e radicale rifiuto della concentrazione di ricchezze e di potere.E' necessario per salvare la nostra diversità e le nostre autonomie sociali e territoriali, che sono la nostra umanità, cioè ben di più importanti che un po' di austerità e di onestà, che pure sono virtù necessarie, e anch'esse calpestate, dal centralismo, e anche dai renziani e dai renzisti.

Sì, forse anche i Renzi sono o hanno tentato di essere un'altra delle tante "consorterie" toscane alla scalata del potere a Roma, sulla scia di illustri personaggi del nostro passato (i fanfaniani, la cerchia di Ricasoli, su su risalendo fino alla scalata dei Medici che riuscirono a essere papi e principi). Ma non guardate al dito dei Renzi, bensì alla luna della CONSIP.

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