Una delegazione di "Liberi Toscani" sarà presente alla manifestazione del 12 ottobre 2019 a Roma, convocata sotto il motto "Liberiamo l'Italia". Tra gli altri ci saranno Fabrizio Valleri, Costanza Savio, Chicco Vita, Michele Bazzani.
La manifestazione è organizzata da una galassia di gruppi, attivisti, intellettuali in rotta di collisione contro lo status quo, le catene del debito, l'austerità, il pensiero unico eurinomane, i trattati ingiusti (non solo il CETA), il militarismo, l'imperialismo, il neocolonialismo (anche quello interno, che distrugge le periferie dell'Eurozona, che opprime la Catalogna, la Corsica, la Sardegna e la Sicilia).
Incontreremo e ascolteremo figure che stimiamo, come Alberto Micalizzi, Mauro Scardovelli, Paolo Maddalena, Stefano Sylos Labini.
E' stato deciso che non ci siano insegne di partito, ma solo simboli repubblicani e ciellennisti. Per questo anche noi toscanisti e localisti esponiamo solo l'insegna dello storico Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, una esperienza storica non solo di resistenza antifascista, ma anche fucina di riflessioni decentraliste e antiautoritarie.
Andiamo a Roma con umiltà, ma con alcune idee chiare in testa, che in parte sappiamo condivise, ma che in parte sono originali e forse anche critiche, rispetto agli appelli diffusi dagli organizzatori.
1) Evitiamo la narrazione semplicistica che i guai di questa Repubblica sono venuti con l'Euro. Tutto era già cominciato con il passaggio alla gestione di "mercato" del debito pubblico, quindi almeno dal 1981. Rileggiamoci, almeno noi qui in Toscana, in proposito, i lavori divulgativi di Francesco Gesualdi (Le catene del debito, 2013). Anche quella della Lira non era una "area valutaria ottimale". Le periferie della zona Lira - in particolare il Sud, ma non solo il Sud - erano già soggette a svuotamento di persone, risorse, cultura e dignità. La distruzione delle comunità locali, la svendita dei loro beni comuni, l'attacco ai servizi pubblici universali, c'erano prima dell'Euro e, se non cambiamo profondamente strada, resteranno anche dopo l'Euro.
2) La sacrosanta protesta contro le tecnocrazie deve restare democratica e libertaria, anticolonialista e internazionalista. Mai confondersi con gente bigotta e reazionaria. Mai affiancarsi a forze centraliste, nazionaliste, intrinsecamente autoritarie (e non stiamo parlando solo del salvinismo, perché il centralismo autoritario è una malattia che inquina l'intero spettro politico italiano).
3) Non perdiamo di vista la nostra gente, in particolare gli umili, ma anche le classi medie che si stanno impoverendo e le ultime ondate di giovani che hanno dovuto fuggire all'estero. Le necessarie riforme contro la concentrazione di ricchezze e di potere, l'accumulazione di capitali virtuali, la circolazione di merci spazzatura e la tratta dei nuovi schiavi, gli "schiavoratori", dobbiamo farle in collegamento e in solidarietà internazionale con tutto il resto dell'Eurozona e oltre. IN ATTESA DI POTER CAMBIARE LO STATUS QUO DEI TRATTATI INGIUSTI EUROPEI E ATLANTICI, DOBBIAMO LOTTARE INSIEME PER DARE IMMEDIATO SOLLIEVO ALLA NOSTRA GENTE. Per esempio dirottando da subito partite come gli incentivi nocivi all'ambiente e le spese militari, verso i lavoratori poveri; cristallizzando e monetizzando il debito pubblico, per ridurre la spesa per gli interessi; spostando al più presto risorse e personale, poteri e compentenze, dagli inefficienti e costosi ministeri centrali alle amministrazioni comunali che sono più vicine ai cittadini.
4) Non dimentichiamoci i nostri territori, le città, le regioni, le identità culturali e linguistiche, le tante nazioni che formano la Repubblica delle Autonomie (strettamente interconessa con l'Europa delle Regioni). Non esiste alcuna soluzione "italiana" ai problemi posti dagli errori della globalizzazione neoliberista. La ricostruzione economica e sociale, l'effettività dei servizi pubblici universali, la restituzione di dignità ai lavoratori pubblici, la manutenzione dei beni comuni, la conservazione dei beni culturali, la svolta ambientalista, tutto questo può essere realizzato solo da istituzioni locali forti, che si autogovernano, che possano anche stampare, se necessario, proprie MONETE LOCALI COMPLEMENTARI, DI SOLIDARIETA' E PROSSIMITA'. Non c'è alcuna ricetta economica e sociale che vada bene dalla Val d'Aosta al Salento: questo era stato confusamente ma sufficientemente compreso dai partiti che "lasciarono fare" l'Italia del "boom". Poi sono arrivati i centralisti tecnocratici, che hanno concentrato un immenso potere nelle mani di pochi, a Roma, a Milano, a Bruxelles e la fine che abbiamo fatto è davanti agli occhi di tutti.
5) Di fronte alla gravità del momento politico interno e internazionale, non è il momento di fondare nuovi partiti, ma di fare "rete", con capacità di trasversalità e di inclusione, fra tutti quelli che già esistono, assicurando pari dignità a ogni gruppo politico, dalla più piccola lista civica locale al più organizzato dei partiti nazionali, dai più locali ai più collegati internazionalmente. Facendo "rete" potremo almeno tentare di resistere a una comunicazione pubblica dominata da narrazioni conformiste. Studiando insieme, magari nel "laboratorio" proposto da Scardovelli e Micalizzi, potremo approfondire nuove idee per ripristinare la democrazia, fuori e dentro le istituzioni della Repubblica e dell'Europa.
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