Riceviamo e volentieri pubblichiamo integralmente:
Lucca – Firenze – Pisa – Siena, 22-23 novembre 2022
La Multiutility è un grande scippo di beni comuni alle persone e alle comunità della Toscana. OraToscana unisce la propria voce a quella dei piccoli comuni, degli amministratori civici e indipendenti (spesso ribelli ai partiti nelle cui liste sono stati eletti), dei movimenti, associazioni e comitati che si sono messi di traverso rispetto a questa operazione di fusione di aziende che svolgono servizi pubblici in 67 dei 273 comuni della Toscana.
OraToscana sarà a fianco di ogni iniziativa di resistenza e di protesta, con la competenza e le capacità dei propri consiglieri comunali, attivisti e studiosi. Appoggeremo eventuali tentativi di resistenza attraverso gli istituti della partecipazione popolare, come per esempio i referendum abrogativi comunali.
In aggiunta, OraToscana lavora per un salto di qualità politica nell’impegno di tutti coloro che credono nelle autonomie e nell’autogoverno dei beni comuni locali. Promuoverà, non in solitudine, una iniziativa politica ed elettorale, di segno civico, ambientalista e autonomista, per la nostra terra, la salute, i beni comuni. La stratificazione di leggi nemiche dei servizi pubblici locali va combattuta a partire dal Parlamento europeo, nel Parlamento italiano, nel Consiglio regionale della Toscana.
Il Trattato sul funzionamento della Unione Europea (TFUE), all’art. 106, tutela la gestione pubblica diretta e locale degli essenziali servizi pubblici, così come la Costituzione, se si desse piena attuazione agli articoli 5, 43, 117 e 119. Il tradimento dei principi comunitari e costituzionali attraverso l’attuale metastasi normativa (sé dicente liberista, ma in realtà antiliberale, antisociale, antipopolare), va fermato, non solo con le parole, ma nelle urne.
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Approfondimenti sul disastro della Multiutility
L’operazione, come si legge nelle 47 pagine della Delibera 49 del Consiglio comunale di Firenze (ex proposta 55) del 19 ottobre 2022, coinvolge la società ALIA, che già ha incorporato antiche storiche municipalizzate dell’area fiorentina e alla quale saranno unite Toscana Energia, Publiacqua, Consiag, Acqua Toscana, Publiservizi.
Gli enti pubblici locali attualmente soci delle società coinvolte si ritroveranno, volenti o nolenti, azionisti di una “Holding Toscana”, di diritto privato, aperta a “investitori” finanziari internazionali, con una possibile quotazione in borsa. Il potere, però, resterà saldamente in mano al Sindaco metropolitano di Firenze e ai tecnocrati che, almeno dai tempi del decreto Andrea Ronchi-Silvio Berlusconi del 2009, amministrano come mandarini la privatizzazione dei servizi pubblici locali in tutta la Repubblica.
“Privatizzazione” è diventata una parola impronunciabile, perché ha coinciso, non solo in Toscana, con un inarrestabile declino dei servizi pubblici. Una decadenza che fu frenata, ma non fermata, dalla vittoria dei difensori dell’acqua e dei beni pubblici nei referendum popolari del 2011.
I principali guasti che l’operazione, se non sarà fermata, produrrà sono:
1) I comuni, e quindi i cittadini, perderanno ancora ulteriore sovranità su quella aggregazione verticistica, che renderà più opache le relazioni industriali e le scelte di investimento, oltre che più difficile il controllo sulla qualità dei servizi erogati.
2) Non ci saranno economie di scala di alcun tipo, anzi si pagheranno le diseconomie dell’aggregazione forzata di attività eterogenee, perché si dovranno continuare a presidiare territori diversissimi fra di loro, rispettando normative che sono estremamente complesse e specifiche dei vari campi di attività. Acqua, energia, rifiuti sono servizi pubblici essenziali e indisponibili, che devono essere gestiti da unità operative competenti e presenti paesino per paesino, quartiere per quartiere. Sono attività di rilevanza economica ma solo una classe politica estremamente ignorante o assolutamente ipocrita può permettersi di vederle come “industrie” che possono essere centralizzate (e magari “tagliate”).
3) Continuerà la desertificazione delle competenze, che storicamente i servizi pubblici locali coltivavano e mantenevano in ciascuna comunità. Ci saranno meno tecnici e operatori esperti, a presidio dei servizi territorio per territorio. Aumenteranno le esternalizzazioni, con la creazione di lavoro meno protetto, meno competente, meno stabile, meno pagato. Episodi emblematici di malagestione delle riparazioni da parte di un esercito di esternalizzati precari, come quello che portò al disastro di Lungarno Torrigiani a Firenze nel 2016, non hanno insegnato evidentemente nulla all’amministrazione Nardella e ad altre.
Gli unici guadagni certi, se si proseguirà in questo avventurismo di politici che si improvvisano finanzieri, saranno quelli delle società di consulenza e degli investitori privati coinvolti in questa operazione, oltre che negli aumenti dei bonus e dei benefit dei sé-dicenti manager delle aziende coinvolte.
I perdenti, non da ora e non per colpa della guerra, sono sempre i cittadini e le piccole imprese, che subiscono gli aumenti delle bollette e le carenze di manutenzione delle reti.
Economia circolare, sostenibilità, energie rinnovabili, a parte la buona volontà di qualche famiglia abbiente e di qualche piccola impresa coraggiosa, restano solo parole buone per gli uffici stampa, per colpa di questi grossi aggregati che non sono più servizi pubblici (e che non potranno mai neppure diventare vere aziende private).
Nel caos normativo e politico creato da una serie di governi centralisti (di sinistra, di centro, di destra, populisti e tecnici, da Berlusconi, a Monti, a Letta, a Renzi, a Gentiloni, a Conte, a Draghi), a seguito di queste pericolose concentrazioni di potere, ben poco si sta facendo per una svolta ambientale (e anche il PNRR si mostrerà presto per la grande illusione ottica che è).
SIATE
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