lunedì 4 agosto 2014

Perché sarà dura


Le cose non stanno andando per niente bene e alla ripresa di fine agosto 2014, ci aspettano ancora tanti sacrifici.
Anche il 2014-2015 sarà duro, durissimo.
Come dice il mio direttore in comune a Firenze, che ha una qualche consuetudine con i dati statistici e con la storia economica, non usciremo presto dalla crisi. Non ci sarà crescita. Non si farà PIL. Non ci sarà sviluppo, nel senso tradizionale del termine.
Mancano, direbbe lui, i fondamentali.
Ci sono dei dati demografici, geografici e sociali, che sono segnati da tendenze di lungo termine. Anche se fossero modificate, non vedremmo conseguenze positive a breve.
Tanti pensano che con un po' di investimenti, con qualche opera pubblica, con una "politica industriale", potremmo rimettere in moto l'economia.
Si sbagliano.
Quelli che pensano ancora in questi termini hanno la testa pericolosamente immersa nel passato.
Il paese invecchia e la natalità continuerà a declinare. E se anche, finalmente, si abbassassero le tasse sul lavoro e sulla vita familiare, il cambiamento richiederebbe una generazione.
Il territorio è al collasso, stretto fra eccessi di cementificazione e di abbandono. E mancano ancora troppi ingredienti - risorse umane, competenze tecniche, libertà spirituale, un cambiamento profondo dei ceti politici locali, con maggiore autogoverno e totale responsabilità - per scatenare un circolo virtuoso di rilancio della custodia del creato, di bioedilizia, di ristrutturazioni.
La repubblica è in pieno disfacimento nelle sue strutture burocratiche. Se anche alcune riforme di Renzi avessero successo, la conseguenza immediata sarebbe quella di diminuire, non certo aumentare i posti di lavoro.
La massa dei debiti pubblici è un peso storico insopportabile. Se anche riuscissimo a impostare una politica di default morbido e controllato, anche in questo caso le conseguenze immediate non potrebbero che essere recessive.
Con questo, sia chiaro, non mi iscrivo al partito del tanto peggio, tanto meglio.
Più che un gufo, mi sento una civetta.
Credo nelle riforme e sostengo tutti quelli che ci provano.
Spero ancora, a cinquant'anni ormai suonati, che possiamo e dobbiamo riuscire a vivere più sani, più sicuri, più liberi, più ricchi, nell'autogoverno toscano, in una repubblica federale italiana ed europea, in pace nel Mediterraneo, in una alleanza atlantica diversa, in un mondo più unito attorno ai diritti universali della persona umana.
Tanti percorsi sono da reinventare.
Tante certezze del passato e anche tante convinzioni personali di chi scrive, sono da mettere in discussione...
Sarà dura, ma in qulache modo ce la faremo.
Ci credo, perché sono una persona di fede.


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