Sono ormai pericolosamente vicino a compiere quarant'anni di attivismo, considerando che, come giovanissimo studente a Prato, partecipavo già alle assemblee e alle istituzioni dell'autogoverno scolastico.
Per tutta la mia vita non ho mai esitato ad appoggiare tanti movimenti nati dal basso, dalle persone comuni, dalle minoranze, dai diversi, dagli oppressi, dagli ultimi, dalle periferie di tutto il mondo: le istanze autonomiste, decentraliste, di autogoverno; l'anticolonialismo (anche contro i colonialismi interni ai grandi stati); le lotte contro i partiti unici e le partitocrazie; i movimenti per il disarmo e contro il mercato delle armi; le lotte anti-nucleari; le liste verdi autonome e autonomiste (con cui ho fatto una breve ma significativa esperienza come consigliere comunale di opposizione a Prato, nel 1990-1992); la resistenza degli antiproibizionisti; i comitati ambientalisti; le iniziative di risveglio civile contro le mafie; le liste civiche; il rifiuto di monopoli e parassitismi burocratici e plutocratici; l'impegno contro tutte le discriminazioni; i movimenti per la democrazia locale e contro tutte le concentrazioni di potere e di ricchezze a livello toscano, italiano, europeo e globale.
La mia storia non è quella di un vincente, anzi, ho accumulato molti errori personali e sofferto, insieme alle comunità di cui ero parte, per lo più sconfitte.
Tra gli errori, che ammetto sinceramente, quello di aver seguito, a tratti, alcuni "leader" nazionali, carismatici e mediatici, di cui magari non condividevo tutto, ma che credevo potessero svolgere nella Repubblica italiana una funzione in qualche modo "maieutica".
Tra gli aspetti positivi, rivendico di aver saputo dialogare e costruire percorsi concreti di cambiamento con persone di ogni classe sociale e formazione culturale, ben oltre quelli che (una volta) erano gli angusti recinti di sinistra, centro e destra. Le persone di animo libertario hanno sempre molto da dirsi, indipendentemente dalle loro antiche appartenenze partitiche.
Tutte queste rivolte, a cui nel mio piccolo ho contribuito, non sono affatto state domate, sia chiaro, perché esse non sono un fenomeno sovrastrutturale.
Decentralismo e autonomismo, civismo e ambientalismo, che hanno già scritto belle pagine di storia, sono qui per restare e durare, perché sono l'unica strada per fermare la distruzione del pianeta e per assicurarci che lasceremo alle generazioni future una vita degna di essere vissuta.
Animo quindi e, per i pochi che mi leggono, un modesto suggerimento.
Non lasciate mai che il vostro movimento autonomista, civico, ambientalista, venga assogettato a un vertice (italiano, o europeo, o magari mondiale).
Questo errore è già stato fatto da mille altri movimenti della storia contemporanea e, in ultimo, nella Repubblica Italiana, anche dai movimenti se-dicenti populisti (dal più grosso, i Cinque Stelle, ai mille altri più piccoli, fino ai più recenti rivoli neo-sovranisti).
Purtroppo vedo che taluni ancora aspirano a fondare e formare sempre nuovi movimenti "nazionali" od "europei", perché pensano che ci si debba lanciare alla conquista dei centri decisionali di Roma, Milano, Francoforte e Bruxelles.
Peccato che, se il movimento diventa una piramide, esso diventi strutturalmente simile alle altre piramidi della modernità.
Anche quando ne conquista il vertice, invece che cominciare a smontarle, si pone a capo di esse.
Emblematica e oltremodo triste, per esempio, è la parabola leghista. Partirono per abolire i prefetti e hanno finito per mettersene a capo, occupando a lungo, in più occasioni negli ultimi vent'anni, il Ministero degli Interni.
Anche il grillismo, per citare uno degli ultimi e forse più importanti tentativi di assalto alla cima delle piramidi, ha fallito perché non ha resistito alla tentazione di essere esso stesso una organizzazione piramidale (e persino più opaca di tante altre).
Di Gandhi è ben noto un importante aforisma:
“Il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine a un albero; e
tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c’è
tra seme e albero.”
Noi in Toscana si potrebbe dire, più alla buona, che il pioppo non fa uva.
Un movimento verticale non produrrà mai una società più orizzontale.
Un movimento centralizzato non voterà mai riforme decentraliste.
Un movimento autoritario non aiuterà mai la società a diventare più libera e più responsabile.
Un movimento che indice plebisciti dall'alto, ancorché elettronici, non consentirà reale capacità di elaborazione, proposta e decisione dal basso.
Un movimento che persegue la propria vittoria maggioritaria e solitaria, magari con l'elezione diretta del proprio capo come "uomo solo al comando" di vasti territori, dominerà attraverso l'invasione mediatica, ma non saprà mai ascoltare, includere, mediare.
Cercare di vincere senza sentire la necessità di convincere, non funzionerà, se non attraverso scorciatoie autoritarie in stile Ungheria o Turchia.
Non avremo l'uva dal pioppo, care poche persone che mi state leggendo.
Ci occorre una vigna, una struttura molto più reticolare e orizzontale!
Per avviare i profondi cambiamenti civici e civili, una svolta ambientalista, una economia e una società più a misura di bambini e di vecchi, di animali e di alberi, per cui lottiamo da una vita, occorrono grande pluralismo culturale, ampia partecipazione popolare,
la fine della concentrazione di potere, ricchezze e tecnologie (che non sono mai neutrali!), l'autogoverno di
tutti dappertutto.
Questo è ciò per cui lottano, in Europa e nel mondo, tutti gli autonomisti e i decentralisti, dalla Patagonia a Hong Kong, da Bougainville al Vermont, da Portorico al Kurdistan, dal Somaliland al Kashmir, così come, più vicino a noi, in Scozia, Catalogna, Corsica, Sardegna.
Noi, che siamo impegnati in tante realtà autonomiste, civiche, ambientaliste, a partire da Libera Firenze, vogliamo essere piccole viti della vigna, non pioppi (non importa quanto alti e maestosi).
A tutti chiediamo di fare rete per una Toscana dei territori, una Repubblica delle Autonomie che ritorni (almeno!) fedele alla sua Costituzione, una Europa delle regioni, un mondo liberato dal pensiero unico, dalle ideologie dell'austerità, dalle catene dei debiti, dalla cultura di massa, dal consumismo, dal globalismo, livellamento globalista, dallo sfruttamento ecocida e genocida.
Incontriamoci, conosciamoci, mettiamoci al lavoro, insieme.
Le viti non si fanno ombra l'un l'altra e tutti gli operai di una vigna hanno gli stessi doveri e ricevono la stessa ricompensa.
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