Recuperiamo qui una riflessione collegiale del CLT 2017-2021, dai pochi anni in cui ha operato culturalmente e politicamente in modo significativo, prima di autodistruggersi in un delirio di espulsioni e dimissioni.
La migliore eredità culturale e politica del disciolto comitato, sostanzialmente il lavoro, gli studi, l'attivismo di Mauro Vaiani, è stata fortunamente raccolta dalla rete civica, ambientalista, autonomista da OraToscana https://t.me/OraToscana - Ndr 1 luglio 2022
Sì all’autogoverno di tutti, dappertutto
No a riflessi centralisti,
conservatori e autoritari
dice Sì
Sì:
1) Sì alle autonomie per tutti i territori che le chiedano
Sì all’autonomia secondo la Costituzione italiana, adottando soluzioni sostenibili e applicabili a tutti i territori che la chiedano.
Di
tutto abbiamo bisogno, fuorché di una levata di scudi preventiva contro
ogni possibile attuazione della Costituzione in materia di autonomie.
Lo stato attuale delle cose, infatti, è disfunzionale e ingiusto. E’
l’Italia centralista che ha prodotto l’impoverimento storico del Sud,
delle isole e di altri territori marginali e
periferici. E’ il centralismo che ha impedito la piena attuazione delle
autonomie speciali (specie in Sicilia e in Sardegna, trattate
praticamente come colonie) e di tutte le autonomie già previste.
Sono stati il neocentralismo dell’ultimo Berlusconi, di Monti, di Renzi,
a uccidere sul nascere, con una austerità insensata e con una alluvione
di norme capestro, le potenzialità di autogoverno dei
comuni, dei territori, delle regioni. Le richieste di autonomia
differenziata, ai sensi dell’art. 116 terzo comma della Carta, sono una
richiesta legittima, che deve trovare soddisfazione. Nonostante
decenni di federalismo parolaio o fatto male (per non farlo funzionare e
screditarlo), in Italia c’è ancora un grande consenso per le autonomie.
Non possiamo tradire questa antica aspirazione
delle comunità italiane (di tutte, non solo di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna).
2) Sì alle diversità (anche all’interno delle attuali regioni)
L’Italia è plurale. E’ ricca di diversità e biodiversità, di culture e lingue, di risorse e capacità, che necessitano di governi locali più vicini alle comunità.
L’autonomia non deve riguardare solo le attuali regioni istituite, ma anche altre realtà che aspirano all’autonomia regionale (come la Romagna), o alla cooperazione inter-regionale (come gran parte del Sud), oltre che tutti i territori e tutte le comunità locali, fino al livello del quartiere e del borgo. Noi non vorremmo mai sostituire il centralismo italiano con tanti centralismi regionali. Sì alla tutela e alla valorizzazione delle nostre diversità, anche all’interno delle attuali regioni.
3) Sì alla gestione regionale di infrastrutture, scuola e sanità
L’autogoverno
regionale delle principali infrastrutture, della scuola e della sanità
serve, oltre che per far esprimere le diversità locali, anche per
trattenere sui territori risorse, competenze, occasioni di
vita e di lavoro.
Non
è “colpa” della regione Calabria e non è “merito” della regione
Lombardia, se da una parte ci sono ospedali abbandonati e dall’altra
centri sanitari di eccellenza europea. E’ una conseguenza di un secolo e
mezzo di centralismo (che appunto valorizza pochi centri, mentre lascia
declinare tutte le periferie).
Tutti conoscono, perché lo hanno visto con i loro occhi, magari nella
propria stessa famiglia, il continuo drenaggio di risorse umane e
finanziarie dal Sud verso il Nord. L’autogoverno del maggior
numero possibile di strutture e servizi pubblici, con la restituzione di
risorse sufficienti, serve anche a questo: a trattenere nei territori
risorse umane, materiali e immateriali. Noi crediamo in servizi pubblici
universali gestiti democraticamente, responsabilmente, localmente. I
frutti non si vedono in pochi anni
(soprattutto se i colpi di coda del neocentralismo strangolano sul
nascere l’autogoverno), ma, come in Trentino o in Val d’Aosta, si
vedranno nel lungo termine. A proposito di pericoli per la “uguaglianza”
dei cittadini, vorremmo sommessamente ricordare che, nello stato
attuale delle cose, l’unica uguaglianza che stiamo garantendo ai
cittadini di due terzi della Repubblica è quella di prendere un treno
per andare a curarsi, studiare, lavorare, verso Roma e Milano (o magari
Berlino e Londra). Non prendiamoci in giro:
se i centralisti avessero avuto una ricetta per l’uguaglianza, non saremmo ridotti così!
4) Sì alle autonomie, con un vero federalismo fiscale
La
stesura dei testi delle nuove intese deve essere accompagnata da
provvedimenti di attuazione dell’art. 119 della Costituzione, in materia
di autonomia fiscale di tutti i territori, con perequazione
per i territori che hanno maggiormente sofferto della spoliazione dovuta al centralismo.
Esprimiamo
preoccupazione perché i testi delle attuali intese sembrano scritti
sulla sabbia, non essendo stati preceduti da lavori preparatori
approfonditi nelle aule e nelle commissioni. Inoltre siamo perplessi
perché, in materia di spostamento del potere di spesa dal centro alle
regioni, si stanno immaginando meccanismi contorti che lasceranno al
governo centrale ogni potere, delineando finte autonomie perennemente in
contenzioso con il governo centrale. Avere autonomia di spesa ma da
ricontrattare anno per anno, rappresenterebbe un assurdo logico, ancora
prima che politico. Si profila l’intenzione di creare una “macchina” che
non funziona per poi poterla screditare e smantellare. Tutta da
cominciare,
infine, e tutta da combattere, è la battaglia verso la
territorializzazione delle principali imposte. La Lombardia, che è ricca
per la sua storia e per la sua felice posizione geopolitica, non ha
bisogno di trattenere l’IVA che le sue aziende riscuotono quando vendono
in Sicilia o in Sardegna. La territorializzazione delle tasse è un tema
difficile e importante, di rilevanza italiana, ma anche europea (si
pensi alla difficoltà di riscuotere imposte dai giganti stranieri che
vendono online), ma è cruciale, per non far fallire, per l’ennesima
volta, questo piccolo passo verso una Italia federale.
Tdice No
No:
5) No al nazionalismo e al sovranismo (bruno o rossobruno che sia)
No ad agitare fantasmi come quello del “solito Sud assistito” o della “secessione dei ricchi”.
Diciamo
no al linguaggio della contrapposizione, dell’odio e dell’invidia fra
Nord e Sud. No alla mentalità centralista e autoritaria delle forze
politiche dominanti (al centro e nelle regioni stesse), colpevole di non
aver ancora previsto gli adeguati passaggi parlamentari e consiliari,
per l’approfondimento dei dettagli di
queste intese. No ai riflessi conservatori delle attuali burocrazie
centrali (e alla sete di potere delle loro caste dirigenti). No, quindi e
infine, all’eterno ritorno di un cieco e irrazionale odio nazionalista
verso le regioni, a ogni forma di neonazionalismo italiano e di
cosiddetto sovranismo anti-europeo.
Non una moda, ma una nuova mentalità
Siamo consapevoli delle difficoltà che si possono incontrare con l’avvio di forti autonomie. Si chiede a tutti gli abitanti di un territorio di essere più attenti, attivi, partecipi, rinunciando a delegare la soluzione dei problemi a qualcun altro, più in alto, altrove.
Noi crediamo però che l’autonomia sia l’unica strada per salvare i nostri territori dalla distruzione ambientale e dalla desertificazione economica, per un futuro dal volto umano, per una resistenza positiva e costruttiva sia al nazionalismo, che ai guasti di un certo europeismo e di un certo globalismo, interpretati come illimitata circolazione di merci prodotte a basso costo senza rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.
Per
molti l’autonomismo è una moda, una tattica, una scusa, un alibi, una
merce di scambio sul mercato elettorale. Per noi è un cammino profondo e
coerente verso un ribaltamento di mentalità, verso una dimensione più
umana della politica e quindi della vita. La Repubblica delle autonomie è
stata
spesso tradita, sfigurata fino a farla diventare una caricatura, ma è l’unica che abbiamo, in questo momento politico.
Ci attestiamo su di essa per portare la Toscana e tutti i territori italiani verso un
autogoverno responsabile e solidale, in una rinnovata confederazione europea.
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Firenze, giovedì 22 febbraio 2019
Ultima modifica domenica 24 febbraio 2019