sabato 24 giugno 2023

La recensione di Chiara Banchetti sul Cosmonauta


Chiara Banchetti è un'antica compagna di pensiero e azione, da almeno un quarto di secolo, dai tempi di LiberaPisa e di Toscana Libertaria. Ci ha sempre unito la convinzione che tutte le concentrazioni di potere salteranno, prima o poi, di fronte alle capacità di autonomia personale, sociale, territoriale, che caratterizzano la persona umana nella società globalizzata e interconnessa. L'enormità degli abusi di potere genocidi ed ecocidi che sono scatenati nel mondo non ha mai incrinato le nostre speranze, non ci ha mai impaurito, non ci ha spento il cervello con pregiudizi e settarismi, non ci ha mai messo all'angolo. La sua lusinghiera recensione di "Cosmonauta Francesco" mi onora immensamente e, con il suo permesso, la condivido qui - Mauro Vaiani - 24 giugno 2023, festa di San Giovanni.

 

Caro Mauro,

dormire e risvegliarsi in un mondo nuovo, dove tutto è ordinato, tutto è rispettoso delle giuste aspirazioni della gente... Chi non vorrebbe una società così organizzata? 

Quello del Cosmonauta Francesco è un modello alla cui realizzazione ognuno dovrebbe tendere, e non solo in Toscana. 

Io forse non  vivrò mai questa realtà, è già molto se ne ho intravisto la possibilità, perché vado per i 90 anni e mi devo accontentare di quella parte di storia che ho vissuto. E che ancora mi appassiona, devo dire. 

Mi fai sorridere quando anche tu sostieni di avere alle spalle una lunga vita, essendo come mio figlio degli anni '60.

Spero davvero che i giovani trovino un mondo migliore, e questo può accadere grazie a persone come te.

Il tuo libro è un incentivo a quanti perseguono la realizzazione del buongoverno, e ti sono grata per aver dato forma ai tuoi pensieri perché dal silenzio non può nascere nulla di socialmente utile.

Grazie per il tuo lavoro e per la passione che ci metti. Non arrenderti mai.

Con affetto, 

Chiara Banchetti




lunedì 12 giugno 2023

Il cavallo di Troia del più pericoloso centralismo

 

Alla famiglia, agli amici, ai colleghi, ai compagni di partito di Silvio Berlusconi vanno le nostre sincere condoglianze, in occasione della sua morte, oggi lunedì 12 giugno 2023.

Come hanno scritto gli amici di Un Cuore per Vecchiano, fra le molte cose di questa figura gigantesca, non possiamo dimenticare che è stato un uomo di stato che si è sinceramente speso per la pace, in molte e complicate situazioni, anche recenti.

Il berlusconismo verrà ricordato, nel bene e nel male, come grande movimento dell'imprevedibilità, della simpatia, dell'anticonformismo, del rimescolamento, della contaminazione, dell'irruzione nella vita politica di tante piccole e grandi illusioni di poter continuare a progredire e ad arricchirsi. Non tutti, ovviamente, ma di certo in molti di più di quello che poi si è rivelato possibile.

Tuttavia dobbiamo mettere a fuoco uno degli aspetti del berlusconismo che ci ha sempre colpito e preoccupato, sin dal suo primo apparire. Il "forzismo" è stato, sin dall'inizio, un gigantesco movimento di rilegittimazione di un orgoglio nazionale "italiano". Il nazionalismo di Silvio Berlusconi è sempre stato morbido e liberale nei toni, moderato e pragmatico nei fatti, rigidamente confinato entro il perimetro dell'europeismo e dell'atlantismo più classici, ma non per questo è stato meno nazionalista e, in prospettiva, meno pericoloso.

Il berlusconismo ha liberato molte cose negative nella società: populismo e antipolitica dall'alto; legittimazione del numero, della forza, del denaro come sostituti della credibilità personale, del radicamento sociale, del consenso ottenuto dalla militanza territoriale.

E' stato esasperazione mediatica del culto del capo e riduzione del dibattito pubblico alla greve contrapposizione di slogan e parole d'ordine, in una polarizzazione brutale, "o di quà o di là", che ha emarginato cittadini e attivisti dalla vita politica, distruggendo pluralismo culturale e politico.

E' stato riduzione della politica a uno scontro fra tifoserie, in una grande competizione a chi si presentava in televisione in modo più ignorante, superficiale, semplicistico, dozzinale, triviale. 

E' stato anche una alluvione di retorica liberale senza riforme liberali. E' stato una capacità dialettica di impadronirsi delle parole più nobili dell'autonomismo, del federalismo, del riformismo, del socialismo, del garantismo, per poi nella pratica quotidiana di governo rivelarsi subalterno al più rigido costruttivismo neoliberista.

Tutte queste cose deprecabili, però, ci paiono meno durature e quindi meno gravi della retorica nazionale e nazionalista, che il berlusconismo ha profuso fino a stordire le masse.

Quella retorica, infatti, è stata il cavallo di Troia per rendere accettabile che la "nazione" finisse nelle mani di pochissimi capi, meglio se uno solo.

Dopo Berlusconi, in questa Repubblica si è accettato che il capo, insieme a un suo ristretto circolo di fidatissimi, chiusi in uno studiolo romano, concentrassero potere come mai era stato possibile nella storia repubblicana. Il capo e il suo staff hanno cominciato a decidere tutto: chi candidare in un comune, non importa quanto piccolo; chi mandare a fare il governatore di una regione, non importa quanto grande; chi fare senatore, deputato o europarlamentare; chi nominare negli enti e nelle autorità; chi promuovere e chi parcheggiare.

Questo centralismo nell'organizzazione verticale della politica ha contagiato tutti. Le reti civiche e verdi e persino i partitini della sinistra sono stati trasformati in piccole piramidi. Le prime leghe sono state annientate dalla necessità di obbedire tutte al centro di potere di Via Bellerio. I partiti del centrosinistra sono diventati verticisti e centralisti quanto quelli di centrodestra. Un intero movimento populista, quello dei Cinque Stelle, rimesso insieme in pochi anni sulla base di parole d'ordine "democratiche", "basiste", "territorialiste" è stato retto con mano ferrea da un vertice sempre più ristretto e sempre più opaco.

C'entrano i caratteri dei leader degli ultimi trent'anni, certo, ma più importante ed esiziale è stata, per tutti, la necessità di inseguire Berlusconi e somigliargli il più possibile, per competere con lui con mimesi e metessi.

La prima parte della storia personale di Berlusconi ha rappresentato bene come alcuni fortunati imprenditori, sé dicenti liberisti, siano potuti diventare grandi e indiscussi monopolisti della nuova economia globale (che nella globalizzazione le grandi imprese capaci di competere tendano a diminuire, invece che a moltiplicarsi, dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai). 

La seconda parte della sua vita, dopo la sua "discesa in campo", è emblematica di come l'irruzione di un leader carismatico e popolare - personalmente, a detta di chi lo ha conosciuto bene, una delle persone più generose e liberali che si possano immaginare - abbia contribuito a soffocare la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, territoriali.

Lui ora riposi in pace, ma la Repubblica italiana è in mezzo al guado. Grazie anche a lui, siamo sotto la spada di Damocle di una qualche forma di presidenzialismo.

Vogliono trasformarci, de iure non solo de facto, in una repubblica centralista che eleggerà il suo prossimo podestà attraverso una competizione mediatica. 

Berlusconi doveva portarci in Svizzera e invece ha, più o meno coscientemente, spinto l'Italia verso una deriva centralista e autoritaria in stile Francia o peggio, Turchia.


giovedì 8 giugno 2023

Mauro Vaiani - Messaggio da Bruxelles in vista dell'impegno di AeA per le Europee 2024


 

Mauro Vaiani (nella foto insieme a Lorena Lopez, la presidente EFA) da Bruxelles, 1 giugno 2023, a margine di una giornata di lavori con l'Alleanza Libera Europea (ALE/EFA), Autonomie e Ambiente, altre forze del civismo e dell'ambientalismo europeo: