Fonte: archivio ANSA |
Non entriamo nel merito della sentenza sulla strage di Viareggio del 29 giugno 2009, in cui morirono atrocemente 32 persone.
E' una vicenda drammatica, la cui definizione richiederà ancora tempo, fatica, risorse e tanto, tanto, tanto dolore.
Mi sento però lievemente confortato dal fatto che la sentenza abbia riaffermato un principio che in Italia si era andato perdendo: dirigere una grande azienda che - quando qualcosa va storto - può uccidere, non è e non deve essere una sinecura.
La condanna di Mauro Moretti e dei dirigenti minori coinvolti insieme a lui nella catena della responsabilità, sia di monito a queste caste che dicono di essere "manager" e invece si limitano a riscuotere stipendi principeschi, senza sapere nulla di quello che succede nella polvere e nel sudore della vita quotidiana della loro azienda.
Non sanno nulla di turni massacranti, di stipendi da fame, di materiali e impianti invecchiati, di edifici e superfici abbandonate, di servizi esternalizzati a ditte che sono competitive solo perché pagano meno i loro lavoratori e utilizzano materiali di qualità più scadente, di competenze interne disprezzate, di esperienze e professionalità non trasmesse o mai rimpiazzate, di procedure rispettate solo formalmente, dell'azzardo quotidiano di muoversi e lavorare nel caos normativo italiano (ed europeo).
Se ne sapessero qualcosa, non avremmo i beni e i servizi pubblici e para-pubblici ridotti come sono ridotti.
E non vale solo per le ferrovie, sia chiaro.
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