Nel 1979, oltre quarant'anni fa quindi, uscì anche in lingua italiana il "Rapporto al popolo europeo" a cura di Denis de Rougemont e del Gruppo Cadmos.
Al netto delle ingenuità del tempo (c'era ancora il bipolarismo USA-URSS, tanto per contestualizzare), il testo merita rispetto perché presagisce cose che sono ancora attuali e che lo saranno ancora a lungo, se l'umanità vorrà sopravvivere:
- la necessità del moltiplicarsi di movimenti ecologisti regionalisti, per dare più autogoverno ai territori e maggiori possibilità di partecipazione ai cittadini;- la comprensione già nitida (alla fine degli anni Settanta!), con accenti da ecologia profonda, che non solo ci saranno cambiamenti climatici, ma che la nostra civilizzazione industriale e in particolare la nostra agricoltura industriale, erano già diventate eccessivamente fragili rispetto ai problemi climatici;
- l'urgenza di un cambiamento radicale di mentalità economica, che ponga fine a questo sviluppo fondato su uno sfrenato consumismo, che non ci nutre in modo sano, che ci costringe a un disumano pendolarismo, che ci fa ammalare;
- il rifiuto dell'illusione nucleare, non sapendo noi - allora come oggi - come e dove conservare per migliaia di anni le scorie;
- l'opposizione al centralismo autoritario, in tutte le sue forme, anche in campo economico e non solo politico; rifiutando, quindi, le grandi centrali energetiche, le concentrazioni industriali, le corporazioni multinazionali;
- un'idea veramente europea e in definitiva universale di rifiuto della passività e dell'obbedienza, che spinga i cittadini a mettere in discussione gli stati, gli statalismi, i loro centralismi autoritari, i loro colonialismi;
- la necessità di sottomettersi a un diritto delle genti che ponga fine al militarismo e ai conflitti;
- la promozione globale dei diritti umani, non solo individuali ma anche sociali, culturali e comunitari.
Rileggiamo volentieri questo pensiero che è sì federalista, ma pervaso da una mentalità profondamente decentralista.
Se non si guarda alla Svizzera, invece che agli USA o alla Cina, non c'è futuro per il pianeta, inteso proprio come delicatissima biosfera, minacciata dalla nostra modernizzazione ecocida, oltre che genocida.
Non si può essere seriamente ambientalisti, senza credere nell'autogoverno delle comunità umane al più basso livello possibile.
Solo i territori possono agire, retti da leader locali sostenuti da comunità coese, perché le cose fondamentali della vita, da cosa si beve e mangia, a come ci si cura, a come si vive e infine a come si muore, possano essere migliorate.
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