mercoledì 26 giugno 2019

Territorializzare le imposte, la grande sfida




Vogliamo davvero sfidare le ingiustizie sociali e le disparità territoriali, in Italia e oltre? Accettiamo davvero fino in fondo, allora, la sfida della territorializzazione delle imposte.
Partiamo dall'imposta più universale e generale della modernità globalizzata, quella che in Italia e in Europa si chiama IVA (imposta sul valore aggiunto).
Se compriamo qualcosa, paghiamo quasi sempre una piccola o grande quota di IVA, come consumatori finali, non solo in Italia, ma in molte parti del mondo.
Essendo una tassa imposta alle persone che consumano, essa dovrebbe essere sempre pagata alle autorità del territorio dove queste stesse persone vivono, si curano, ricevono servizi sociali vari (tra cui lo smaltimento rifiuti).
Territorializzare l'IVA sarebbe una rivoluzione per l'Italia (ma anche per l'Europa, ma anche oltre).
Non stiamo parlando di una novità assoluta (esistono diversi esempi di tasse locali sulla vendita al consumatore finale nel mondo).
Tuttavia stiamo parlando di una riforma che per l'Italia (e non solo) sarebbe comunque rivoluzionaria.
Immaginatevi di essere un cittadino toscano che compra beni da reti commerciali che hanno la sede fiscale e legale fuori dalla Toscana (quasi tutte, a dire il vero). Oggi l'IVA pagata se ne va. Se la territorializzassimo questa risorsa resterebbe qui, dove viviamo.
Sembra un vantaggio e probabilmente lo sarebbe davvero.
Nello stesso tempo però, non dimentichiamolo visto che la Toscana è anche un territorio fortemente esportatore, dovremmo rinunciare a molta IVA che ci viene dai consumatori non toscani che comprano, magari in rete, prodotti toscani da aziende toscane.
Invece, l'IVA pagata e viaggiatori, a chi dovrebbe andare? Anche su quello ci vorrebbero regole semplici ed eque. Se dormo una notte a Firenze, sembra giusto pagare l'IVA a Firenze. Se viaggio su un treno regionale, sembra ragionevole pagare l'IVA alla società toscana che gestisce i treni regionali. Se prendo un aero da Pisa per Parigi, pare ragionevole pensare che la mia IVA dovrebbe essere pagata in parte qui e in parte là.
I dettagli sono importanti e delicati, ma il concetto è promettente.
Lo è in particolare se pensiamo agli immensi profitti che poche grandi centrali di vendita online realizzano in Toscana, senza che una sola briciola della loro IVA resti sul nostro territorio (sì, stiamo parlando anche di Amazon...).
Se la territorializzazione di una imposta come l'IVA farebbe bene a un territorio come quello della Toscana, pensate quanto più farebbe bene a territori che sono, a causa di storici fenomeni di colonialismo e marginalizzazione, ben più deboli e poveri della Toscana, come gran parte del Sud, la Sicilia, la Sardegna.
In quelle regioni la popolazione e i redditi sono inferiori alle medie della Toscana. Sono importatori di beni e prodotti dalle regioni più forti e più industrializzate. Se potessero trattenere sul territorio la loro IVA, avrebbero in tempi rapidi molte più risorse da investire nella loro emancipazione (senza che questo, si badi, esoneri nessuno dalla responsabilità di attuare l'art. 119 della nostra Costituzione, sulla solidarietà interterritoriale).
Sarebbe, la territorializzazione delle imposte, il primo e necessario passo per dare finalmente attuazione anche all'autonomia speciale della Sardegna e della Sicilia, per porre fine allo sfruttamento del Sud da parte delle elite centraliste, per avviare in modo serio ed equilibrato l'attuazione di tutte le autonomie, comprese quelle cosiddette "differenziate". 
Maggior autogoverno, maggior controllo sulle proprie risorse (anche e soprattutto quando sono scarse), maggiore autonomia finanziaria, maggior federalismo fiscale, sono una cosa seria.
Non lasciamole ai chiacchieroni, agli ignoranti che non sanno nulla sul perché tanti territori che erano poveri pochi decenni fa oggi sono ricchi (come il Trentino), agli imprenditori politici dell'odio, ai populisti reazionari, tanto meno ai  neonazionalisti e neocentralisti.

PS:
Se si da' una occhiata in rete, si nota che gli studi sull'attuazione seria del federalismo fiscale si sono tutti praticamente interrotti attorno al 2011. A causa della crisi, dell'austerità, dell'avvento di politici sempre più centralisti (cioè sempre più avidi di potere e di ricchezze), un dibattito che già di per sé era fragile e contradditorio, tra figure come Alberto Zanardi o come Maria Cecilia Guerra, è stato troncato. Fatevi una domanda. Datevi una risposta. E svegliamoci, per favore. L'Italia e l'Europa, sotto le grinfie di nuove ondate nazionaliste, centraliste, neoliberiste, in definitiva reazionarie, vengono distrutte sotto i nostri occhi!

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