Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

mercoledì 30 settembre 2020

Indipendenza o in-dipendenza?

Scriviamo queste poche righe per ricordare quanto ci siamo impegnati, praticamente per tutta la vita, per sostenere l'emancipazione di coloro che cercano indipendenza e invece si sono trovati sempre più in-dipendenza.

Prima di tutto stiamo pensando alle vittime del colonialismo "duro e puro", in particolare l'Africa, che in questo anno 2020 celebrano sessant'anni di un difficoltoso, controverso e soprattutto incompiuto processo di "decolonizzazione".

Il 1960 fu definito l'anno dell'Africa, per il grande numero di stati che raggiunsero, ma solo formalmente, l'indipendenza.

Segnalo un approfondimento:

https://ecointernazionale.com/2020/09/1960-anno-dellafrica-sessantanni-dopo/

Segnalo anche le bellissime conversazioni su Radio Radicale di Steve Emejuru e di altri, sulla difficile indipendenza africana che troppo spesso mantiene il continente nero "in-dipendenza":

https://www.radioradicale.it/scheda/618843/voci-africane-trasmissione-del-movimento-degli-africani

Vorrei invitare anche ad approfondire l'immenso dibattito sul neocolonialismo, con quello che Magdoff ha chiamato nel 2003 "Imperialism without colonies":

https://monthlyreview.org/product/imperialism_without_colonies/

Infine vorrei lasciare due parole critiche e autocritiche per scuotere coloro a cui sono vicino da sempre, in quanto autonomista, gli indipendentisti che cercano un riscatto per le colonie interne dei grandi stati, come in Corsica, in Sardegna, in Sicilia. A maggior ragione questa "sveglia" vorrei che risuonasse per le minoranze che si autodefiniscono "indipendentiste" in altre antiche terre oggi senza stato, che però non hanno subito le conseguenze più gravi del colonialismo interno, pur ritrovandosi comunque prigioniere di stati centralisti e autoritari, come la Bretagna, la Baviera, il Veneto, o anche la mia Toscana.

I movimenti per l''autogoverno devono uscire dall'infantilismo e dal settarismo, comuni a tanti movimenti territoriali che sono e restano piccoli, fragili, divisi, subalterni, personalistici.

Quando si viene affascinati da un ideale così difficile da realizzare, come l’autogoverno di un territorio prigionerio di uno dei moderni stati centralisti, un ideale compreso da così poche persone e così controcorrente, il primo rischio che si corre è quello di diventare indipendentisti salottieri, che discutono di nuove statualità come gli amici di un circolo discutono la sera di una squadra di calcio o di una band musicale.

Se poi ci si crede al punto da volerne fare il fulcro di un qualche attivismo politico, velleitarismo e settarismo diventano una tentazione quasi invincibile.

Si parte in pochi e si lancia subito un messaggio forte (Toscana Stato! Cornovaglia Libera! Texas Exit!). Più urtante è il messaggio, più si resta in pochi e isolati. Allora ci si sforza di alzare ancora di più la voce, ma con il risultato di restare ancora più soli. E’ un circolo vizioso.

Paradossalmente, più si alzano i toni, più si è in pochi, più si è subalterni e utili allo status quo.

L'ho scritto anche per i miei compagni di avventura per l'autogoverno della Toscana: 

"Ogni volta che nasce una piccola forza indipendentista, fondata in pochi e per pochi, magari subalterna a certe correnti scioviniste, bigotte, para-leghiste, più i difensori dello status quo si sentono rassicurati, perché capiscono che lo status quo non ha nulla da temere.

Il cammino verso un mondo fatto di territori che si autogovernano, dove la persona umana conti qualcosa e faccia la differenza in un sistema politico a misura d’uomo, è fatto di approfondimento spirituale e culturale, di un impegno decentralista concreto, di inclusione sociale, di ricerca di alleanze locali e globali.

Si possono continuare a fondare partiti indipendentisti, ma è inutile se si resta in-dipendenza.

Il cammino verso l’indipendenza deve essere portato avanti da intere comunità che si impegnano in un cammino di liberazione dal basso, inclusivo, popolare, fondato sulla selezione di obiettivi di AUTOGOVERNO sempre più audaci, ma anche praticabili e realizzabili.".

* * *

A distanza di quasi tre anni, dopo il naufragio del Comitato Libertà Toscana in un delirio di dimissioni e di espulsioni (io in particolare sono stato espulso il 21 ottobre 2021), sono sempre più convinto di questa mia testimonianza anti-settaria, in favore di un impegno popolare per l'autogoverno di tutti dappertutto, nel rispetto della naturale inter-dipendenza che c'è fra tutte le persone, le comunità, le terre del pianeta Terra. Sono convinto l'autodistruzione del CLT sia stata causata anche dalla crisi pandemica, che ha fatto perdere l'equilibrio a tante persone, ma qualcosa di sbagliato c'era e c'è in tutti gli indipendentisti che non riescono a vedere al di là di ciò che credono di sapere della storia e della propria madreterra (NdA 12 aprile 2023).

 

domenica 27 settembre 2020

I leader locali restino sul territorio e i decentralisti sinceri restino uniti

 

27 settembre 2020

Noi elettori siamo persone fisiche, in carne e ossa. Stiamo invecchiando. Stiamo diventando in gran parte inesorabilmente più poveri, a causa degli eccessi della globalizzazione e degli errori strutturali della organizzazione finanziaria e monetaria della Eurozona. Siamo stati storditi dalla pandemia e tuttora ci sentiamo insicuri non solo per l'inevitabile diffusione del nuovo virus, ma soprattutto perché essa è diventata un potente alibi per imporci soluzioni centraliste e autoritarie, sempre più dall'alto e da altrove. 

Proprio mentre tra di noi dilaga l'analfabetismo funzionale, siamo bombardati da una comunicazione conformista, bigotta e reazionaria (ma anche le poche voci dissenzienti rischiano spesso di aggiungere confusione, perché suonano troppo arrabbiate, a tratti avvelenate da complottismo e settarismo). 

Siamo governati da elite globaliste che continuano a disprezzare le economie locali e a lasciare che interi territori si spopolino, che identità e culture vengano cancellate, che delicati ecosistemi vengano distrutti in nome dell' "export" o del "turismo". Imperialismo e colonialismo continuano a dilaniare il pianeta.

La gente comune ci ha provato, a cambiare. Non siamo mai stati disponibili a cambiare voto come in questi anni. In pochi anni, infatti, hanno ricevuto massicci apporti del nostro voto "liberato" personaggi come Matteo Renzi, Beppe Grillo, Matteo Salvini e chissà, magari la prossima volta toccherà a Giorgia Meloni.

Coloro che sono attivisti civici, ambientalisti e soprattutto autonomisti, localisti, decentralisti, invece, sono - siamo - ancora così pochi, così impreparati, inariditi e dispersi.

Proprio noi che dovremmo essere tra i pochi ad aver compreso fino in fondo che non esistono soluzioni globali (ma nemmeno europee, tanto meno italiane) ai problemi della globalizzazione, siamo drammaticamente divisi, incerti, subalterni.

I risultati delle nostre liste locali, in sei delle sette regioni della Repubblica italiana che sono andate al voto, ci parlano chiaramente dei nostri limiti politici e quindi anche organizzativi. 

Le nostre liste non non sono partite in Liguria e nelle Marche. Sono rimaste emarginate in Veneto. Sono state escluse in Toscana. Sono state ignorate dagli elettori in Campania. Riflettiamoci sopra.

Prendiamo atto della nostra incapacità di parlare a (e di organizzare in una effettiva resistenza locale) larghi strati popolari, ma non dimentichiamo che è successa anche un'altra cosa, forse non del tutto negativa. 

In modo incredibilmente netto, contro ogni previsione e nonostante la grancassa mediatica, stavolta alle regionali non hanno dominato i messaggi unitari e unificati, semplificatori e inevitabilmente ingannevoli di sinistra, centrosinistra, pentastellati, centrodestra.

Nemmeno Matteo Salvini, che è ancora uno dei più pompati imbonitori in circolazione, è riuscito a dominare totalmente la scena con la sua pretesa di avere la soluzione "italiana" ai problemi dei territori.

Anche un elettorato invecchiato, impoverito, impaurito come quello di questo inizio degli anni '20, è riuscito a capire che non si poteva votare una soluzione "italiana", perché, come la crisi sanitaria ha dimostrato una volta di più, non esistono soluzioni "italiane" unitarie ai problemi dei diversi territori.

Michele Emiliano in Puglia, Vincenzo De Luca in Campania, Giovanni Toti in Liguria, Luca Zaia in Veneto, persino Eugenio Giani in Toscana, hanno vinto perché erano ciò la gente chiedeva: leader locali, concentrati sui problemi del loro territorio. La stessa cosa vale anche per le Marche, dove il centrosinistra è stato battuto perché i suoi capi del loro territorio non si sono occupati a sufficienza. La stessa cosa vale anche per la Valle d'Aosta (dove la competizione elettorale era meno polarizzata e quindi forse meno insana), dove alla fine i vincitori morali sono gli autonomisti e in particolare la Union Valdôtaine, cioè il partito del territorio per definizione e per eccellenza. La stessa cosa, a ben guardare, la si registra anche altrove, in tante elezioni comunali.

Non sappiamo se Emiliano, De Luca, Toti, Zaia, Giani e altri leader locali resteranno concentrati sugli immensi problemi che li aspettano nei loro territori, nei lunghi anni di "vacche magre" che abbiamo davanti, oppure se saranno distratti o attratti dalla competizione politica italiana od europea. Sarebbe un tradimento per i loro popoli e un peccato per questa Repubblica delle Autonomie, che, senza forti leader locali, è destinata alla rovina.

Di certo sappiamo cosa faranno gli autonomisti di Liguria, i localisti di Marche e Puglia, i napoletanisti, i venetisti, gli attivisti del Patto per la Toscana, gli autonomisti valdostani, le tante realtà collegate nella rete Autonomie e Ambiente: saremo lì, nei nostri territori, a riorganizzarci e a rinnovarci, per il bene delle nostre comunità locali, per la protezione delle nostre economie locali, per sperimentare le nostre monete locali.

Impareremo dai nostri errori e resisteremo contro le idee sbagliate dell'Italia, dell'Europa, della globalizzazione, che sono ancora dominanti e che stanno distruggendo il pianeta, l'Europa e l'Italia.

Tempo al tempo. Restiamo uniti contro tutte le forme di centralismo autoritario. Animo!


martedì 8 settembre 2020

Cacciati dalle elezioni toscane 2020

 


 

Con tutto il rispetto possibile per i giudici e per i riti del procedimento elettorale, penso che il Patto per la Toscana sia stato cacciato ingiustamente dalle elezioni regionali toscane del prossimo 20-21 settembre 2020, stabilendo un precedente molto pericoloso in favore del potere di chi è più ricco, più famoso, più potente.

L'Ufficio Centrale Regionale poteva e quindi doveva dialogare con noi, se veramente riteneva che il nostro simbolo fosse confondibile con quello della Lega Salvini Premier, cosa peraltro assurda, come chiunque può vedere.

Il TAR ci ha respinto frettolosamente, forse sapendo che tanto la questione sarebbe arrivata, vista l'aggressività della Lega nazionalista e centralista, dritta fino al Consiglio di Stato.

Qui il nostro approfondito e motivato ultimo appello. 

Qui la sentenza del Consiglio di Stato, che ci respinge.

Il Consiglio di Stato ci ha riconosciuto appena un punto d'onore, che forse farà precedente per il futuro: alle prossime elezioni regionali toscane, un'altra lista che dovesse subire il nostro stesso trattamento dovrà senz'altro essere convocata per tempo per valutare la presentazione di un simbolo diverso. Una magra consolazione per noi, che siamo stati cacciati dalle elezioni, ma comunque un riconoscimento che la legge elettorale toscana va migliorata (anche da questo punto di vista).

Per i cultori della materia segnalo l'ultimo degli ottimi articoli che sono stati scritti dall'esperto Gabriele Maestri:

https://www.isimbolidelladiscordia.it/2020/09/toscana-il-no-del-consiglio-di-stato.html

Se ora fosse possibile tornare indietro, a quando il simbolo toscano con un grande SALVINI fu registrato e presentato, forse le diverse comunità politiche federate nel Patto per la Toscana, avrebbero cercato tra di loro un equilibrio diverso, proponendosi magari con un simbolo meno vistoso. Ciascuno si faccia la sua idea in proposito. Io nel corso del lungo e faticoso processo di mediazione c'ero e so quanto è stato difficile mediare tra sentimenti ed emozioni di tutte le persone coinvolte. Non posso e non voglio dissociarmi dalla scelta che fu fatta allora.

Abbiamo sottovalutato la potente influenza che la disciplina dei "marchi" e della "notorietà" esercitano sulla materia elettorale. Forse siamo stati anche malconsigliati, ma senz'altro la responsabilità è tutta nostra. In particolare di coloro che hanno le fila organizzative dell'iniziativa, tra cui io che vi scrivo, Mauro Vaiani. Io me la assumo tutta.

Onore a Roberto Salvini, consigliere uscente, ex della Lega centralista, che con la sua ribellione ha dato, per una breve stagione, voce a una rete di movimenti civici, ambientalisti e soprattutto autonomisti che altrimenti non l'avrebbero avuta. 

Non c'è stato nulla di facile, fino alla sentenza finale del Consiglio di Stato.

Non sarebbe stato facile neppure nello scorcio di campagna elettorale che ci sarebbe rimasto, se ce l'avessero fatta fare, ma avremmo dato fastidio, su questo si può essere sicuri.

Non c'è nulla di facile, nell'opporsi allo status quo in Toscana. 

Abbiamo affrontato problemi e temi molto superiori alle nostre forze.

Spero comunque che i tanti ribelli, in particolare gli autonomisti, che hanno guardato con speranza al nostro tentativo, vogliano imparare qualcosa da esso e, sarebbe magnifico, mobilitarsi in massa con una Costituente Libera Toscana, per ripresentarsi molto più preparati in futuro.

Grazie di cuore ai non pochi che hanno veramente aiutato.

I nostri ideali civici, ambientalisti e soprattutto autonomisti vanno avanti.

Animo!

 

M.V.


mercoledì 2 settembre 2020

In attesa del verdetto del TAR sul Patto per la Toscana


In attesa del verdetto del TAR sul Patto per la Toscana, voglio rendere pubbliche alcune considerazioni. come persona, come Mauro Vaiani, e come attivista della Toscana e della rete italiana di "Autonomie e Ambiente" (a sua volta legata agli autonomisti ecologisti di tutta Europa). 

Sono, per conto dei miei compagni toscanisti, uno dei promotori del Patto per la Toscana, la lista civica, autonomista e ambientalista che si presenta alle elezioni regionali in collegamento con il consigliere regionale uscente Roberto Salvini (Roberto vive a Ponsacco e ha fatto attivismo civico e ambientale sin dagli anni '80, in particolare con l'esperienza di Caccia Pesca Ambiente, il CPA, che a suo tempo ebbe un certo successo). 

Non siamo una lista improvvisata o civetta, tanto per essere chiari. La scelta di rivolgerci, anche con la grafica del nostro simbolo, oltre che con i nostri contenuti politici, agli scontenti di centrodestra, oltre a quelli di tutti gli altri schieramenti, la rivendichiamo. E' stata una scelta ponderata insieme a tutti i nostri alleati del Patto per la Toscana. Abbiamo dato una parola, come Comitato Libertà Toscana. Questo per me conta.

Il Patto per la Toscana si è visto rifiutare il proprio simbolo, dalla terna dei giudici facenti parte dell'Ufficio centrale per le elezioni regionali costituito presso la Corte d'Appello, con la conseguente esclusione dalle elezioni delle nostre 13 liste circoscrizionali. L'esclusione è stata sollecitata, con una memoria scritta presentata a quello stesso Ufficio, da parte della Lega Salvini Premier. 

L'Ufficio centrale ci ha costretto quindi a ricorrere al TAR, cosa che abbiamo fatto, assistiti dall'avvocato Giovanni Montana, del foro di Pisa. Andiamo con umiltà davanti al giudice amministrativo, forti solo della legge e dei precedenti. 

In attesa del pronunciamento, vorrei mostrare a tutti quanto sono diversi i due simboli, nei colori, nelle parole, nel carattere, nella composizione dei diversi elementi. Aggiungo che essi saranno, nel caso venissimo riammessi, in posizioni assolutamente diverse sulla scheda elettorale: noi in un angolo, da soli, come lista locale indipendente da tutti gli altri schieramenti; mentre il simbolo della Lega nazionale nel blocco di centrodestra a sostegno della candidata presidente Ceccardi. 

Non ci sono possibilità di confusione, per l'elettore. Dai verbali dell'Ufficio che ci ha respinto emerge che siamo stati bocciati non per una qualche impressione di similitudine grafica, ma piuttosto perché il cognome del nostro candidato presidente Roberto Salvini, essendo uguale a quello del ben più noto Salvini leader nazionale della Lega, avrebbe potuto "agganciare" l'elettore del Salvini più famoso verso quello locale. E' una motivazione che si ispira a quella del mondo dei marchi commerciali, dove il "cuore" e la "notorietà" di un marchio possono avere, appunto, l'effetto noto come "agganciamento". 

La politica, però, non è e, se mi è concesso, non dovrebbe essere, un mondo di marchi (tipo profumi o borse). I simboli politici, e a maggior ragione quelli che riportano nomi di candidati e leader politici, non possono quindi essere ammessi o rifiutati in base a considerazioni che vengono da un altro mondo, quello del commercio. 

E' vero che per molti la politica è ormai ridotta a potenza (e prepotenza) economica, ma le corti e gli uffici elettorali devono restare estranei a questa degenerazione. Non la possono fermare, forse, ma nemmeno la possono incoraggiare con una giurisprudenza fondata su presupposti sbagliati. 

Il cittadino toscano Roberto Salvini, candidato del Patto per la Toscana, viene accusato di voler usare il suo cognome per "agganciare" l'elettorato del suo ben più popolare omonimo nazionale. Accusa ingiusta, come sa bene chi conosce davvero la politica regionale e le terre pisane dove Roberto Salvini ha dimostrato di avere un forte consenso popolare (quasi 6.000 preferenze personali nelle elezioni regionali del 2015). 

Ma se volessimo, per un momento, considerare la cosa da questo punto di vista, ci avventureremmo nel terreno scivoloso - apparentemente "moralistico" ma in realtà profondamente ipocrita e inevitabilmente autoritario, come tutti i moralismi - di una sorta di censura preventiva. Non è difficile immaginare che se la consentissimo, essa verrebbe esercitata a favore dei più potenti, non certo dei più "buoni".

Se accettassimo di dare a qualcuno (togato o no, non importa) il potere di selezionare chi può "agganciare" e chi no, come verrebbero valutati, in futuro, liste e candidati che si sono fatti eleggere usando simboli che riportano i nomi di famosi leader nazionali che non erano candidati? Quanti elettori sono stati "agganciati" con il nome di Salvini, Berlusconi, Meloni e altri, per far eleggere amministratori locali che la gente non conosceva (e che se avesse conosciuto, non avrebbe forse mai votato)? 

E' più "furbastro" un leader locale come Roberto Salvini, o è stato più "furbastro" Matteo Salvini che ha fatto eleggere sindaci e governatori sconosciuti, in tutto il paese, presentandoli con il proprio nome, invece che con il loro? 

Qualunque sia la risposta che intendete dare a questa domanda, dareste a qualcun altro il potere di rispondere a questa domanda? Io no. E spero tanti di voi.

Ci vorrebbero leggi più chiare e più semplici sulla organizzazione di partiti, movimenti e anche di liste civiche? Forse, ma queste leggi al momento non ci sono, o sono oscure. In nessun caso, silenzio o vaghezza della legge possono essere usati per lasciare fuori dei cittadini dalla competizione elettorale.

Portare in materia elettorale una discussione così scivolosa su chi può "agganciare" chi, non risolvebbe problemi come l'eccesso di "agganciamento" e di marketing in politica. Si aprirebbe solo un vaso di Pandora. 

Le commissioni elettorali si ritroverebbero investite di un ruolo di "controllori" degli "agganciamenti" che, semplicemente, le leggi non prevedono e che produrrebbe inevitabilmente esclusioni arbitrarie, se non aberranti. 

Sarebbe, in buona sostanza, ancora una volta, una vittoria di pochi leader nazionali contro tutti i candidati locali indipendenti. Un esito inaccettabile, per la tenuta democratica della nostra Repubblica delle Autonomie, contro il quale ci batteremo, costi quel che costi. 

Consci della complessità della questione, attendiamo con fiducia che il TAR riconosca che il nostro Salvini e il nostro Patto per la Toscana sono diversi dall'altro - certo più noto e più potente - e che ci riconosca il diritto costituzionale a partecipare alle elezioni, insieme a tutti gli altri, potendo portare la nostra voce indipendente nella politica toscana. 

Non siamo prodotti, tantomeno prodotti di "disturbo" per marchi più affermati e più potenti di noi. Siamo persone, siamo cittadini, siamo Toscani. 

Ovviamente, in caso di sconfitta davanti al TAR, ricorreremo al Consiglio di Stato, ma la campagna elettorale ci sarebbe comunque preclusa. Per cui ciascuna delle persone, delle comunità, delle forze politiche alleate nel Patto per la Toscana dovrebbe fare le proprie scelte. 

Anticipo quale sarà la mia iniziativa, comunque vadano le cose: 

- avanti per l'autogoverno della Toscana almeno come quello del Trentino 

- avanti con la sorellanza Autonomie e Ambiente per salvare la Repubblica delle Autonomie 

- avanti con la Costituente Libera Toscana per avere in Toscana un soggetto politico territoriale, largo e inclusivo, ospitale e plurale 

- avanti con l'alleanza con le altre forze del Patto per la Toscana, in particolare con gli attivisti civici, autonomisti, ambientalisti

- avanti per l'economia locale, le monete locali, l'autosufficienza alimentare ed energetica, i beni comuni, i servizi pubblici universali, le libertà civili e la libertà di scelta in sanità 

Animo! 

Mauro Vaiani Ph.D. 

uno dei promotori della Costituente "Libera Toscana"
uno della segretaria del Patto per la Toscana e del Comitato dei 13 che lo gestisce
uno dei vicepresidenti nazionali di Autonomie e Ambiente

Prato, 2 settembre 2020


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