Un mio articolo uscito sul Tirreno mercoledì 17 febbraio 2010, dedicato alla bellezza della competizione maggioritaria e bipartitica, ma anche all'utilità, talvolta, di un "terzo incomodo" (NdA, sabato 3 dicembre 2011).
Un bipartitismo che funzioni,
senza ma anche con un "terzo incomodo"
di Mauro Vaiani
Grazie all'ospitalità del Tirreno, continuiamo a dar voce a quella fetta largamente maggioritaria dell'opinione pubblica che, nonostante la resistenza delle nomenklature politiche, continua a volere una ulteriore semplificazione dell'offerta politica: non solo bipolarismo, ma un avanzato bipartitismo. A vincere le elezioni, a ogni livello, deve essere un partito. A chi arriva secondo va l'onere di guidare l'opposizione e costruire una alternativa. Tutti gli altri fuori.
Questo non significa che per chi resta fuori, non ci sia spazio. In politica, come nella vita, si può svolgere un ruolo straordinariamente interessante e creativo: quello del terzo incomodo.
Terzo incomodo non sono le forze estreme che cercano di condizionari i due partiti maggiori (IDV a sinistra, Storace a destra). Terzo incomodo non sono figure come Vendola o Bonino, persone che, formalmente ancora appartenenti a partitini autonomi, sono già, nei fatti, leader di quel Partito Democratico allargato che il segretario Bersani chiama il “Nuovo Ulivo”. Terzo incomodo non è la Lega, che è di fatto, anche se ancora non di diritto, è federata con il PDL e si concentrerà sempre di più – come ripete spesso Denis Verdini – sui territori che il PDL le lascerà liberi, finendo per diventare, la Lega per il PDL, quello che in Germania è la CSU bavarese per la CDU pantedesca.
Terzo incomodo non sono, in Toscana, candidati governatori come Alfonso De Virgiliis (Radicali) e Francesco Bosi (UDC), persone serie e apprezzate, ma che inevitabilmente corrono solo per far superare alla propria fazione il quorum del 4%.
Il vero terzo incomodo nasce assolutamente fuori e contro entrambi i maggiori partiti. Incarna una critica profonda ai loro eventuali difetti. Richiama l'opinione pubblica su temi nuovi e trasversali, che sono trascurati dall'establishment. Raccoglie sostenitori e denaro attraverso canali alternativi e spesso innovativi. Non punta al 4%, né a indebolire l'uno o l'altro dei due maggiori aspiranti, né a lucrare posizioni di rendita centrista, alla Casini. Punta invece a vincere, regalando all'opinione pubblica un brivido, perché la sua vittoria appare nell'ordine delle cose possibili. Come – ci pare - sta accadendo in Calabria, con l'impegno civico e anti-casta dell'imprenditore del tonno, Pippo Callipo.
Negli Stati Uniti non è raro che, di fronte all'impigrimento dei due partiti maggiori, il terzo incomodo finisca per prevalere. In tutti i paesi dove il bipartitismo ha una storia maggiormente consolidata, si sono già viste crisi così gravi di uno dei due maggiori partiti, che un terzo partito finisce per prenderne il posto. Come rischia di accadere quest'anno in Gran Bretagna ai Laburisti, che potrebbero essere sostituiti da forze democratiche di sinistra, sia locali che nazionali.
In Toscana, dopo la scesa in campo di Enrico Rossi (PD), che sta segnando importanti discontinuità con la vecchia sinistra toscana, e di Monica Faenzi (PDL), indicata da Silvio Berlusconi come immagine innovativa e operosa di quella che è già l'alternativa liberale possibile, nessuno è sceso in campo a fare il terzo incomodo e nessuno ne sente il bisogno. Almeno per stavolta.
* * *
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
mercoledì 17 febbraio 2010
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