Si può essere autonomisti solo facendo azioni politiche autonome. Decenni di pensiero e azione devono concretizzarsi in una nuova stagione di civismo, ambientalismo, autonomismo, anche qui in Toscana.
In assoluta autonomia, con le loro forze, con il proprio sacrificio e la propria dedizione, i cittadini di San Vincenzo hanno reagito alla storica crisi del loro comune con una proposta originale, quella di Officina San Vincenzo, che si è concretizzata nella lista civica che ha vinto le elezioni del 3-4 ottobre 2021, portandoli ad amministrare il loro comune con Paolo Riccucci come sindaco.
Questo blog li ha conosciuti solo attraverso il loro programma. Documento che ci è parso così serio e coraggioso, da farci dubitare che avrebbero avuto sufficiente consenso, in questi anni bui di disinformazione, propaganda centralista, bullismo da parte di quasi tutti i partiti nazionali.
Invece, con un po' di fortuna, grazie all'empatia dei loro candidati e al sacrificio dei loro attivisti, hanno prevalso, sia pure di poco, sulle altre tre liste con cui erano in competizione. Una comunità di 5.000 persone circa ha potuto così conoscere una storica alternanza di personale e comportamenti politici.
Del programma di Officina San Vincenzo vogliamo riprodurre un ampio stralcio dal capitolo dedicato al paese di San Carlo. Nella nostra visione decentralista e nel nostro impegno per una rivoluzione paesana in Toscana, ci sembra quello che contiene la sfida più bella e più grande: far vivere una San Carlo più autonoma dentro un comune di San Vincenzo più autonomo dal verticismo e dall'affarismo della politica delle alte sfere. Buona lettura!
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Per San Carlo - estratto dal programma di Officina San Vincenzo 2021
Ragionando in termini generali, San Carlo è forse la più grande occasione persa per la Val di Cornia. Le caratteristiche della frazione di San Vincenzo sono tali da garantire enormi potenzialità alla comunità che lo anima (o dovrebbe animarlo) e all'intero comprensorio.
Le potenzialità di San Carlo nella promozione del territorio, nella conservazione dell’ambiente collinare, nella rappresentazione plastica degli effetti dell’attività estrattiva del Novecento, sono un’occasione persa dalle ultime amministrazioni che non hanno saputo leggere le trasformazioni economiche e sociali del territorio e non hanno saputo integrare San Carlo nel sistema della Parchi Val di Cornia per realizzare una continuità storica e culturale tra le attività estrattive etrusche, romane, medievali, moderne e contemporanee sul massiccio di Monte Calvi.
La posizione posta tra le colline ne fa la porta naturale del sistema dei Parchi della Val di Cornia e potenzialmente è collegabile con il sistema urbano attraverso una sentieristica dalla Val di Gori nonché dal Masseto è collegabile al sistema costiero. In più le colline a nord, nel Comune di Castagneto Carducci e a nord-est nei comuni di Sassetta e Suvereto sono senz'altro tra le più interessanti dal punto di vista ambientale e paesaggistico della costa Toscana. Fare sistema con questi comuni permetterebbe un ulteriore sviluppo di sentieri e ippovie, facendo scoprire aspetti del territorio totalmente diversi da quelli attualmente offerti. In chiave di destagionalizzazione, le offerte paesaggistiche, culturali ed archeologiche che le nostre colline possono offrire sono un elemento chiave sinora ignorato.
La nostra amministrazione si impegnerà a sviluppare questi concetti in chiave del cosiddetto EcoMuseo, ovvero museo diffuso che valorizza tutte le risorse del territorio.
Neppure il rapporto con le cave è stato interpretato in modo proficuo per la collettività. A fronte di un ritorno occupazionale sempre più limitato, si è accettato di ampliare le concessioni di escavazione e si è permesso il completo asservimento della sponda sanvincenzina della Valle delle Rozze al transito del minerale via camion e treno. Il controllo sul rispetto del piano di escavazione è insufficiente quando non apertamente assente e ad oggi il piano di ripristini dei fronti vecchi è ad un grado di avanzamento ridicolo rispetto al piano approvato ormai 15 anni fa.
Il progressivo ampliamento dei fronti cava sta compromettendo la risorsa paesaggistica sancarlina senza che si sia prevista una immediata ed efficace azione di riappropriazione di spazi ormai dismessi alla collettività in modo da poterli rendere fruibili e, in prospettiva, punti di interesse di nuovi modelli turistici che si basino supaesaggio, storia (antica e moderna) e cultura.
Non sono solo i dintorni del paese a rappresentare una riserva di attrattive. Il tessuto urbanistico del paese è pressoché intatto e non c'è dubbio sul valore edilizio e sull'innovazione che, per l'epoca, ha rappresentato la ripartizione spaziale tra gli immobili e la sapiente alternanza tra spazio pubblico e spazi privati.Le poche contaminazioni recenti hanno certamente interrotto – anche brutalmente – il disegno originario ma il paese rimane attrattivo e piacevole nonché di sicuro interesse per un progetto di turismo culturale di livello avanzato.
Anche di questo patrimonio non c'è consapevolezza e la dimostrazione lampante è proprio il percorso urbanistico – pieno di contraddizioni e in bilico tra legalità ed illegalità – dell'area “Pellegrini”.
Neppure da un punto di vista prettamente amministrativo si sono voluti eliminare una volta per tutte, gli impedimenti ad una concreta attuazione di obiettivi di breve – medio – lungo periodo. Sappiamo infatti che gran parte delle resedi, delle vie e delle aree verdi di San Carlo, sono ancora oggi proprietà della Solvay. Se in epoche ormai lontane la Solvay si prendeva cura persino meglio del Comune delle resedi in questioni, le attuali logiche di mercato che condizionano le conduzioni aziendali non permettono più una simile coesistenza. Un lavoro minuzioso e capillare è stato fatto negli ultimi anni a San Vincenzo per strappare le resedi stradali degli accessi a mare dalle residue proprietà nobiliari. Un lavoro logico, sebbene in quei casi non fossero sorti particolari impedimenti all'attività amministrativa, perché l'Ente puntava a poter disporre in modo autonomo di un elemento strategico vitale per la fruizione di un bene economico di enorme rilevanza: la spiaggia.
Non altrettanto è stato fatto nei confronti della Solvay nonostante per la natura e la mole delle aree siano sorti più ostacoli alla cura e riqualificazione dei luoghi nel tempo e nonostante vi fosse lo strumento perfetto per procedere all'acquisizione delle aree: il rinnovo della convenzione per le escavazioni. Viceversa si è deciso di non decidere e rimandare ancora un nodo che dovrà essere sciolto per poter ben disporre amministrativamente della Frazione.
Infine i servizi, tutti. Dalle strade al digitale, dall'acqua ai rifiuti, dal trattamento dei reflui ai trasporti pubblici, dalla pulizia alla cultura. San Carlo è carente da tutti questi punti di vista e rischia in un prossimo futuro di esserlo ancora di più.
Va naturalmente messo in relazione il numero degli abitanti con il costo dei servizi e si può affermare che il Comune di San Vincenzo non ha una immediata motivazione economica nell'investire davvero su San Carlo. Questo perché non esiste una prospettiva chiara che faccia prendere coscienza della grande potenzialità della frazione.
Il circolo vizioso deve essere spezzato (per quanto sia complesso e impossibile l'obiettivo senza una sensibilità ritrovata da parte di San Vincenzo e delle Istituzioni) attraverso la comprensione dei valori identitari dei luoghi, delle colline e delle storie che possono raccontare i muri, spesso scrostati, delle “case Solvay”.
Una strategia pubblica, ampia e coerente che comprenda le risorse e le potenzialità del territorio che ci circonda è l'unica possibilità che abbiamo per concretizzare molte risorse del nostro paese.
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Il comune può e deve, nel concepire la propria azione in materia culturale, pensare che non esiste solo San Vincenzo ma anche la frazione.
Durante l'inverno il luogo che deve animarsi e diventare circolo di scambio culturale è la sala del consiglio di frazione. Giusto che si possano ospitare nella sala ogni sorta di corso o riunione ma sarebbe auspicabile che le istituzioni manifestassero la propria presenza. Le possibilità in tal senso sono numerosissime (punto libri, circoloscambio permanente, sala lettura e incontro ecc ...) e possono anche darsi specifici obiettivi come ad esempio integrare le ospiti della comunità presente nella frazione nelle attività sociali e ricreative che si possono organizzare. In epoche ormai remote i
giovani del Nobiscum organizzavano cineforum nella sala multimediale a San Vincenzo, nulla osta che iniziative simili possano essere intraprese a San Carlo con il patrocinio e tutta la collaborazione possibile e immaginabile dell'amministrazione.
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Non si è neppure riusciti a restituire alla pubblica fruizione in tempi ragionevoli porzioni di territorio non più soggette ad escavazione ma, al più, ad opere di ripristino (in gravissimo ritardo). Rimando in tal senso all'esame della situazione delle cave che dimostrerà una volta di più quanto lavoro ci sia da fare per operare un cambiamento nella disponibilità dei beni comuni della Frazione.
Polveriere, spogliatoi, manufatti a servizio del pompaggio delle acque, tutti manufatti generalmente costruiti tra gli anni Venti e i Cinquanta del 900, con caratteristiche edilizie e morfologiche fortemente caratterizzate ed evocative che molto bene si presterebbero a qualsiasi uso a servizio di un progetto ampio di valorizzazione di uno dei più straordinari comparti culturali – lavorativi – storici – archeologici esistenti in Europa e forse al mondo.
Cave e miniere dagli Etruschi al Novecento passando per il medioevo. Il lavoro e la vita di ina comunità attraverso tre millenni, le speranze, le tecnologie, le storie di grandi sviluppi, bruschi arresti, profondissime crisi. Il ciclo del lavoro del minerale dagli Etruschi ai nostri giorni attraverso la storia della metallurgia e siderurgia, e i forni dell'allume solo per limitarsi alle straordinarie risorse in campo minerario – metallurgico. Ma c'è molto altro, dallo sfruttamento del bosco all'agricoltura (non si dimentichino il frantoio di San Silvestro), dalle testimonianze dei commerci nel golfo di Populonia alla pesca.
Il tutto da collegare allo studio delle essenze vegetali di cui si vantano endemismi spettacolari del tutto sconosciuti agli stessi abitanti della Frazione. Il parchetto pubblico tra via Canova e la fermata del bus pullula di Ophrys apifera, sui fronti cava dismessi si possono studiare le varie stratificazioni botaniche dalle pioniere alla gariga alla macchia mediterranea.
San Carlo potrebbe essere il cuore pulsante di uno degli esperimenti di valorizzazione di un patrimonio culturale ricco ed esteso su tre millenni più significativi d’Italia, forse d’Europa.
Servizi di foresteria e bivacco, aree di sosta per approfondimenti e aree da destinarsialla libera fruizione per escursionisti sul modello scandinavo.
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Le cave hanno creato San Carlo (sulla rimozione del castello di Biserno) per come la conosciamo. Hanno rappresentato il luogo di lavoro e di formazione culturale individuale e collettiva per generazioni di cittadini. Oggi questa realtà è molto diversa.
L'attività estrattiva non può garantire un rilancio della frazione sia perché le logiche aziendali non sono più improntate al modello paternalistico del secolo scorso, sia perché il numero degli occupati è poco significativo se comparato a quello di 30-40 anni fa ed è in continuo calo.
A fronte del minor beneficio economico per il territorio si è assistito ad un progressivo e rapido incremento delle escavazioni grazie a mezzi meccanici sempre più produttivi.
Le amministrazioni comunali non hanno mai messo in atto nessun serio e concreto programma di riconversione delle basi economiche della Frazione.
Conseguentemente le colline scompaiono e la Frazione deperisce.
Invertire la tendenza significa inevitabilmente avere un approccio diverso con le cave e una autonomia progettuale assoluta sulla Frazione.
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Fonte:
https://officinasanvincenzo.altervista.org/
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