Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

lunedì 27 febbraio 2017

Toscana da riscrivere









E' arrivato il momento di trasformare il "NO" al centralismo che abbiamo espresso il 4 dicembre scorso, contro la riforma Boschi-Renzi-Verdini, in una azione politica diretta per la libertà e la giustizia, per la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici universali, per una radicale democratizzazione delle istituzioni dell'autonomia locale in Toscana, per rispondere alle attese della povera gente, per abbracciare senza riserve la fine del consumo di suolo e una politica zero-rifiuti, per la riforma dell'Euro e della casa comune europea, per il disarmo e la pace mondiale.
Chi scrive farà la propria parte, dopo trent'anni di attivismo e di studi sull'autogoverno della Toscana, a quasi vent'anni dalla pubblicazione di "Noi Stessi" (Vaiani, 1998), dopo aver condotto, nel proprio dottorato un approfondimento sulle condizioni sociali che rendono possibile la fine della concentrazione di ricchezze e di potere, in una nuova primavera delle democrazie locali (Disintegration as Hope, Vaiani, 2013).
Occorrono nuovi movimenti per l'autogoverno democratico, capaci di avviare, ciascuno nel proprio territorio, una concreta esperienza di riscatto sociale, oltre che in grado di federarsi dalla Scozia alla Corsica, dalla Catalogna al Kurdistan turco, per riformare la casa comune europea e tornare a impegnarci tutti insieme in un movimento internazionale per il disarmo e la pace mondiale.

Ne occorrono anche nei diversi territori italiani e noi abbiamo fiducia che si stiano formando, a cominciare dal DEMA a Napoli e dal rinnovamento degli storici movimenti indipendentisti e federalisti, come quelli della Sardegna e del Veneto.
Ne vogliamo fondare uno anche in Toscana: un nuovo movimento per l'autogoverno della nostra madreterra.
C'è una Toscana da riscrivere, grazie alla veraforza operosa e mite della nostra della nostra coesione vernacolare, delle nostre tradizioni e libertà, dei sentimenti democratici e sociali che traggono ancora vita dalle nostre radici anarchiche e socialiste.
Dateci una mano.
Vi aspettiamo sabato 4 marzo 2017, alle 10, al circolo operaio di Porta al Prato, in via delle Porte Nuove 33, a Firenze.



sabato 18 febbraio 2017

Disco rotto Madia




L'emanazione di norme che rendano facilmente licenziabile il dipendente pubblico infedele risale, come minimo, all'inizio degli anni novanta.
Dai tempi di Renato Brunetta, fino alla attuale ministra Marianna Madia, poi, praticamente ogni anno vengono reiterate le grida manzoniane che annunciano che sarà sempre più facile licenziare i "furbetti".
E' un disco rotto, che i media ripropongono con disarmante subalternità e conformismo, non sapremmo dire quanto accorgendosi che, a intervalli talvolta di pochi mesi, si ripetono le stesse cose.
Inutile ricordare che il governo Renzi, purtroppo, è stato particolarmente spregiudicato nel ripetere questo tipo di annunci.
Facciamo un attimo chiarezza.
Le norme per punire i dipendenti infedeli ci sono.
Le nuove che stanno arrivando non fanno che ribadire previsioni che erano già nelle precedenti, magari scritte peggio e di più difficile applicazione (cialtroni o avventurieri del diritto, scegliete voi).
Ci sono già anche, e profumatamente pagati, con stipendi fuori controllo e fuori mercato, decine di migliaia di dirigenti pubblici a cui è affidato il compito di farle rispettare.
Alcuni non lo fanno, perché sono essi stessi dipendenti infedeli.
Alcuni dirigenti, va aggiunto, non possono farlo, perché si trovano a guidare piramidi di uffici che sono talmente mal organizzati, oppure impoveriti e marginalizzati, con tanti di quei guai quindi, da rendere la bassa produttività o l'assenteismo di alcuni dei loro sottoposti l'ultimo dei loro problemi.
La maggior parte non lo fa perché ormai non sono più funzionari indipendenti, ma personale nominato da ed ostaggio di un ceto politico parassitario CHE NON VUOLE che la pubblica amministrazione funzioni.
Perché?
Fa comodo, intanto, poter dare la colpa in tivù alle ultime ruote del carro.
Eppoi l'inefficienza degli uffici pubblici è una ottima scusa per esternalizzare ed appaltare a enti, cooperative, società esterne.
Ancora meglio quando si può "privatizzare" (che spesso vuol dire regalare), così si arricchiscono direttamente coloro con cui c'è vicinanza di casta, consuetudine sociale, empatia politica.
Nel frattempo, non dimentichiamolo, le pubbliche amministrazioni sono diventate direttamente responsabili della cinesizzazione di tanti lavoratori, bloccando i loro contratti dentro e imponendo contratti da fame a quelli esternalizzati fuori.
Ovviamente, mentre ci si fa belli sui media contro i "fannulloni", i politici continuano a creare masse di precari nelle pubbliche amministrazioni, personale che nel tempo poi si deve stabilizzare (più rapidamente se, magari, si presta a dare un facile consenso agli stabilizzatori).
Questa è la dura realtà, ovviamente molto complessa, che i media di regime tengono nascosta.


domenica 12 febbraio 2017

Amara Terra Mia



Amara Terra Mia, un classico di Domenico Modugno, è stata scelta come vincitrice della serata cover di Sanremo 2017, nella interpretazione del cantante di origine albanese Ermal Meta.
Ci pare un segno dei tempi.
Forse, dietro il voto dei social, si è fatta sentire una qualche forma di protesta contro la deportazione, l'impoverimento, la spoliazione dei territori, lo sfruttamento.



mercoledì 1 febbraio 2017

Management o sinecura?

Fonte: archivio ANSA


Non entriamo nel merito della sentenza sulla strage di Viareggio del 29 giugno 2009, in cui morirono atrocemente 32 persone.
E' una vicenda drammatica, la cui definizione richiederà ancora tempo, fatica, risorse e tanto, tanto, tanto dolore.
Mi sento però lievemente confortato dal fatto che la sentenza abbia riaffermato un principio che in Italia si era andato perdendo: dirigere una grande azienda che - quando qualcosa va storto - può uccidere, non è e non deve essere una sinecura.
La condanna di Mauro Moretti e dei dirigenti minori coinvolti insieme a lui nella catena della responsabilità, sia di monito a queste caste che dicono di essere "manager" e invece si limitano a riscuotere stipendi principeschi, senza sapere nulla di quello che succede nella polvere e nel sudore della vita quotidiana della loro azienda.
Non sanno nulla di turni massacranti, di stipendi da fame, di materiali e impianti invecchiati, di edifici e superfici abbandonate, di servizi esternalizzati a ditte che sono competitive solo perché pagano meno i loro lavoratori e utilizzano materiali di qualità più scadente, di competenze interne disprezzate, di esperienze e professionalità non trasmesse o mai rimpiazzate, di procedure rispettate solo formalmente, dell'azzardo quotidiano di muoversi e lavorare nel caos normativo italiano (ed europeo).
Se ne sapessero qualcosa, non avremmo i beni e i servizi pubblici e para-pubblici ridotti come sono ridotti.
E non vale solo per le ferrovie, sia chiaro.

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