Un ritratto di Aldo Capitini (fonte) |
Nella oscura e triste storia moderna italiana, fra tante infamie e vigliaccherie, risaltano il coraggio e l'integrità di quei pochi professori universitari ordinari che nel 1931 si rifiutarono di prestare fedeltà al fascismo.
Dodici di loro sono più conosciuti perché furono quelli che affrontarono frontalmente il regime, finendo licenziati.
Sono stati recentemente onorati dall'Università dell'Insubria, con un convegno e una targa: 1) Ernesto Buonaiuti, Roma (storia del cristianesimo); 2) Mario Carrara, Torino (antropologia criminale); 3) Gaetano De Sanctis, Roma (storia antica); 4) Giorgio Errera, Pavia (chimica); 5) Giorgio Levi Della Vida, Roma (lingue semitiche); 6) Fabio Luzzatto, Milano (diritto civile); 7) Piero Martinetti, Milano (filosofia); 8) Bartolo Nigrisoli, Bologna (chirurgia); 9) Francesco Ruffini, Torino (diritto ecclesiastico); 10) Edoardo Ruffini Avondo, Perugia (storia del diritto); 11) Lionello Venturi, Torino (storia dell'arte); 12) Vito Volterra, Roma (fisica matematica).
Alcuni pochi altri andrebbero ricordati, perché riuscirono in qualche modo a ribellarsi, come ricordano un articolo di Paolo L. Bernardini, un altro scritto di Simonetta Fiori e una voce ben scritta di Wikipedia.
Tutti gli altri, oltre 1000, cedettero, perché impauriti dalla miseria, accecati dalla loro presunzione, istruiti a restare dal loro partito o dalla loro conventicola.
Un particolare rammarico che su questo blog non può essere taciuto è che fra di essi non si trova un solo toscano.
Una assenza emblematica, che dice qualcosa su come tanti intellettuali toscani, anche allora, fossero guastati da conformismo, nazionalismo, togliattismo, gesuitismo.
La Toscana è in parte riscattata da Aldo Capitini, che era umbro ma che, per il suo rifiuto di iscriversi al Partito Nazionale Fascista, perse il suo posto di lavoro alla Normale di Pisa. Lo ricordiamo volentieri e con amore, per il suo contributo alla moderna cultura politica nonviolenta umbra, toscana e italiana.